Si scrive dietrofront ma si legge rinvio, con la speranza che da Dazn l’offerta economica per la formula del nuovo calcio “spezzatino” venga rivista al rialzo.
È la sintesi della prima assemblea di Lega della neonata stagione di Serie A che ha visto consumare l’ultima puntata dell’assurdo teatrino sui diritti tv. Da un lato la proposta di Dazn: spalmare le partite del prossimo campionato su dieci orari differenti. Dall’altro la battaglia dei “presidenti ribelli”, capitanata dalla Genova sportiva grazie ad Enrico Preziosi e Massimo Ferrero, che prima spingono sull’acceleratore votando si alla mozione Dazn salvo poi ripensarci, configurando il più classico dei dietrofront che si porta dietro anche Bologna, Sassuolo, Roma e Spezia. Per il presidente della Sampdoria Ferrero “così si fa un regalo a Dazn senza ottenere nulla in cambio”. Il voto sconfessato da Ferrero a poco più di venti minuti dall’approvazione, fotografa l’immagine di una Serie A profondamente divisa sulla questione “spezzatino”, tanto che la fronda dei ripensamenti coinvolge tutti i club del massimo campionato, con le sole eccezioni di Juventus, Napoli, Lazio e Salernitana.
Il motivo della clamorosa retromarcia è presto spiegato: evitando le sovrapposizioni delle partite e dando la possibilità ai tifosi di guardare tutte le gare, l’obiettivo è far aumentare la visibilità delle squadre in termini di audience, dando a tutti i club (e ai loro sponsor) l’occasione di essere seguiti per tutti i 90 minuti delle gare. Un meccanismo che secondo i “presidenti ribelli” deve portare vantaggio a tutti e non solo a Dazn, che poco più di un mese fa ha strappato l’esclusiva sui diritti tv della Serie A a Sky, siglando il più importante accordo di streaming sportivo mai realizzato in Europa (840 milioni di euro).
Tutto rimandato alla prossima settimana, dunque, quando i 20 club si incontreranno in seconda convocazione. Sullo sfondo, sette giorni di fuoco che potrebbero condurre a un tesoretto di ulteriori 20 milioni di euro per le casse delle squadre. Ma anche alla morte definitiva della contemporaneità del calcio per come lo abbiamo sempre conosciuto.