mercoledì, 24 Aprile 2024

Bancari sull’ottovolante, tra crisi di governo e iniziative BCE

Sommario
ZargonDesign via Canva.com

Titoli bancari italiani sotto pressione. Gli avvenimenti delle ultime settimane all’interno delle istituzioni italiane – crisi di governo, dimissioni Draghi ed elezioni anticipate – hanno spinto gli investitori esteri ad alleggerire le posizioni sul comparto. Pronti però a rimpolparle rapidamente a ogni accenno di possibile riassetto favorevole dello scenario politico.

L’esposizione dei bancari al rischio-Italia

Non c’è da stupirsi o vaneggiare di complotti internazionali: molto semplicemente, quasi il 30% del debito pubblico italiano è in mano ai non residenti. Questi ultimi non comprano BTP per farci un favore ma perché lo ritengono opportuno in base a un calcolo rischio/rendimento. Quando l’Italia viene percepita meno affidabile, gli istituzionali esteri alleggeriscono le posizioni sulle obbligazioni italiane e in automatico sui bancari. Questo per due motivi: le banche tricolori operano principalmente in Italia e hanno i bilanci imbottiti di BTP. Nell’ultimo mese lo spread BTP-Bund è salito di circa 50 bp, l’indice FTSE Italia Banche è arrivato a perdere oltre il 10%, contro il -5% del FTSE Italia All-Share e il -8% dell’EURO STOXX Banks. I dati si commentano da soli: l’aumento del rischio-Italia genera un marcato ribasso delle azioni bancarie italiane.

La BCE e il ricalcolo dei dividendi

Oltre a fattori di matrice puramente interna, sui titoli del comparto si sono abbattute anche turbolenze di altro tipo. A fine giugno, intervenendo in audizione alla Commissione affari economici al Parlamento Europeo, il presidente del Consiglio di Vigilanza della BCE Andrea Enria ha affermato che verrà proposto alle banche di «ricalcolare le traiettorie del capitale» ipotizzando uno scenario macroeconomico in peggioramento. In particolare da Francoforte si chiede di inserire la possibilità di recessione e/o di embargo sul gas e rivedere i piani di distribuzione. In termini più diretti: potrebbe essere opportuno tagliare i dividendi. Il deterioramento dello scenario macro rischia di mettere sotto pressione i ratio patrimoniali, rendendo pertanto consigliabile utilizzare i profitti per rafforzare il capitale. Ovviamente si tratta di una prospettiva molto penalizzante per le azioni dalle banche.

L’ipotesi di stop agli extra-profitti bancari

Sempre dalla BCE arriva un’altra potenziale minaccia per gli istituti di credito. A inizio mese il Financial Times ha scritto dell’ipotesi di attivazione di strumenti per limitare i profitti che le banche stanno realizzando grazie alla risalita dei tassi di interesse sui finanziamenti da essi erogati a imprese e individui. Questo a fronte di fondi raccolti a tassi negativi grazie alle operazioni speciali della BCE, le TLTRO III (Targeted Longer Term Refinancing Operations). Si tratta di ben 2200 miliardi di euro di fondi erogati dall’Eurotower e potrebbero generare tra 4 e 24 miliardi di extra profitti entro dicembre 2024 – data di scadenza dell’ultima operazione TLTRO – secondo le stime di Morgan Stanley.

La BCE potrebbe cambiare le condizioni e obbligare le banche a mantenere i fondi in depositi presso la Banca centrale: ma il recente maxi-incremento dei tassi – 50 bp e altri seguiranno – potrebbe restituire alle banche parte dei profitti. Inoltre un aumento dei tassi da 200 bp spingerebbe al rialzo del 18% il margine di interesse delle banche europee rispetto ai livelli del 2021 – secondo un report di S&P Global Ratings – con quelle britanniche e italiane in prima fila. Insomma il rialzo dei tassi innescato dalla BCE finirebbe comunque per favorire i bilanci degli istituti.

Lo strumento TPI per ridurre lo spread

La BCE ha già preso alcune iniziative concrete. Nella riunione che ha deciso l’incremento dei tassi, è stata annunciata l’istituzione del Transmission Protection Instrument (TPI). Si tratta dello strumento anti-frammentazione dei mercati obbligazionari dei Paesi dell’eurozona di cui si vociferava da tempo. Il timore della BCE è che gli spread dei paesi del sud Europa – in primis l’Italia – salgano a livelli non coerenti con i fondamentali. Perché dovrebbe accadere questo? Per effetto delle turbolenze create dalla guerra in Ucraina e dal corollario di sanzioni contro la Russia e dalle ritorsioni di Mosca su petrolio, gas e generi alimentari. Grazie al TPI verranno effettuati acquisti sul mercato secondario di obbligazioni pubbliche – e anche private se ritenuto opportuno – con durata residua tra uno e dieci anni, senza limiti quantitativi prefissati.

L’annuncio del TPI ha avuto effetti immediati. Il rendimento del Bund a 10 anni è passato dall’1,37% all’attuale 0,89%, mentre quello del BTP è sceso dal 3,75% al 3,32% attuale. Lo spread BTP-Bund invece è rimasto stabile sui 245 punti: l’obiettivo del TPI in pratica non si è mosso. Vero è che l’annuncio del TPI è coinciso con la crisi di governo e le dimissioni di Mario Draghi, notizia che ha impattato negativamente sull’obbligazionario Italia depotenziando l’effetto dell’iniziativa della BCE. Una verifica dell’efficacia del TPI è quindi rimandata al momento in cui verrà effettivamente utilizzato. ©

Simone Ferradini

Twitter: @SimoneFerradini

LinkedIn: @SimoneFerradini

📷 ©ZargonDesign via Canva.com