sabato, 27 Aprile 2024

Sostenibilità, in passerella sfilano i capi “green”. Proteggere l’ambiente costa il 10% in più

DiSimona Sirianni

15 Ottobre 2020
Sommario

La sostenibilità nella moda non può più essere un’intenzione. L’ha ribadito l’ultima Fashion Week, la prima post lockdown, nata sotto il segno del “green fashion”, pilastro della strategia di Camera Nazionale della Moda Italiana che dal 2010 si è impegnata nel porlo come valore fondante del sistema italiano con l’implementazione, proprio quest’anno, del Manifesto della Sostenibilità. Una guida che traccia una via italiana alla moda responsabile, che potrebbe aiutare il mercato, colpito duramente dal coronavirus.

Il sistema della moda italiana, nel 2019, aveva ricavi per oltre 90 miliardi di euro, una fetta considerevole del Pil, in rialzo dello 0,8% e sulla spinta dall’export (+6,2%, a 71,5 miliardi). La Camera della Moda, all’inizio di febbraio, quando la crisi italiana era ancora in fase di incubazione, proiettava perdite pari all’1,8% del Pil, ma dopo un mese, le imprese si sono ritrovate con il fatturato di marzo praticamente azzerato, facendo prevedere alla Federazione Moda Italia per l’intero 2020 un calo di almeno il 50% degli incassi.

Puntare sulla sostenibilità

Il futuro quindi potrebbe proprio puntare sulla sostenibilità (dall’utilizzo di materiali riciclati o facilmente smaltibili, all’eliminazione di sostanze nocive dalle lavorazioni, per esempio), che potrebbe incontrare esigenze e nuovi comportamenti nati o rafforzati dalla difficile situazione che stiamo attraversando. E il riscontro sembra esserci. Lo dice lo studio “Sustainability matters, but does it sells?”, realizzato da McKinsey&Company in collaborazione con la Camera Nazionale della Moda: il 70% dei consumatori è disposto a scegliere un prodotto ecosostenibile al posto di uno a maggiore impatto ambientale, spendendo il 5% o il 10% in più. E in virtù di questo potenziale di vendita i negozi investiranno sempre di più nei prodotti green.

L’impatto della moda

L’industria della moda, con un giro d’affari annuo di 1,5 trilioni di dollari, è uno dei settori industriali con l’impatto più pesante sull’ambiente con quasi l’80% della produzione globale incenerita o gettata in discarica ogni anno. E le previsioni, se si continua su questa strada, vedranno la produzione salire del 63% entro il 2030 e il settore tessile produrre il 26% delle emissioni industriali di CO2 (contro il 2% del 2015) nel 2050. Ma la lezione di Greta Thunbergh e la pandemia, hanno dato la spinta alla rivoluzione anche del mondo del lusso. Ora affrontare le sfide ambientali è diventato un diktat.

E se circa un anno fa, per ricoprire un ruolo di primo piano nel “salto” verso un futuro più sostenibile 32 marchi hanno siglato il “Fashion Pact” – un impegno a rivedere il proprio modello di business con una serie di obiettivi che ruotano attorno al tema chiave della sostenibilità – oggi che il mondo è cambiato, il percorso è segnato.

Green friendly

Tutto ormai gira intorno al green friendly e se prima si citava Stella McCartney come brand pioniere di questo mondo, e Vivienne Westwood (sotto al centro modella per la collezione del marito Andreas Kronthaler), che difende il Pianeta anche grazie alle sue sfilate e alle campagne di protesta per sensibilizzare l’industria della moda e la politica sull’importanza di salvaguardare l’ambiente per contrastare i danni provocati dai cambiamenti climatici, ora la situazione si sta ribaltando molto velocemente.
Dai re del cashmere Brunello Cucinelli, secondo cui il tema della sostenibilità deve partire da una moda creata da uomini e donne che lavorano nel rispetto del Made in Italy e nelle migliori condizioni possibili, a Loro Piana che nel 2009 ha introdotto il “Metodo Loro Piana” in Mongolia per promuovere un modello di sviluppo che contribuisca a creare un equilibrio tra animali, ambiente e popolazioni locali, preservando così la qualità del cashmere. Fino alla maison Ferragamo, la prima azienda del settore ad aver ottenuto la certificazione di sostenibilità SI Rating, e a Prada, che dal 2021 ha deciso di utilizzare “nylon rigenerato”. Il fashion business non ha alternative e per l’Italia, primo produttore di moda del lusso al mondo, la sostenibilità rappresenta una fondamentale leva competitiva che permette di consolidare la propria leadership.