La guerra in Ucraina spinge l'India a rivalutare la sua storica imparzialità: Paese caratterizzato da una tradizione di non allineamento, il nazionalismo del Presidente Narendra Modi mira a garantire anche oggi una statura equidistante tanto dall'Occidente quanto dai suoi rivali asiatici. La priorità rimane sfamare i suoi 1,38 miliardi di abitanti. A farlo, sarà il miglior offerente.
«Complice la rapida ascesa della Cina nei giochi diplomatici tra Mosca, Kiev e Washington, il governo indiano si trova alla prova del suo equilibrismo», dice Nicola Missaglia, analista di ISPI. La scommessa è nell'orbita di quale emisfero sarà satellite nei prossimi mesi».

Qual è il ruolo dell'India nell'attuale contesto geopolitico?
«È neutrale rispetto alla condanna della Russia e questo incoraggia tutti i leader del mondo a corteggiare Modi, perché Delhi ha un peso demografico enorme in Asia e quindi grandi potenzialità sul mercato. Inoltre, è strategicamente importante per l'America nel contenimento della Cina».
Quali sono le relazioni tra India e Russia?
«L'India sceglie di non condannare Mosca per una questione di memoria storica: i legami tra i due vicini nascono nel 1955. Agli albori, Stalin non aveva una visione particolarmente positiva dei padri fondatori indiani Gandhi o Nehru, troppo inclini a cedere ai valori occidentali. Il vero feeling inizia con l'arrivo di Krusciov. In quel periodo l'URSS diventa ammiraglia dei Paesi in via di sviluppo, fornendo all'India assistenza economica negli ambiti dell'industria pesante e nella difesa. Fino agli anni '90 Delhi vive piani quinquennali e un'economia programmata in stile sovietico. Questo scambio si trascina fin dentro alle Nazioni Unite, con Mosca che offre sostegno geopolitico all'India sulla disputa con il Pakistan sul Kashmir. Tutta questa complessità è eredità della Russia moderna, che ancora oggi fornisce a Delhi l'80-85% dell'assistenza militare».
Quale assetto ha l'America in questo scacchiere?
«Joe Biden, all'inizio infastidito dalla posizione del Primo ministro indiano, oggi cambia atteggiamento: il presidente USA si reca in Asia, coinvolge l'India in summit come il Quad, il Dialogo quadrilaterale di sicurezza, con Giappone e Australia, per contenere la Cina e minare gli equilibri alternativi del Cremlino. L'America, già primo partner commerciale di Delhi, ambisce a proporsi anche come partner nel gioco delle strategie, se non altro per salvare Modi dalla morsa tentacolare di Xi Jinping che si cela dietro Putin. Per valori democratici, oltretutto, l'India si riconosce formalmente nell'Occidente».
Se non America, allora Europa?
«Europa e India sono partner commerciali importanti, con Bruxelles che si posiziona al terzo posto dietro America e Cina, per un valore corrispondente al 10-11% del commercio indiano. Il problema per l'Unione è che ciascun membro persegue internamente una propria personalissima politica commerciale nei confronti del gigante asiatico. Ecco perché finora un piano commerciale comune europeo non è mai decollato. Questo però potrebbe essere per l'Europa un momento strategicamente decisivo. L'India non condanna la Russia ma guarda a Occidente, spetta a noi proporre una vera alternativa».

L'India ha fermato le esportazioni di grano a causa di un'ondata di siccità e milioni di case sono state sommerse dagli alluvioni nell'est del Paese. Modi detiene ancora consenso per guidare questo equilibrismo tra potenze?
«Le criticità per Delhi non iniziano oggi. Già durante la crisi pandemica il governo aveva proposto il suo Paese come hub vaccinale mondiale, per poi trovarsi con la maggioranza della sua popolazione non vaccinata. L'economia indiana è rimbalzata dell'8,2% su base annua nel 2021, dopo la grave contrazione del 7,0% nel 2020. Tassi d'interesse più bassi, maggiore spesa pubblica e l'accelerazione delle vaccinazioni hanno sostenuto i consumi interni. Modi è ancora molto riconosciuto e colleziona un grande successo. Il nazionalismo resiste e orienta la politica estera dell'India nel mondo».
Quale sarà il futuro per l'India?
«L'obiettivo, per il secondo Paese più popoloso al mondo, resta diventare un polo manifatturiero globale e ridurre le dipendenze scomode nei comparti strategici. Un equilibrio certamente difficile da mantenere, ma questa è esattamente la scommessa che Modi sta facendo». ©
Arianna Francesca Brasca
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