sabato, 7 Dicembre 2024

Disuguaglianze economiche, Franzini: «Covid-19: chi ha un reddito basso ha più possibilità di ammalarsi»

DiRedazione

14 Dicembre 2020

Che la pandemia non abbia colpito tutti allo stesso modo è evidente, ben più complesso è prepararsi ai risvolti futuri. «Sarà possibile rispondere alla crescita delle disuguaglianze prefigurando i cambiamenti, distinguendo tra quelli nei meccanismi strettamente economici e quelli sul piano delle politiche adottate», dice Maurizio Franzini, ordinario di Politica economica all’università La Sapienza. Servono insomma strategie precise, ad esempio in vista di un maggior ricorso allo smart working: a seconda di come sarà regolato, avrà effetti diversi e, se da un lato porterà vantaggi, dall’altro ridurrà la domanda di alcuni servizi che impiegano lavoratori a basso salario e con poche qualifiche, i quali potrebbero finire per ripiegare su lavori già poco pagati, peggiorandone ulteriormente le condizioni. «Nel caso del lavoro a distanza c’è un’evoluzione di mercato: bisogna fare in modo che questo non aggravi ulteriormente le disparità. La chiusura di molte piccole attività porterà inoltre a una maggiore concentrazione nelle mani di poche aziende. Evitarlo è una questione, oltre che di mercato, di scelte politiche».

Prima della pandemia le disuguaglianze in Italia erano in crescita?

«L’Italia è uno dei Paesi avanzati con maggiore disuguaglianza di reddito; lo è fin dai primi anni ’90, quando si verificò un’inversione di tendenza nella disuguaglianza che, da allora, è rimasta sostanzialmente costante, almeno sulla base di alcuni dati e indicatori».

Quali?

«L’indicatore principale è l’indice di Gini che dovrebbe riassumere le distanze di reddito su tutta la distribuzione. Altri indicatori della disuguaglianza, come la quota di reddito che va all’1% più ricco, danno indicazioni di un aumento della stessa. Inoltre i dati provengono da indagini campionarie e tendono a sottostimare il peso dei molto ricchi e dei molto poveri».

Ciò cosa comporta?

«Ci sono diversi segnali che negli ultimi anni la situazione è cambiata proprio tra i molto poveri e i molto ricchi, e se il campione non li rappresenta adeguatamente la stima della disuguaglianza non è corretta. In sostanza, quest’ultima è alta e non risulta aumentata, secondo indicatori e dati che però si sospetta non siano del tutto attendibili. Da precisare che non è aumentata, grazie alla redistribuzione dello Stato, la disuguaglianza nei redditi disponibili, mentre è certamente cresciuta quella nei redditi guadagnati nei mercati. Anche, e molto, nei redditi da lavoro».

Il reddito in qualche modo influiosce anche sulla diffusione del Covid-19…

«Le disuguaglianze economiche preesistenti hanno inciso sull’esposizione al rischio di contagio e anche di morte. Infatti, chi appartiene alle fasce di reddito più basse spesso deve accettare lavori che non rispettano pienamente le norme di igiene e di sicurezza. Inoltre, come mostrano vari studi riferiti a diversi paesi, contrae malattie croniche in età più giovane e ha meno possibilità di curarsi».

E i danni economici?

«Riguardano innanzitutto i settori interessati da chiusure o cali di attività dovuti ai cambiamenti indotti dalla pandemia nelle abitudini di consumo. Certi settori – a iniziare dall’e-commerce – ne sono invece usciti avvantaggiati, spesso rendendo alcuni ricchi ancora più ricchi. Nei comparti più colpiti vi sono lavoratori i cui redditi ricadono nella fascia alta e bassa, ma in generale questi ultimi sono più numerosi e più danneggiati: un calo di reddito del 10% non è uguale per tutti. Anche se la crisi colpisse in modo uniforme, le conseguenze non sarebbero omogenee. I suoi effetti in termini di perdita di reddito sono la somma di condizioni di partenza disuguali, di un fenomeno che ha colpito in maniera differenziata e di interventi di protezione dei redditi da parte dello Stato non sempre ben calibrati».

Le misure messe in atto dal Governo sono efficaci?

«L’intervento è stato massiccio, le misure adottate sono state molte e talvolta nuove. Particolarmente efficace nel limitare i danni economici è stato il blocco dei licenziamenti che ha consentito il ricorso alla Cassa integrazione guadagni. Ma non potrà durare in eterno: prima o poi, senza una forte ripresa, serviranno altri strumenti. Inoltre occorre pensare ai lavoratori autonomi e alle partite IVA che non hanno protezione sociale. Più in generale sarebbe bene limitare la frammentazione dei contratti nel mercato del lavoro».

Quali insegnamenti, se ci sono, per il post pandemia?

«Serve più attenzione a politiche eque e mirate a contenere le disuguaglianza, evitandone i costi. E più lungimiranza: esistevano da tempo studi che prevedevano una pandemia ai quali non è stato dato peso ma che avrebbero consentito misure precauzionali come, banalmente, sapere già in partenza dove reperire mascherine».