venerdì, 26 Aprile 2024

Guido Rosa, AIBE: «Servono riforme oltre al Recovery fund»

DiRedazione

23 Dicembre 2020 ,

Sono una presenza importante per l’economia italiana le banche estere, soprattutto in questo periodo di forte instabilità. «La politica dovrebbe fare ciò che non ha fatto finora: servono riforme senza le quali l’effetto dei vari Recovery fund sarà molto più languido di quanto non sarebbe con un sistema che funziona – dice Guido Rosa, presidente dell’Associazione italiana banche estere – i fondi europei sono un’opportunità che però deve essere accompagnata da una serie di interventi strutturali». Intanto secondo il 10° report dell’Aibe il nostro Paese alla fine del 2019 ha visto crescere la presenza di operatori stranieri rispetto all’anno precedente. La percentuale di debito pubblico nelle mani di investitori non residenti risulta pari al 32% del totale ed è, dunque, significativa. Quanto alle operazioni in valore, queste corrispondono al 91% per le emissioni di debito e al 97% per l’equity. L’Italia, però, resta troppo poco attrattiva.

Come ha influito la pandemia?

«Da quel che mi risulta, non ha cambiato molto. L’attuale situazione ha steso una sorta di velo sulle economie di tutto il mondo, compresa la nostra. Sono tutti come in stato di attesa, si aspetta che l’emergenza faccia il suo corso».

Cosa si aspetta dal 2021?

«Lacrime e sangue. Non perché ci sarà un deflusso di capitali verso l’estero, ma perché l’economia adesso è completamente inceppata. Quando la pandemia sarà terminata, ci saranno delle condizioni molto diverse di ripresa economica rispetto alle fasi precedenti. Ad esempio saranno avvantaggiate le economie tecnologicamente più avanzate e perciò temo che il nostro Paese soffrirà ancora di più di quanto non abbia fatto in passato: non siamo pronti».

Secondo un’indagine di Aibe e Censis, l’Italia era poco attrattiva anche prima di questa crisi.

«Sì, secondo l’Aibe Index (un indice dell’attrattività del sistema-Italia dal punto di vista degli investimenti esteri, ndr), che prende in considerazione valori da 1 a 100, il nostro Paese raramente ha superato i 45 centesimi: è uno dei meno attraenti per gli investimenti esteri, per consuete e ben note ragioni. I problemi dell’Italia non sono risolvibili con le politiche monetarie perché hanno caratteristiche strutturali, sono legati al cattivo funzionamento dell’intero sistema: burocrazia, fisco, giustizia, cambiamenti normativi continui e riguardanti sia il retail che gli investimenti. Sembra fatto appositamente per disincentivare le attività imprenditoriali, tanto più se provenienti da Paesi che hanno la possibilità di scegliere altri luoghi più attraenti».

Che cosa dice invece il report circa l’apporto delle banche estere all’economia italiana?

«La ricerca mostra costantemente che il contributo degli operatori internazionali è, non solo dal punto di vista finanziario ma economico in generale, rilevantissimo: basta leggere le cifre. Soprattutto, anche se non esclusivamente, in ambiti quali il corporate financing e l’investment banking, per i quali le banche italiane non sono particolarmente sviluppate».

Sul piano tecnologico dobbiamo migliorare?

«Sì, anche dal punto di vista del funzionamento del sistema, che non incentiva gli investimenti in innovazione e gli ammodernamenti. Se un tempo i nostri prodotti potevano risultare vincenti semplicemente perché belli, in futuro, con l’evoluzione tecnologica, temo che la concorrenza sarà estremamente più spietata in molti settori. Senza aggiornarsi sarà quindi difficile non soccombere».

Dove siamo più carenti?

«Basti pensare a internet, all’informatica, ai modelli matematici legati alla gestione dell’economia. Ma anche alla cospicua parte di amministrazione pubblica che potrebbe essere computerizzata, e dunque alleggerita negli iter burocratici. Gli altri Paesi ci stanno arrivando, noi siamo ancora indietro».

In questo quadro un po’ negativo cosa potranno apportare le banche estere?

«Potranno continuare ad apportare competenze, innovazione in fatto di prodotti finanziari e una competizione sulla qualità dei prodotti offerti che senza di loro sarebbe invece molto bassa. Come già accennato, i servizi di corporate e investment banking sono svolti soprattutto da istituti stranieri, dato che le banche italiane hanno perlopiù abbandonato quei settori. Da tempo ormai sembrano essersi ritirate dal panorama internazionale, concentrandosi sul retail».