Dal lavoro a distanza arriva un'opportunità per il mercato immobiliare. «Dalla minore necessità di vivere nelle grandi città potrebbe nascere una sorta di concorrenza tra borghi», dice Giorgio Spaziani Testa, presidente di Confedilizia, impegnata con l'Associazione dimore storiche italiane sul tema del rilancio dei piccoli centri. Che grazie a determinati interventi potrebbero diventare appetibili, specie se dotati di infrastrutture fisiche e digitali, per chi lavora da casa. «Quella degli incentivi, specie fiscali, è sempre la strada migliore e in Italia potrebbe essere attuata, per esempio, attraverso riduzioni delle imposte locali, come Imu, Tari e addizionali Irpef».
A proposito di misure incentivanti, alle Barbados si sono inventati uno speciale permesso di soggiorno per i lavoratori in smart working che arrivano dall'estero, che così possono prender casa ai Caraibi…
«Mettere in concorrenza i regimi fiscali è salutare, ma da noi è un discorso che non ha molto seguito fra i decisori politici. Il patrimonio immobiliare italiano, però, potrà beneficiare della proroga delle attuali detrazioni per l'edilizia inserita nella manovra 2021. Ma con i fondi europei in arrivo è auspicabile una programmazione seria, volta a generare sviluppo e crescita nel settore. Spero in incentivi diversi da quelli attuali, utili a sostenere i proprietari nel miglioramento degli edifici dal punto di vista estetico, energetico e su quello della sicurezza, di cui non si parla abbastanza».
Secondo l'associazione dal 2011 al 2019 le costruzioni ridotte in ruderi a causa del loro degrado sono aumentate del 102%. Ma i proprietari sono afflitti anche dal blocco degli sfratti
«È giunto a ben 16 mesi con il decreto Milleproroghe: una decisione scellerata. La strada da seguire non è il blocco degli sfratti – che annulla provvedimenti dei giudici spesso risalenti ad anni fa, incoraggiando di fatto l'illegalità e danneggiando gli stessi inquilini onesti – ma l'individuazione, in concreto, delle difficoltà collegate alla pandemia, per far seguire interventi di sostegno a carico dello Stato e non dei privati cittadini».
Qual è la situazione dei nostri immobili?
«C'è necessità di interventi, specialmente per la sicurezza in alcune aree del Paese. In Europa c'è però più attenzione ad altri aspetti: l'Italia dovrebbe far maggiormente presenti le caratteristiche del proprio territorio, che sono diverse da quelle di altre regioni europee, dove le strutture sono più nuove e inserite in contesti lontani dai nostri centri storici».
Oggi gli immobili sono più costosi in città come Milano, Firenze e Roma: il ricorso allo smart working potrebbe cambiare la situazione?
«Al momento la pandemia ha avuto effetti su tutto il territorio nazionale. Nel tempo potrebbero invece esserci più difficoltà (con conseguente calo dei prezzi) per i grandi centri, se si attenuasse la tendenza a viverci. Possiamo immaginare che alcuni piccoli comuni potrebbero tornare così a ripopolarsi, ma ciò dipenderà anche da altri fattori… si vedrà».
Come valuta l'estensione al 2020 del Superbonus – agevolazione prevista dal Decreto Rilancio che eleva al 110% l'aliquota di detrazione delle spese sostenute per specifici interventi di efficienza energetica, di interventi antisismici, di installazione di impianti fotovoltaici o infrastrutture per la ricarica di veicoli elettrici negli edifici?
«Sono importanti gli incentivi a tutto tondo: non conta solo muovere l'economia e l'edilizia, ma anche la qualità degli interventi. Gli immobili in Italia sono tanti e diversi, collocati in luoghi che vanno dal borgo antico alla grande città e ogni situazione ha la propria specificità. Spingere solo sul superbonus, che peraltro riguarda operazioni rilevanti, avrebbe comportato l'esclusione di molti casi che invece possono beneficiare dei bonus tradizionali».
Si continua a investire nel mattone?
«Il settore resiste grazie al fatto che l'abitazione per gli italiani è solitamente di proprietà. Attrae sempre meno, invece, la seconda casa come investimento o villeggiatura. Quest'anno il mercato immobiliare, come altri ambiti, è in difficoltà: per un po' è stato totalmente bloccato».
Quali sono i problemi principali da affrontare?
«I prezzi erano in calo da anni (vedi grafico sotto): prima della pandemia era in corso un recupero che ovviamente è stato stroncato dalla situazione dovuta all'emergenza sanitaria. A ciò si aggiunge la crisi dei redditi, ma con le imposte invariate. In più, il blocco degli sfratti infonde sfiducia nei proprietari: per la somma di tutti questi fattori il settore non se la passa bene».
E il mercato come reagirà?
«Subirà, come ormai sappiamo, molti cambiamenti nel lungo periodo. Attraverso le nostre associazioni territoriali nell'ultimo anno abbiamo registrato mutamenti sia nelle richieste di case, ora più legate all'idea di un utilizzo anche lavorativo, sia nel tipo di uffici ricercati, che si riducono di dimensioni. rispetto a prima Probabilmente davvero nulla sarà come prima, anche se gli effetti di ciò si vedranno tra anni».