giovedì, 25 Aprile 2024

I RETROSCENA DELL’AFFARE TELECOM: ARRIVANO GLI AMERICANI DI KKR, SARA’ GOLDEN POWER?

Improvviso risveglio di Telecom Italia in borsa, con il titolo tornato sui livelli di fine febbraio 2020 (prima del crollo dei mercati causato dal Covid-19), grazie all’irruzione di KKR. Il gruppo di private equity americano ha infatti manifestato il proprio interesse per il gruppo telefonico dichiarando di essere disposto a lanciare un’offerta pubblica di acquisto sul 100% del capitale. KKR ha qualificato la manifestazione d’interesse come amichevole, non vincolante e al prezzo indicativo di 0,5050 euro per azione, circa il 45% in più rispetto alla quotazione precedente la notizia.

L’atteggiamento di KKR presuppone quindi la ricerca del consenso dei soci di riferimento. I segnali arrivati da Vivendi, principale azionista di Telecom con il 23,9%, sono stati sin dall’inizio poco incoraggianti in questo senso. I francesi hanno infatti in carico le azioni Telecom a 0,83 euro (già svalutate da 1,07), pertanto cedere i titoli al prezzo dell’ipotetica offerta KKR si risolverebbe in un’ulteriore pesante minusvalenza. Secondo Bloomberg, KKR ha immediatamente capito l’antifona e ha iniziato a prendere in considerazione l’ipotesi di incrementare il prezzo offerto fino a 0,90 euro, se necessario per convincere Vivendi. A 0,90 euro per azione l’esborso sarebbe vicino ai 20 miliardi di euro, una cifra non indifferente anche per un colosso come KKR: che infatti secondo indiscrezioni si è cautelato con un impegno di JP Morgan a fornirgli credito per 45 miliardi di dollari (circa 40 miliardi di euro).

VERSO IL GOLDEN POWER – Ma anche la maxi-liquidità di cui disporrebbe KKR potrebbe non bastare. Perché nel rebus-Telecom non si parla solo di soldi ma anche del controllo di un’infrastruttura essenziale per il Paese come la rete di telecomunicazione. Il ruolo del governo diventa infatti centrale in quanto reti e relativi impianti rientrano tra quelli di rilevanza strategica e, quindi, potenzialmente oggetto di intervento nell’ambito della disciplina del golden power. In un primo momento sembrava che da Palazzo Chigi fosse arrivato un ok informale a KKR a proseguire le interlocuzioni con Telecom e azionisti anche se l’esecutivo preferirebbe una collaborazione tra gli attuali soci di riferimento Vivendi e CDP (secondo azionista con il 5%) per lo sviluppo della rete. CDP ha il 60% di Open Fiber, il gruppo che alla fine della scorsa settimana ha varato il piano industriale 2022-2031 con l’obiettivo di copertura in fibra ottica dell’intero territorio nazionale. Vivendi ha subito colto la palla al balzo: un portavoce del gruppo francese ha aperto all’ipotesi di controllo statale della rete, ma pur sempre nell’ottica della preservazione del proprio investimento.

La questione della rete unica nazionale resta infatti sul tavolo. Al momento Telecom e Open Fiber proseguono con la posa della fibra ma se la realizzazione dell’infrastruttura avvenisse sotto un’unica regia il costo complessivo sarebbe inferiore. Fin qui l’ostacolo maggiore alla rete unica era stato il “no” di Telecom alla perdita del controllo della rete. Ma nel muro si stavano creando delle crepe: già qualche settimana fa l’ex a.d. Luigi Gubitosi (dimessosi alla fine della scorsa ottava e che secondo indiscrezioni starebbe trattando una buonuscita multimilionaria) aveva aperto alla possibilità che Telecom scendesse sotto il 50% della newco della rete unica. L’uscita allo scoperto di Vivendi potrebbe quindi aprire definitivamente le porte all’integrazione di Fibercop (la società che raggruppa la rete in fibra e quella secondaria di Telecom, di cui KKR ha il 37,5%) e Open Fiber.

PORTE CHIUSE PER KKR? – Il gruppo USA non sembra intenzionato a mollare tanto facilmente. Lunedì il cda di Telecom ha selezionato Goldman Sachs e LionTree come advisor finanziari per la valutazione della manifestazione d’interesse di KKR e anche, si legge nel comunicato diffuso dopo la riunione del board, delle “possibili alternative strategiche per la miglior valorizzazione e/o sviluppo del gruppo e dei suoi asset nell’interesse della Società, dei suoi azionisti e stakeholder”. Telecom intende quindi seguire entrambe le piste: accordo Vivendi-CDP e sviluppo della rete unica con integrazione Fibercop-Open Fiber, ed eventuale accettazione dell’offerta di KKR. Gli advisor di Telecom potrebbero non riuscire a inviare le valutazioni prima del cda del 17 dicembre: in tal caso il giudizio del board sull’offerta slitterebbe probabilmente a inizio 2022. Sembra invece scontato che il cda decida di rivedere al ribasso le stime 2021 per tener conto dei ricavi inferiori al previsto derivanti dell’accordo con DAZN: si tratterebbe del terzo warning.

KKR secondo indiscrezioni si avvarrà del supporto di JP Morgan, Morgan Stanley e Citigroup, ma si parla anche di un incarico ad Andrea Zoppini, docente di Diritto Civile all’Università degli Studi di Roma Tre e ritenuto vicino al governo. Si ipotizza pure l’ingaggio di un advisor italiano per non lasciare nulla di intentato. In secondo piano, ma non da scartare a priori, anche la possibilità dell’intervento di un altro big del private equity, in consorzio con KKR o con un’offerta concorrente: questa seconda ipotesi darebbe ulteriore spinta al prezzo delle azioni Telecom e potrebbe infine convincere Vivendi a mollare la presa. ©

Simone Ferradini

Twitter: @SimoneFerradini

LinkedIn: @SimoneFerradini