venerdì, 26 Aprile 2024

Ciafani, Legambiente: «I soldi non bastano, servono riforme»

Non usa mezzi termini Stefano Ciafani. «Per la transizione ecologica non basteranno 209 miliardi», dice il presidente di Legambiente. «Servono le riforme, quattro almeno in partenza, per garantire all’Italia una piena e veloce transizione ecologica».

Da dove si deve partire per attuare un progetto di riforme?

«In primis bisogna semplificare e velocizzare l’iter autorizzativo dei progetti green, a cominciare dagli impianti a fonti rinnovabili fino a quelli dell’economia circolare. Poi potenziare il sistema nazionale di protezione dell’ambiente, in modo da migliorare i controlli e combattere la concorrenza sleale. È necessario inoltre aumentare le competenze della pubblica amministrazione con un vasto programma di formazione e aggiornamento professionale. Infine, serve una nuova legge sul dibattito pubblico, per prevenire le contestazioni e ampliare la partecipazione di cittadini e istituzioni locali nella realizzazione delle opere che servono al Paese».

Un progetto ambizioso, basteranno i soldi del Recovery Fund?

«Per la prima volta abbiamo a disposizione una cifra molto importante, ma occorre fare le scelte giuste, perché non saranno sufficienti per tutto. Non si devono svuotare i cassetti dei ministeri, come ha fatto il precedente governo la scorsa estate. Bisogna partire dallo sviluppo delle rinnovabili fino all’economia circolare, dalla mobilità sostenibile all’innovazione industriale, dall’agroecologia alle aree protette».

Da che punto parte l’Italia per affrontare il cambiamento richiesto dall’Europa?

«Può sembrare strano, ma il nostro Paese può vantare delle leadership a livello mondiale che sono però poco conosciute. L’unico impianto al mondo di economia circolare che avvia a riciclo i pannolini usati è in Italia, a Spresiano, in provincia di Treviso. Il solo sito chimico che produce il butandiolo da fonti rinnovabili, e non dal petrolio, è in Veneto, ad Adria. Le imprese italiane sono capaci di cose straordinarie, ma non sempre le istituzioni le mettono nelle condizioni di agire. Spesso invece rendono la vita molto complicata».   

Ora però c’è il nuovo ministero della Transizione ambientale… 

«Sarà importante definire al meglio l’organizzazione di questo nuovo dicastero, visto che si occuperà anche di energia, compito che prima spettava al ministero dello Sviluppo economico. L’ex ministero dell’Ambiente (con la sua cronica inadeguatezza strutturale su personale e competenze) e il Mise si sono sempre parlati poco e male. Occorrerà superare in tempi brevi questa dicotomia, anche per recuperare i grandi ritardi nel raggiungimento degli obiettivi del Piano nazionale integrato energia e clima. Un tema fondamentale questo, soprattutto in seguito alla recente decisione europea di aumentare dal 40% al 55% la riduzione dei gas climalteranti entro il 2030».

Quali sono le proposte di Legambiente al governo Draghi?

«Dovrà individuare i progetti giusti cui destinare le risorse adeguate e noi con il dossier “Per un’Italia più verde, innovativa e inclusiva” abbiamo fatto proposte concrete con 23 linee di intervento prioritarie e 63 progetti territoriali da finanziare. Tutto questo però non sarà sufficiente. La storia recente dell’Italia ci ricorda infatti che non bastano i fondi europei per realizzare le opere pubbliche necessarie, ma servono anche profonde riforme. È fondamentale organizzarsi velocemente e in modo diverso, per garantire qualità dei progetti, velocità della spesa e certezza del rispetto delle regole».