domenica, 3 Novembre 2024

CVC, IL VENTURE CAPITAL CHE HA FINANZIATO IL VOLLEY

Un volume d’affari pari a 52 miliardi di dollari tra mercato europeo ed asiatico, con una capacità di investimento che arriva a toccare i 109 miliardi. Sono i numeri di CVC Capital Partners, la società finanziaria britannica specializzata in private equity in vari settori, tra cui beni di consumo, servizi finanziari, telecomunicazioni e il farmaceutico. 

Il venture capital conosce bene il nostro Paese: è stato storico il finanziamento a Cerved, il più grande database di informazioni economiche e finanziarie sulle imprese italiane nel gennaio 2013, per 1,13 miliardi di euro. Ma non solo. Tra le ultime aziende che hanno beneficiato dei suoi fondi vanno citati Sisal, Pasubio e Recordati prima dell’approdo nel mondo dello sport con il finanziamento alla Lega Volley per 30 milioni di euro. Un accordo storico tra la SuperLega Credem e il fondo britannico che a lungo aveva corteggiato anche la Serie A. Cvc aveva già raggiunto lo scorso febbraio un accordo preliminare con la Fivb, la Federazione internazionale di pallavolo, che ha portato alla nascita di Volleyball World, il Netflix della pallavolo. Una partnership da 300 milioni di dollari, pari a oltre 246 milioni di euro, per la creazione di una media company chiamata a valorizzare i diritti dei principali eventi del volley, ma che punta ad allargare il proprio raggio d’azione attraverso accordi con le singole leghe e federazioni. 

Una boccata d’ossigeno al termine di un’annata disastrosa in termini di ricavi da botteghino che ha gravato sull’intero sistema. Nella stagione 2018/19, la SuperLega maschile ha registrato 5,4 milioni di ricavi dalla biglietteria per le gare di regular season (circa 3,8 milioni), per i play-off (1,2 milioni) e per le coppe (400mila euro tra Coppa Italia e Supercoppa). Quest’anno, invece, il ticketing è valso meno di 250mila euro, col campionato che dall’ottava giornata del girone d’andata non ha più visto uno spettatore pagante sugli spalti. Ma come avviene la scelta di finanziamento da parte di un private equity? I parametri che il venture capital pone come imprenscindibili sono la dimensione e la profittabilità: sono circa un migliaio tra le realtà delle PMI italiane, che secondo le stime della società finanziaria possono avere un Ebitda dai 30 ai 40 milioni in su. Con un minimo comune denominatore: evitare i settori altamente ciclici. 

Gli investimenti in private equity, infatti, raggruppano un ampio spettro di operazioni, in funzione sia della fase nel ciclo di vita aziendale che l’azienda target attraversa durante l’operazione di private equity, sia della tecnica di investimento usata. Emblematico l’aiuto teso a Sisal nel 2016: l’azienda italiana operante nei settori del gioco e dei servizi di pagamento ha beneficiato di un miliardo di euro ed oggi è cresciuta, rimodellando il proprio perimetro di business attraverso un periodo di difficili condizioni macroeconomiche e di incertezza normativa. Ma non solo. Il player finanziario internazionale è pronto a portare Sisal sul listino di Milano, con la quotazione a Piazza Affari prevista entro il primo trimestre del prossimo anno. Tra scetticismo e come sostengono diversi, mancanza di mentalità manageriale, l’ingresso dei fondi del private equity viene letto più come supporto strategico all’introduzione di nuovi approcci più funzionali piuttosto che come un demolire l’istinto imprenditoriale. Una necessità imposta dalla mancanza di liquidità che ha invaso anche il mondo dello sport, da anni in balia di una emorragia finanziaria difficile da arrestare e che impone una seria riflessione sul futuro dello sport globale, che passa necessariamente, attraverso il ripensamento del suo modello di business, soprattutto alla luce dalla troppa dipendenza da sponsorizzazioni e finanze che continuano a registrare segni negativi. ©

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