Occhi aperti e portafoglio chiuso. Due regole fondamentali per schivare i truffatori, quando si tratta di amministrare un patrimonio senza averne le competenze. Accade anche agli sportivi che, di fronte a guadagni da capogiro, si ritrovano a dover gestire il proprio denaro affidandosi a consigli non sempre onesti. «L’atleta è un professionista e deve concentrare tutte le sue energie nel successo sportivo. È compito del suo consulente finanziario consigliarlo nella pianificazione della cassa, nella scelta degli investimenti proporzionati alla capacità di accumulo, all’età del cliente e all’orizzonte di attività», dice Paolo Mazzoni, Chief Operating Officer di BCO Swiss Family Office, struttura fondata a Lugano nel 1968.

A cascare nella rete di truffatori, però, e a rimetterci cifre importanti sono stati in tanti. Tra questi, l’allenatore dell’Inter Antonio Conte, raggirato per 30 milioni di euro spariti dopo un investimento azzardato. Stesso destino anche per Gianluigi Buffon, Marco Van Basten e il ct della nazionale Roberto Mancini, che nel 1997 ha perso un miliardo e mezzo di lire nel fallimento di una società finanziaria di Roma, la Cofiri, che si sciolse improvvisamente lasciando a bocca asciutta gli investitori.
Esistono differenze di proposte in base allo sport praticato?
«Ci sono dei concetti di base, legati alla pianificazione strategica degli investimenti, alla scelta oculata degli stessi, a un corretto rapporto tra il rischio assunto ed il ritorno prospettato, che sono comunI a tutti gli investitori, indipendentemente dal loro settore di attività. Ma nello specifico influiscono i rischi connessi alla natura dello sport praticato, la durata stimata di una carriera, dove questa può essere praticata nel Paese di residenza o all’estero e gli aspetti legati ai diritti di immagine dello sportivo, senza sottovalutare nazionalità, cultura, religione e ambizioni del cliente».
E in base all’età?
«Di fronte a un giovane single, con un indotto rispettabile e con possibilità di carriera a livello nazionale, bisognerà aiutare il cliente a risparmiare il più possibile, a farlo in maniera oculata ed evitare investimenti ad alto rischio, il cui ritorno prospettato spesso però è molto allettante. Se invece le prospettive di carriera fossero estremamente promettenti, magari con risvolti a livello internazionale, ecco che, oltre alla sempre importante pianificazione entrate-uscite di medio e lungo termine e alla strategia di gestione patrimoniale (o “strategic asset allocation”) si potranno prevedere adeguati strumenti di international tax planning, di assicurazione personale infortuni e vita, di diversificazione degli investimenti (non solo bankable assets ma anche investimenti alternativi, non correlati all’andamento dei mercati finanziari), di pianificazione successoria, filantropia, ecc».
Due consigli ai quali attenersi?
«Un punto da tenere d’occhio sono le commissioni: il consulente si fa pagare per il proprio lavoro. Colui che non presenta onorari chiari e proporzionati al servizio reso, nasconde spesso degli interessi o dei conflitti che vanno generalmente a discapito del cliente. Poi è importante la struttura organizzativa del consulente: idealmente lui dev’essere poliglotta, con ramificazioni internazionali e di lunga e comprovata esperienza, dev’essere il depositario delle informazioni del cliente e il punto cardine dei tanti esperti che assisteranno lo sportivo durante gli anni di carriera, nei suoi spostamenti internazionali e nella pianificazione del dopo».
Dove investire allora?
«La diversificazione è certamente la prima risposta. Ma per quanto riguarda il portafoglio liquido, considerata la giovane età degli sportivi e la capacità di guadagno, l’investimento in azioni primarie è sicuramente da considerare. I listini azionari sono continuamente ribilanciati, in essi si ritrovano solo le società vincenti, le quale, sul lungo termine, non possono che apprezzarsi, riflettendo la crescita dell’economia».