venerdì, 19 Aprile 2024

Fabrizio Galimberti: «Bisogna raggiungere il massimo risultato con i mezzi a disposizione»

DiRedazione

9 Aprile 2021 ,

A raccontare l’economia in modo semplice ci pensa Fabrizio Galimberti. Il giornalista lo fa nel suo libro “L’economia spiegata a un figlio” (Laterza). «Ci vuole l’economia per capire questo mondo complicato, per orientarsi in mezzo al lavoro, alla povertà, alla ricchezza, agli stipendi, ai mutui, ai tassi d’interesse, al costo della vita, alle tasse, all’euro, al dollaro, all’inquinamento e a tutte le altre paratie che tanto spesso ci fanno sentire come topolini che cercano l’uscita dal labirinto. Ma, alla fine, il problema economico, costituito da tanti bisogni e pochi mezzi, lascia l’amaro in bocca perché l’economia è essenzialmente un Grillo Parlante. Ricordiamoci però che fine voleva fargli fare Pinocchio!».

Quindi qual è la sfida?

«Far capire che bisogna stabilire priorità, raggiungere gli scopi che ci prefiggiamo con un minimo dispendio di mezzi, o raggiungere il massimo risultato con i mezzi a disposizione».

Quali sono i consigli pratici per spiegare l’economia al proprio figlio?

«Intanto si deve partire dall’esperienza quotidiana: perché la paghetta è di X euro e non di Y,  quali sono, se c’è uno sciopero per esempio, le ragioni pro e quelle contro e se una strada è sbarrata per lavori in corso, si può chiedere al ragazzo chi pensa che sia a pagarli e come si trovano i soldi per farlo… e così via».

Lei parla dell’orrore degli sprechi, quanto è importante sensibilizzare le nuove generazioni su questo tema?

«Lo è molto. Gli sprechi fanno orrore all’economia, perché violano il principio del massimo risultato con il minimo mezzo. Ma questa risposta è arida. Diventa pregnante quando pensiamo alla fame nel mondo e di come il 40% del cibo prodotto viene oggi buttato. O quando riflettiamo su come tante forme di spreco innalzino l’inquinamento e favoriscano il riscaldamento globale…».

Che rapporto c’è tra disuguaglianza ed espansione economica?

«Qual è il meccanismo attraverso cui una crescente diseguaglianza fa male all’economia? Invece di pontificare con ragionamenti astratti, facciamo un esperimento, tratto dalla finanza comportamentale. A uno stuolo di volontari è stata descritta la seguente situazione: supponiamo di sederci a un tavolo con un’altra persona, e che ci venga offerta la possibilità di dividere 100 euro con quella persona.
La regola è questa: sta a noi fare un’offerta, se l’altro accetta bene, se non accetta i 100 euro vengono persi. Razionalmente, io dovrei fare un’offerta del tipo 99 a me, 1 a te. L’altro, razionalmente, la dovrebbe accettare: se l’accetta prende 1, se non l’accetta nessuno prende niente, e 1, come noto, è meglio di zero. Ma gli esperimenti portano a un altro risultato: se l’offerta è considerata non equa, ha buone probabilità di essere rifiutata. Questo senso di iniquità, questa avversione all’ingiustizia, stingono sulla fiducia e rendono più pesante una crisi che è accompagnata da diseguaglianze. Ed è proprio questo quello che è successo, quando l’economia è stata colpita dalla crisi del coronavirus».

Le crisi in passato erano dovute a fattori esterni all’economia: vale lo stesso discorso anche oggi?

«Un economista del secolo scorso, Jacob Marschak, in un articolo del 1945, passò in rassegna la situazione della scienza economica, la progressiva comprensione di che cosa muova i cicli dell’economia, e fece un confronto con quel che muove i progressi delle altre scienze. Scrisse che nella sismologia sono dovuti a migliori strumenti di rilevazione, a più affinate teorie e a più frequenti esami dei terremoti – nel caso dell’economia Marschak diceva che è tutto dovuto ai terremoti – ma fuor di metafora, l’economia si decide a cambiar pelle quando nel mondo reale, in quanto differente dalle rappresentazioni che ne fanno i modelli economici, succede qualcosa di imprevisto.
È quello che successe con la Grande recessione del 2008-2009, che costrinse a studiare meglio i rapporti fra finanza ed economia. Ed è quello che sta succedendo con la presente crisi da coronavirus, che ha costretto ad avventurarsi nelle terre incognite del supporto all’economia con immani debiti pubblici».

Che riflessione si sente di fare sull’attuale crisi economica legata alla pandemia e su come le nuove generazioni l’abbiano recepita?

«Al di là delle tragedie, delle sofferenze e delle morti, è un cruciale ammonimento sul fatto che siamo tutti sulla stessa barca. L’incertezza è in agguato sempre e dovunque e il virus zoonotico, cioè trasmesso dagli animali all’uomo, come altre recenti virulenze dalla SARS in poi, devono molto al poco rispetto dell’ambiente, alle nostre invasioni (deforestazione e altro) del mondo animale. Consiglio un bellissimo libro, che è stato tradotto in italiano, “Spillover”, di David Quammen. C’è molto da fare per cambiare le cose, e questo è compito delle nuove generazioni».

Quindi la rinascita dell’economia del nostro Paese è nelle mani dei giovani?

«Questa crisi ha acuito tensioni, ma ha anche fatto progredire nella ricerca dei rimedi. Credo che, nel medio periodo, pesando il pro e il contro, le conseguenze saranno positive al margine. Al margine è un’espressione da economista, che vuol dire: lasciamo perder il passato e i milioni di morti da Covid-19, guardiamo a quello che succederà a partire da oggi. E credo che le politiche economiche sapranno incoraggiare la ripresa e la voglia di ripartire, un po’ come è successo dopo la guerra, portando a una nuova stagione di crescita. Sono certo che i giovani, che hanno sperimentato nel bene e nel male la didattica a distanza, ricorderanno questo tempo febbrile e sapranno reagire».

Matteo Vittorio Martinasso