giovedì, 25 Aprile 2024

Italia: tecnologie 4.0 danno una scossa e rilanciano l’economia del Paese

Italia

Dai droni alla telemedicina, in Italia il mondo tech risveglia e dà una forte spinta a tutti i settori. I numeri parlano chiaro: il mercato dell’agricoltura 4.0 è aumentano negli ultimi anni del 440% (toccando i 540 milioni di euro) e quest’anno il budget che le imprese destineranno per l’ICT aumenterà in media del 4,23% (+3,3% piccole imprese, +2,8% medie, +4,9% grandi e +4,3% grandissime). Ma il Belpaese come si sta attrezzando per questo “decennio digitale”? Crescono i giovani affascinati dall’agricoltura 4.0. Nella sola area di Milano, Lodi, Monza e Brianza sono 1.500 le imprese e le startup che operano nel settore agroalimentare guidate da young entrepreneurs registrate nel 2021, con un organico complessivo di quasi 3 mila addetti. In crescita dell’1% rispetto all’anno precedente e del 9% nell’ultimo quinquennio. «I trend su cui i giovani “agricoltori” stanno puntando sono l’economia circolare, la lotta agli sprechi, la razionalizzazione delle risorse e il risparmio energetico», spiega Nunzio Panzarella, del Consiglio di Presidenza ANGI (Associazione Nazionale Giovano Innovatori). «In una parola: la sostenibilità. Per far ciò si ricorre sempre più all’utilizzo di big data per razionalizzare la produzione attraverso l’uso di mappe satellitari per monitorare gli spazi coltivati, e micro-sensori per valutare in tempo reale lo stato di salute delle coltivazioni. In particolare, la raccolta di dati informativi, secondo uno studio del Politecnico di Milano, rappresenta il 28% delle soluzioni digitali nelle aziende agroalimentari italiane». Numeri che fanno delle startup innovative in ambito agroalimentare il 14% del complessivo italiano.

L’introduzione della tecnologia in almeno il 75% delle imprese dell’UE, con ampio impiego di cloud, IA e Big Data e il raddoppio delle start up tecnologiche con una capitalizzazione di almeno un miliardo di dollari. Questi alcuni dei pilastri fondamentali del programma europeo “Decennio digitale”. Una vera e propria rivoluzione tecnologica che prevede anche 20 milioni in più di specialisti in ICT, convergenza di genere e competenze digitali di base estese ad almeno l’80% della popolazione dell’Unione europea.

In Italia ci sono 564 realtà innovative nel Fintech e Insurtech. Al Sud, c’è la percentuale più bassa per numeri di realtà presenti (10% contro il 69% del Nord). Quanto e come bisogna investire per recuperare il gap e a cosa sono dovute queste carenze?

«La finanza tecnologica, così come il settore assicurativo, rappresentano il presente, non ancora il futuro. Il Meridione, anche per via della conformazione economica e produttiva, è stato sinora meno sensibile rispetto alla macroregione Nord, però ci sono diversi segnali positivi. Nel 2020 la crescita esponenziale di BorsadelCredito.it in termini di erogato è stata determinata in buona parte dallo sviluppo del Sud. Con il Covid, a partire da marzo 2020, la produzione è triplicata, un po’ grazie alle garanzie statali sui prestiti che ci hanno consentito di aumentare il rischio e un po’ perché le aziende avevano bisogno di liquidità e quindi hanno “rischiato” rivolgendosi a un soggetto fintech, che appariva oscuro in quanto sconosciuto. Al Sud, la domanda di fintech arriva da imprese che sempre più vengono indirizzate dai consulenti verso forme di finanziamento alternativo, perché in banca, per ragioni slegate dalla solidità finanziaria, non riescono a ottenere credito».

Il mercato dei droni nel mondo aumenta vertiginosamente. Sono 334 le startup a livello globale e 1 miliardo di dollari i finanziamenti ricevuti. Il 43% delle aziende afferma che nei prossimi anni sempre più imprese investiranno sui droni come possibile soluzione per garantire continuità operativa durante situazioni di emergenza. In che modo si evolverà il mercato e quali saranno i settori maggiormente interessati?

«I droni rappresentano un mercato in perenne crescita (nel 2020 in Italia ha toccato i 73 milioni) e costituiscono un interessante modello di innovazione, che trova moltissime applicazioni in ispezioni e sopralluoghi (il 30% dell’impiego dei droni avviene proprio per questo), seguito da trasporto (26%) e sicurezza (17%). Più nel dettaglio, per quanto concerne l’ambito dei sopralluoghi, vengono utilizzati per la manutenzione di siti di raffinazione nel comparto oil & gas. Mi spiego meglio con un esempio: da anni Shell utilizza i droni per l’ispezione delle raffinerie di petrolio e gas. L’obiettivo del programma droni di Shell è semplice: sfruttare la mobilità e la prospettiva fornite dai droni ed evitare rischi per il personale fino a quando non si presenta una necessità impellente. Sono i droni a fotografare le condizioni degli impianti e, solo se indispensabile, i manutentori intervengono. Anche in Sicilia, nella zona di Priolo Gargallo, sono stati condotti degli studi per applicare la stessa tecnologia agli impianti di raffinazione che vedono nell’area orientale dell’isola operare grossi gruppi come Lukoil».

Il 12% dei pazienti usa il fascicolo sanitario elettronico per accedere a referti, ricette elettroniche e certificati vaccinali. Numeri bassi. Tra i punti critici dell’m-health, insufficienti investimenti tecnologici, tra cui spiccano la lentezza di connessione e la carenza di interoperabilità con i sistemi informativi del mondo sanitario. Dove bisogna investire per creare un modello virtuoso?

«Il Covid-19 è stata uno stimolo per la partenza di una serie di progetti sulla telemedicina su tutto il territorio nazionale. Sicuramente bisogna rafforzare le partnership pubblico-private per creare contaminazioni positive. Anche qui dei modelli virtuosi vengono proprio dal Sud: la Regione Calabria in collaborazione con il Policlinico Gemelli, si è data come obiettivo quello di alleggerire la pressione sulla rete ospedaliera attraverso le dimissioni e una successiva assistenza domiciliare ad hoc per i pazienti Covid meno gravi. Andiamo ancora più a Sud, a Palermo, dove per la sperimentazione della telemedicina, l’Ordine dei Medici, è pronto a mettere in campo i test per CheckMed, sistema sviluppato da Innova, una startup messinese, che potrà essere acquistato nelle farmacie e nei supermercati da giugno: presentato a Las Vegas, è una soluzione che attraverso un dispositivo Iot è in grado di ricevere e trasferire dati online in tempo reale, rendendo i sistemi sanitari più efficaci e sostenibili».

Il mercato della cybersecurity nel post pandemia in Italia è cambiato. Per il 54% delle aziende è stata un’occasione positiva per investire in tecnologie e/o aumentare la sensibilità dei dipendenti aziendali. Come si evolverà nei prossimi anni?

«Il mercato italiano della sicurezza informatica è cresciuto notevolmente: il comparto nel nostro Paese ha raggiunto, nel 2021, il valore di 1,55 miliardi di euro (+13% rispetto al 2020). Il 60% di grandi organizzazioni aziendali ha previsto un aumento del budget destinato alle attività di cybersecurity. Il rapporto tra la spesa per la difesa dei cyber attacchi e Pil resta però limitata (0,08%), all’ultimo posto tra i Paesi del G7. Certo, se l’interesse delle imprese su questo tema è ai massimi storici è dipeso anche dalla moral suasion delle istituzioni, che hanno introdotto importanti misure in questo ambito. Il PNRR prevede nella Missione 1 investimenti per 623 milioni di euro in presidi e competenze di sicurezza informatica nella PA, e nella Missione 4 ulteriori fondi per la ricerca e la creazione di partenariati su temi innovativi, tra cui la cybersecurity. Il 17% delle imprese ha già dichiarato la volontà di collaborare con l’Agenzia per la Cybersicurezza Nazionale (ACN), più di metà (53%) è in attesa di linee guida e indicazioni, un ulteriore 22% vuole approfondire meglio il ruolo dell’organismo nell’ottica di individuare opportunità future. Andando a ciò che nell’immediato possono fare le aziende, specie quelle più piccole, di sicuro accrescere la consapevolezza dei dipendenti sulle minacce informatiche così come creare dei corsi di formazione per sensibilizzare il personale sui comportamenti da adottare, spesso piccoli accorgimenti che però possono preservare i dati di una azienda».

Sono 1.808 le startup internazionali che perseguono uno o più obiettivi di sviluppo sostenibili inclusi nell’agenda 2030. Qual è il quadro italiano? Il nostro Paese sta andando a passo veloce sul tema? A proposito di sostenibilità e startup, quali sono i benefici del Next Generation EU?

«In Italia è circa l’1% delle startup ad avere obiettivi in linea con quelli dell’Agenda 2030: si tratta di 130 realtà su 13.473 totali (dati di febbraio 2021). Andando alla distribuzione geografica, in testa troviamo la Lombardia con 35 realtà, a seguire la Toscana e l’Emilia-Romagna entrambe con 13 realtà. Nel solo 2020 sono stati raccolti 40 milioni di euro per startup ad impatto sociale. Il Next Generation EU dovrebbe velocizzare il tutto, anche se la crisi energetica e l’instabilità politica dettata dalla guerra in Ucraina hanno un po’ destabilizzato l’attuazione del PNRR, con un Governo che deve fare fronte a delle emergenze inaspettate».