venerdì, 29 Marzo 2024

Rally prezzo gas al capolinea, ma solo fino all’autunno

Sommario

Improvviso rally del prezzo del gas in scia all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Le quotazioni non hanno però raggiunto i record visti in dicembre. Questo grazie al buon livello delle scorte e al fatto che l’inverno si avvia ormai verso la fine. Ma il problema degli approvvigionamenti potrebbe ripresentarsi in autunno a meno che non vengano individuate soluzioni alternative alle forniture russe.

LA RUSSIA INVADE L’UCRAINA: MATERIE PRIME IN FIBRILLAZIONE

La notizia dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia ha mandato in fibrillazione i mercati delle materie prime. Grande risalto mediatico per il rally del petrolio sui massimi dal 2014 sopra i 100 dollari/barile. Anche il gas ha accelerato al rialzo ma non abbastanza per superare il record di dicembre. Il future aprile Dutch TTF Gas quotato al mercato ICE – il riferimento per l’Europa – il 24 febbraio ha chiuso a 132,71 euro per megawatt contro i 132,90 del 22 dicembre. Si tratta di una circostanza sorprendente dato che le importazioni di gas dalla Russia pesano per circa il 40% del fabbisogno dell’Unione Europea. Il conflitto e le conseguenti sanzioni decise dagli Stati dell’Unione – lo stop al gasdotto Nord Stream 2 è la principale in questo settore – avrebbero dovuto causare una reazione ben maggiore.

PREZZO GAS SOTTO CONTROLLO NONOSTANTE ESCALATION MILITARE

Il rally del gas è stato limitato dalla combinazione di alcuni fattori. Il primo è rappresentato dal fatto che l’inverno fin qui è stato relativamente mite, soprattutto in gennaio e febbraio, ovvero i mesi più freddi e quindi a maggior consumo di gas. Questo ha determinato una flessione della domanda rispetto agli ultimi anni. Il secondo è l’incremento delle importazioni dalla Norvegia e di LNG (gas liquefatto) che ha in parte compensato la flessione del gas proveniente dalla Russia. Il terzo è un fattore puramente stagionale. Siamo entrati nella parte finale dell’inverno e le scorte sono sufficienti per arrivare fino allo spegnimento degli impianti di riscaldamento. Pertanto, la domanda di gas da qui in poi non sarà rappresentata da acquisti per necessità impellenti ma solo da quelli riconducibili al processo di ricostituzione delle scorte in vista nel prossimo autunno-inverno. Anche gli acquisti speculativi basati sull’emotività dell’escalation militare dovrebbero quindi avere vita breve.

RUSSIA NON È PIÙ FORNITORE AFFIDABILE DI GAS

Ben diversa potrebbe essere la situazione dopo l’estate se la crisi Russia-Ucraina non dovesse risolversi per il meglio, ovvero se non ci fosse il ritorno alla normalità delle importazioni da oltre cortina. Anche in caso di esito positivo è difficile ipotizzare che la Russia di Putin possa tornare a essere una controparte affidabile per approvvigionamenti essenziali come quelli di gas. L’Europa dovrà pertanto diversificare le forniture e quindi ripensare anche gli investimenti in infrastrutture. Al momento il gasdotto Nord Stream 2 – realizzato per raddoppiare le importazioni dalla Russia verso la Germania e costato ben 11 miliardi di euro – sembra un progetto fallito ancor prima di entrare in finzione.

Il cancelliere Scholz ha dichiarato che verranno realizzati due terminal LNG ma servono circa quattro anni per realizzarne uno. L’Italia dispone di tre terminal, la Spagna ne ha sei, quattro quelli francesi. Oltre alle infrastrutture occorre però avere rifornimenti di gas da riportare allo stato gassoso e non è una cosa semplice. Con l’acuirsi della crisi Russia-Ucraina e il balzo del prezzo del gas, gli Stati Uniti sono intervenuti dirottando alcune navi LNG verso l’Europa e sollecitando il Giappone a fare altrettanto. Si tratta però di interventi una tantum, utili solo a mettere una toppa momentanea.

TEMPI LUNGHI PER TROVARE NUOVI APPROVVIGIONAMENTI

L’Europa deve trovare nuovi fornitori. Il Qatar potrebbe essere l’interlocutore giusto: è il quinto produttore al Mondo di gas – il terzo per riserve – ed è interessato ad ampliare il ventaglio di clienti. Il problema è che gran parte della sua produzione è vincolata da contratti a lungo termine con Cina, India, Sud Corea e Giappone. Al momento solo un 10-15 per cento del gas qatariota può essere indirizzato verso il Vecchio Continente. Parliamo di 18-25 miliardi di metri cubi di gas, ovvero l’8% delle importazioni necessarie, nel caso migliore. L’alternativa più percorribile nell’immediato sembra essere l’incremento delle forniture dalla Norvegia e dall’Algeria tramite i gasdotti esistenti. Ma anche questi canali non saranno in grado di compensare l’eventuale mancato ritorno sui livelli degli anni scorsi delle importazioni di gas russo. In sintesi: per il momento il rischio di ulteriori rialzi del prezzo del gas sembra scongiurato ma già alla fine della prossima estate il mercato potrebbe tornare in fibrillazione.©

Simone Ferradini

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Foto: shahidawan da pixabay