La guerra tra Mosca e Kiev esce dai confini di un conflitto tradizionale e attacca l'economia a 360°. Perché dopo l'allarme per il grano, i trasporti, l'accoglienza e le materie prime a preoccupare c'è anche l'incognita ecologica. «È la guerra dei combustibili fossili e lottare contro l'aggressione russa significa farlo anche contro il cambiamento climatico», spiega la climatologa ucraina Svitlana Krakovska. «Ci sono molti motivi per collegare le due tragedie. La più ovvia è che le fonti fossili sono alla base delle emissioni e quindi del rischio climatico: il governo russo vende gas, carbone e petrolio agli altri Paesi e con il ricavato finanzia la sua guerra. I Paesi che dipendono da questi combustibili sono ricattabili ed è proprio su questo che punta Putin».
La guerra non è una scusa per rallentare sul clima
E in Italia? La strada per la transizione ecologica è ancora tortuosa, ma una data c'è. Dall'inverno 2024, il Paese sarà indipendente dal gas russo. Almeno questo è l'obiettivo dichiarato dal Governo che, con il ministro della transizione ecologica Roberto Cingolani, lancia un monito. «La guerra non è una scusa per rallentare sull'ambiente». Parole che si aggrappano con forza al treno in corsa verso il cambiamento. Che oggi non riguarda più solo la situazione interna, ma anche quella relativa agli approvvigionamenti in arrivo dalla Russia (circa il 40% del totale), che inevitabilmente a causa delle sanzioni devono azzerarsi. «Sono stati siglati accordi con sei Stati africani per circa 25 miliardi di metri cubi che vanno a rimpiazzare i 29-30 russi», ha ricordato Cingolani. «Accordi che prevedono di arrivare a 18 miliardi l'anno prossimo e a circa 25 miliardi dal 2024, appunto». Una mossa che ci consentirebbe di mantenere la rotta di decarbonizzazione al 55%.
«Il PNRR ci mette a disposizione 5 anni che serviranno come motore per far partire il missile della transizione, che verrà poi valutata nel 2050 con il Net Zero. L'obiettivo sarà fare in modo che nei 25 anni dopo il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza il progetto cammini sulle sue gambe. Solo così comprenderemo se avremo lavorato bene senza fare massacri sociali e climatici», conclude il ministro.

Il PNRR nella lotta contro il cambiamento climatico
Il momento che stiamo vivendo è di bonifica per il futuro anche per il settore mobilità. Il cambiamento climatico richiede coraggio politico da parte delle istituzioni nel mediare tra cittadini e aziende. Ecco che dal Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili arrivano l'obbligo della relazione di sostenibilità nei Piani di fattibilità tecnico economica delle opere, con la valutazione dell'impatto ambientale in termini di emissioni di gas climalteranti e nuovi strumenti finanziari per investimenti in infrastrutture e mobilità rispettosi dell'ambiente.
«In coerenza con il cambio del nome del dicastero e la nuova visione che guarda al cambio di paradigma verso lo sviluppo sostenibile – sottolinea il ministro delle Infrastrutture Enrico Giovannini – la nostra attenzione è volta a massimizzare l'impatto positivo in termini economici, sociali e ambientali delle infrastrutture e ridurre al minimo l'impronta ecologica delle nuove opere, in particolare quelle previste dal PNRR».
L'importanza della trasparenza sull'impronta climatica delle infrastrutture
Al cuore di questi interventi vi sono il principio Do not significant harm, sancito dal programma Next Generation Eu, i principi del G20 per le infrastrutture sostenibili e i 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile dell'Agenda 2030 dell'ONU. Grazie a tali innovazioni è possibile ottenere informazioni precise sull'impronta climatica delle opere più significative del PNRR e procedere a una stima degli effetti lungo tutto il loro ciclo di vita.
Queste le scelte a favore di infrastrutture e sistemi di mobilità sostenibili che permetteranno all'Italia di rafforzare la sua autorevolezza come emittente di green bond.
«In questo contesto, è fondamentale ancorare le decisioni su evidenze scientifiche. Per questo, al fine di guidare le decisioni presenti e future, grazie al contributo di esperti riconosciuti a livello internazionale – ha concluso Giovannini – abbiamo pubblicato tre rapporti che riguardano l'impatto della crisi climatica su infrastrutture e mobilità, la decarbonizzazione dei trasporti e i nuovi strumenti finanziari per investire in infrastrutture sostenibili».
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Arianna Francesca Brasca