martedì, 23 Aprile 2024

Vino: Italia primo produttore mondiale. Sartori: «Saranno cruciali i 2,5 miliardi del Recovery fund»

Il 2021 potrebbe essere l’anno della ripresa per il settore del vino.  I prossimi mesi saranno colmi di opportunità per un comparto che vale 11 miliardi di euro, conta 2mila imprese industriali e con 50,4 milioni di ettolitri l’Italia si riconferma fiore all’occhiello dell’economia italiana. Il cambiamento sostanziale nelle tipologie di consumo ha richiesto e richiede un cambiamento anche nelle proposte di prodotto: in quest’ottica, le possibilità di crescita per il settore, per tornare più forte di prima, sono notevoli. 
«L’agricoltura italiana ha l’occasione di rilanciarsi, ma per farlo è cruciale che vengano spesi al meglio i 2,5 miliardi previsti dal Recovery fund. Solo così si potrà trasformare la filiera agroalimentare italiana in un’Agricoltura4.0», spiega Andrea Sartori, Presidente di Casa Vinicola Sartori e fondatore del Consorzio Italia del Vino. «Bisogna agire velocemente e su aspetti ben specifici. Guardando i dati di Confagricoltura si parla di sostenibilità, uno dei temi più impellenti: il 17% dell’agricoltura sta seguendo un modello sostenibile e il 30% si sta avvicinando. Il resto si deve adeguare. Oltre a questo, bisogna assicurare il sostegno nei mercati, in cui non possiamo permetterci di perdere quote, e garantire importanti investimenti strutturali, come attrezzature e trasformazioni industriali».

Quanto ci vorrà per vedere cambiamenti significativi?

«Non siamo particolarmente veloci quando si parla di trasformazione. Vedo una lentezza nel biologico, in particolare nel vino. Spero che ci sia un target nei prossimi 5 anni, ma la vedo difficile…».

Come sta reagendo il settore vinicolo?

«Positivamente, anche se è doveroso sottolineare che il mondo del vino va a due velocità. Ci sono le aziende che hanno la distribuzione retail/supermercati che stanno andando abbastanza bene: hanno tenuto i fatturati, con cali moderati o addirittura degli aumenti. Tutte le aziende che invece lavorano nel canale della distribuzione nella ristorazione e nell’hospitality sono in difficoltà e si vedono perdite a doppia cifra. Questo riguarda non solo il mercato italiano ma anche quelli stranieri. Discorso simile riguarda anche il canale della vendita diretta. C’è stato un buon incremento invece nell’online, dove abbiamo visto addirittura raddoppi di fatturato».

Quali sono gli obiettivi nel breve periodo?

«Continueremo a fare la promozione del made in Italy vinicolo nel mondo, ma in questo momento siamo completamente fermi visto che non si può viaggiare. Abbiamo fatto eventi e degustazioni online e, sia come Consorzio Italia del Vino sia come azienda, abbiamo sempre cercato di avere molto incoming perché abbiamo visto che funziona far venire qui da noi clienti e giornalisti per far loro visitare le nostre strutture e l’Italia in generale».

Qual è la lezione più importante che il comparto agroalimentare ha imparato dalla pandemia?

«Sicuramente quella di aumentare il livello qualitativo delle produzioni. Oggi il consumatore, dopo questa situazione, andrà sempre più alla ricerca di prodotti qualitativi e con un rapporto qualità/prezzo migliore. La qualità ci differenzia da Paesi dove hanno costi di produzione molto bassi e possono presidiare il settore di grandi volumi e prodotti di qualità standard».