L’Europa guadagna maggiore credibilità rispetto agli Usa, è il primo attore globale ad aver definito piani concreti per la riduzione delle emissioni nette di gas serra. Il potere dell’Ue sul clima riguarda la capacità di realizzare il cambiamento attraverso le interazioni con altri paesi, ad esempio, attraverso strumenti quali il CBAM. Tuttavia, il contributo diretto alle emissioni globali è solo l’8%; di conseguenza le istituzioni nazionali devono guardare all’esterno se vogliono guidare una transizione verso lo zero netto. L’UE ha l’opportunità di spingere altre potenze ad attuare gli impegni assunti sul clima. Ciò accelererà i progressi sia verso un vero Big Green Deal sia verso una strategia globale a lungo termine per trasformare l’economia mondiale; ed entrambi gli sforzi sono necessari se si vuole che lo zero netto globale diventi una possibilità realistica. Altrettanto essenziale è utilizzare l’iniziativa Global Gateway per rafforzare la dimensione esterna del Green Deal. Infatti, potrebbe destinare le proprie risorse e competenze a fornire una vera alternativa agli investimenti cinesi della Belt and Road. «Vogliamo investimenti in infrastrutture di qualità, che colleghino beni, persone e servizi. Seguiremo un’impostazione basata sui valori. Vogliamo creare legami, non dipendenze» Afferma Ursula Von der Leyen. Il CBAM però rischia di minare questi sforzi, in particolare in Africa, le cui industrie leader soffriranno come conseguenza del provvedimento; a meno che non aumenti il suo sostegno finanziario e politico alle transizioni verdi di questi paesi. «Investiremo con l’Africa per creare un mercato dell’idrogeno verde che colleghi le due sponde del Mediterraneo. Collegheremo le istituzioni e gli investimenti, le banche e la comunità imprenditoriale» dice la Presidentessa. Gli investimenti del gigante asiatico non hanno portato a un boom economico in stile orientale in nessun paese africano, e questo crea l’opportunità di colmare il divario con la Cina nel continente. Tale intervento riguarderebbe l’inverdimento delle industrie pesanti e lo sviluppo di nuovi settori economici climate-friendly. Ursula Von der Leyen ha sottolineato che bisogna diventare più intelligenti quando si tratta di questo tipo di investimenti, aggiungendo che “Diventare intelligenti” vuol dire investire in una produzione a valore aggiunto. Se l’UE vuole creare corridoi commerciali che modellano l’architettura del commercio globale, dovrà associare grandi investimenti nelle infrastrutture portuali e ferroviarie a una base industriale integrata nelle catene del valore manifatturiere. Ha inoltre affermato la necessità di «sviluppare nuovi progetti di investimento su tecnologie verdi e digitali». Tali relazioni hanno un enorme potenziale per sviluppare economie di scala e integrare le catene del valore. Anche per quanto riguarda le monarchie del golfo l’influenza europea è in crescita. Infatti, questi Paesi intravedono opportunità economiche e politiche nell’abbracciare la transizione energetica, come dimostra l’impegno dell’Arabia Saudita verso l’obiettivo delle zero emissioni. Il principe Mohammed ha affermato che il regno mira a raggiungere lo zero netto entro il 2060. L’interconnessione elettrica e l’idrogeno verde rappresentano i fronti più promettenti di cooperazione tra le parti in materia di energia pulita. Queste nazioni, essendo grandi esportatori di emissioni, hanno un elevato potenziale per accelerare la transizione verde. Sviluppando una strategia per adattare la propria politica estera, l’UE può promuovere i suoi interessi climatici, economici e geopolitici nel Golfo. Potendo anche sostituire gli Stati Uniti come nazione di riferimento.
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