Il mondo della moda abbatte i confini e si unisce per promuovere una transizione della moda europea verso un futuro più sostenibile, innovativo e inclusivo. Dall'Italia alla Francia, passando per Spagna, Germania, Austria, Danimarca, Inghilterra, Irlanda, Svizzera, European Fashion Alliance, mette insieme 25 Paesi che si pongono l'obiettivo di cambiare il panorama europeo della moda.
«A riunire le case principali del settore è Fashion Council Germany, con l'ambizione di formare una coalizione transnazionale che possa individuare e condividere conoscenze di mercato e best practice, così da rappresentare l'industria a livello europeo in campo economico, politico e sociale» spiega Gianpaolo Todisco, avvocato del Gruppo Clovers, studio legale specializzato in fusioni e acquisizioni. «L'accordo ha come obiettivo lo sviluppo collettivo di una strategia attiva e reattiva di fronte alla necessità di cambiamento dell'industria e di rafforzare ed espandere un network di Consigli e Istituzioni per una comprensione comune di obiettivi pratici su come il settore della moda e i suoi diversi attori – organizzazioni di supporto, piccole e medie imprese, grandi aziende e professionisti – possano contribuire a trasformare l'industria, nel rispetto del pianeta e dei suoi abitanti».
La nascita dell'Alliance risponde anche alla crisi del settore moda portata dalla guerra in Ucraina?
«In risposta all'attacco di Mosca a Kiev dello scorso febbraio, l'Europa ha introdotto sanzioni che proibiscono di vendere, trasferire o esportare, direttamente o indirettamente, dei beni di lusso che superano i 300 euro di costo a qualunque persona fisica, legale o entità presente in Russia, fino ad arrivare poi alla chiusura dei negozi delle principali maison, bloccando import ed export da e per il Paese di Putin, ponendo a rischio migliaia di posti di lavoro. Parlando di dati e numeri, secondo Confindustria Moda, la Russia è il settimo Paese in fatto di esportazioni di moda femminile per l'Italia, con 374 milioni di euro di export (il 4,7% del totale). Certamente l'idea di dare vita a un'istituzione centrale della moda europea sarà funzionale a ingaggiare strategie mirate con i mercati nel resto del mondo, lavorando per una maggior resilienza del sistema».
Come funziona questa casa europea della moda?
«Avendo come modello il funzionamento dell'Ue a Bruxelles, la nuova alleanza avrà una presidenza a rotazione. Inoltre avrà anche standard minimi che i membri dovranno soddisfare per potervi aderire. Il finanziamento dell'organismo funzionerà allo stesso modo dei bilanci dell'Unione, dove ogni membro pagherà una quota a seconda della propria dimensione e del budget nazionale. Oggi più che mai i finanziamenti dell'Ue stanno andando alle industrie creative del continente e l'alleanza avrà l'opportunità di consigliare dove spendere meglio tali quote. È importante che il sistema moda dimostri coesione nell'affermare i valori comuni europei, dando priorità a sostenibilità, responsabilità sociale, creatività, alta qualità dei prodotti e durabilità».

Perché un'istituzione simile si è resa necessaria proprio ora?
«Le esigenze testimoniate da questo atto politico sono quelle di esplorare, studiare, proporre un percorso più sostenibile per il settore della moda, che è tra gli ambiti industriali più inquinanti. I tempi sono maturi, preparati dalle rivoluzioni tecnologiche dei passaporti digitali di sostenibilità e dalla tracciabilità in stile Blockchain».
C'è uno scambio di know how dunque tra cyberspazio e atelier?
«La tecnologia Blockchain consente al cliente di avere accesso alla storia dei prodotti e alla loro garanzia di autenticità, con la possibilità di seguirne facilmente e in modo trasparente il ciclo di vita, a partire dalla creazione fino alla distribuzione. Il prezzo dei prodotti non sarà più il driver principale a determinare la concorrenza sul mercato. Il successo nel produrre e diffondere conoscenza sarà la nuova valuta del luxury. Tracciabilità delle materie prime e dei prodotti finiti, insieme a trasparenza dei cicli produttivi e dell'intera filiera, sono gli obiettivi di questa nuova strada. Ad averlo reso chiaro è il Gruppo Prada con la creazione di Aura Blockchain, progetto che promuove l'utilizzo di un'unica soluzione blockchain globale, aperta a tutti i marchi del lusso a livello mondiale. I brand che non riusciranno a diventare sostenibili, anche a livello comunicativo, ne pagheranno le conseguenze in termini economici e di visibilità. La European Fashion Alliance mira proprio a regolamentare tutto questo a livello istituzionale».
La moda può essere driver per un cambiamento profondo nella cultura della sostenibilità?
«La moda è al crocevia tra economia e cultura, tra il più nobile know-how artigianale e le tecnologie più avanzate, tra estetica, funzionalità, inclusione e diversità. La creatività è il suo respiro e la sostenibilità il suo orizzonte insuperabile». ©
Arianna Francesca Brasca