giovedì, 18 Aprile 2024

BLUE ECONOMY: UNA POTENZA DA 24,3 MLD DI DOLLARI

Se fosse uno Stato, sarebbe l’ottava potenza mondiale. L’insieme delle attività della blue economy, secondo il Wwf, vale 24,3 mila miliardi di dollari e ogni anno l’economia blu ne genera circa 2,5. Quando si parla di “oro blu” si pensa alla pesca, ma anche alla protezione delle coste e ai porti. Proprio sullo sviluppo del sistema portuale, intermodalità e logistica integrata, è destinato più di mezzo miliardo di euro dei fondi del PNRR. «Una boccata d’ossigeno», dice Roberto Perocchio, Presidente di Assomarinas. «Considerando che la maggior parte dei porti commerciali di alcune regioni europee sono sottodimensionati: hanno problemi di espansione o elettrificazione delle banchine».

Nel 2018 erano 19.245 le imprese giovanili nel settore dell’economia del mare (il 9,7% del totale). In che modo aiutare i giovani a investire nella blue economy?

«Le nuove tecnologie, il potenziamento delle foniture elettiche, l’applicazione del digitale ai motori elettrici e l’avvento dell’idrogeno, inevitabilmente coinvolgono i giovani che, conclusi i loro studi universitari, incontrano un nuovo terreno di impegno e confronto. Stiamo stilando un regolamento che consentirà agli studenti di ottenere un patentino di conducente di imbarcazione a noleggio professionale. Inoltre, la DG (Directorate General) for Maritime Affairs and Fisheries sta lavorando per introdurre patenti, abilitazioni e dotazioni di bordo, analoghe in tutti i Paesi d’Europa, per liberare il mercato dei charter da vincoli localistici e renderlo sempre più fruibile da tutta la gioventù europea e mondiale».

Le imprese femminili nel 2018 erano il 21,3% (42.349) sul totale dell’economia del mare. Come diminuire il gender gap?

«Il fatto che la sviluppatrice di un progetto molto complesso, come l’Hynova 40 (prima barca francese a idrogeno), sia una donna – Chloé Zaied – è la riprova che le donne hanno trovato, negli ultimi anni, molto impiego nella nautica. Con la diffusione delle società di yacht management c’è sempre più bisogno di un’ampia gestione delle barche: aspetti assicurativi, civilistici e amministrativi, equipaggio e pratiche sanitarie. Qui il numero delle donne impiegate è in continuo aumento».

Un euro – sempre dati 2018 – prodotto dalla blue economy ne ha attivati altri 1,9 sul resto dell’economia. In che modo si può rilanciare il settore nel post pandemia?

«Dopo un sensibile calo nei primi mesi della diffusione del Covid-19 c’è stato un rimbalzo nel secondo periodo durante il quale i giovani hanno combinato la vacanza di prossimità con l’acquisto di una barca usata o una nuova. Questo ha dato impulso all’attivita portuale turistica italiana, contrariamente a quanto accaduto nell’ultimo decennio, durante il quale i porti turistici hanno vissuto uno stato di crisi proprio per mancanza di giovani clienti, più interessati ai voli intercontinentali come strumento di vacanza. In questo momento sono in costruzione ventimila posti barca e, nei prossimi anni, circa quaranta porti turistici vedranno la luce. Tutto ciò favorito dall’economia del charter del noleggio nautico semplificata, oggi, dalle nuove tecnologie. Gli impianti di marecoltura, se da una parte sono sempre più efficienti, dall’altra sono anche inquinanti. C’è bisogno di una circolazione sempre più intensa di idee, pianificazione e tecnologia. Come Assomarinas, inoltre, abbiamo voluto testare la prima barca europea a idrogeno, un 12 metri che ha una forma ideale sia per le escursioni naturalistiche che per essere usato come tender di maxi yacht».

Tra le prime cinque regioni italiane per incidenza di imprese dell’economia del mare, la Liguria è quella che mostra il peso maggiore sul tessuto imprenditoriale regionale (9,4% sul totale delle imprese), seguita da: Sardegna (6,0%), Lazio (5,5%), Sicilia (5,0) e Calabria (4,6%)…

«Le nuove tecnologie marittime consentono di navigare di più consumando di meno e, di conseguenza, estendere il raggio di navigazione. Abbiamo natanti (unità al di sotto di dieci metri) che consentono la navigazione a lungo raggio con tappe abbastanza ravvicinate. Tutto questo accorcia le distanze tra Settentrione e Meridione. Se il trend si mantiene, si privilegia la navigazione nel proprio Paese rispetto alle mete esotiche, con i voli intercontinentali, sicuramente le altre regioni di prossimità trarranno inevitabilmente beneficio da questa tendenza».

Siamo sulla buona strada in tema di economia blu sostenibile per raggiungere gli obiettivi del Green Deal europeo e garantire una ripresa verde e inclusiva nel post pandemia?

«L’Europa sta facendo tanto e bene. Il Recovery Plan è quello che ci vuole per determinare un nuovo Piano Marshall che dia fiato al continente. Abbiamo ancora un dominio marittimo da un punto di vista dei brevetti nel settore nautico. L’Italia è leader nella produzione di gommoni e negli accessori della nautica. C’è un problema: l’Europa è schiacciata tra Stati Uniti ed estremo oriente. Bisognerà investire molto nel mondo marittimo in generale, affinchè il nostro continente mantenga il suo livello di dominio e rilevanza internazionale».

La One Ocean Foundation ha lanciato, in collaborazione con SDA Bocconi, McKinsey & Company e CSIC, il primo progetto al mondo per la creazione di un Blue Rating internazionale a tutela degli oceani. Ci sono altri modi per difendere i nostri mari?

«L’Europa sta lavorando a una nuova direttiva che riguarda la qualità del mare. La normativa avrà caratteristiche molto restrittive di verifica e controllo di tutte le fonti di inquinamento che possono avere influenza sulle acque interne e costiere. Quasi tutti i porti turistici seguono le indicazioni del programma Bandiera blu. Oggi c’è un monitoraggio molto curato, con conseguenze anche penali, per tutti gli operatori, che ha decisamente cambiato il mondo. Per il futuro ci aspettiamo ulteriori forme di controllo e restrizione. In ogni caso, si spera che una parte di nautica elettrica e di quella all’idrogeno possano abbattere ulteriormente quelli che sono gli impatti attualmente presenti».