venerdì, 26 Aprile 2024

Settore fieristico: al Sud non “vola”. Ma quanto vale il comparto in Italia?

DiMario Catalano

1 Settembre 2022
fieristico

Il settore fieristico al Sud Italia non spicca il volo. La causa è da ricercare nelle carenti infrastrutture. Il comparto ha un ruolo molto importante nello sviluppo dei territori. In Italia vale 22,5 miliardi di euro l’anno con un valore aggiunto stimato in 10,6 miliardi, pari allo 0,7% del PIL. Nel Belpaese le rassegne internazionali sono localizzate soprattutto al Nord. Ai primi tre posti troviamo Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto. Ma come mai sul podio è assente il Centro-Sud? «Nelle prime tre Regioni c’è la maggiore concentrazione di manifattura di filiere produttive e quello che riguarda i nostri prodotti di eccellenza», dice Massimo Goldoni, Presidente di CFI (Comitato Fiere Industria) Confindustria.

«La pandemia e il conflitto tra Mosca e Kiev ha messo in risalto il bisogno di una maggiore velocità di interazione, in particolare su trasporti, logistica e servizi. Le fiere sono uno strumento indispensabile di politica industriale e di sistema Paese»

Che cosa manca al comparto?

«C’è bisogno di un business plan, una strategia che possa massimizzare la nostra caratteristica unica che non ha nessun’altro Paese (dal punto di vista morfologico e paesaggistico). In altri Stati sono presenti quartieri dotati di grandi infrastrutture a differenza delle città del Sud, che bisogna metterle a sistema. Al Sud si può puntare su diversi settori come il food, il wine & beverage e il turismo. Tutto ciò sarebbe fattibile se ci fossero degli ottimi collegamenti, con dei servizi adeguati e piani operativi al passo con i tempi attuali».

A settembre ripartono le fiere: quanto inciderà l’inflazione?

«Questo è un altro degli aspetti che preoccupa il sistema sotto tutti i punti di vista. A pagarne le conseguenze è soprattutto la parte reddituale. È un fattore che aggrava ulteriormente l’attuale situazione che stiamo vivendo. Oggi è difficile calendarizzare le manifestazioni, trovare i collaboratori e gli allestitori. Abbiamo bisogno di consolidare e ripartire con slancio. Uno sforzo che devono mettere in atto tutti i protagonisti del settore, cercando di avere meno contraccolpi possibili».

L’Italia ha una superficie espositiva coperta che la posiziona al secondo posto in Europa e quarto al livello mondiale. Aumenterà?

«Sì. Sicuramente il nostro mondo fieristico si è reso conto della necessità di adeguarsi anche a livello strutturale di asset a una richiesta e a una proposta fieristica in grande evoluzione, specialmente in Paesi e continenti che sono al di fuori del contesto europeo (nel quale siamo secondi solo alla Germania, che ha dotazioni strutturali e infrastrutturali particolarmente voluminose). Bisogna ragionare sulle azioni da mettere in campo per aumentare il volume degli eventi. Mi riferisco, soprattutto, ai maggiori poli fieristici che andranno a implementare la loro dotazione con padiglioni più grandi ed efficienti, puntando sull’intermodalità».

Il numero di visitatori nelle manifestazioni italiane è stimato in 20 milioni (quelli stranieri 1 milione e 300mila). I dati saranno destinati a crescere?

«Sì. Dal mio punto di vista sono buoni a livello quantitativo. In questi due anni pandemici è calato il numero di visitatori totali. Nonostante ciò, è cresciuta anche in modo evidente e tangibile la qualità di coloro che hanno partecipato alle nostre manifestazioni. Credo che il lavoro svolto in questo periodo con il Patto per l’Export, le risorse stanziate per l’internazionalizzazione e il supporto di una regia istituzionale per le attività di incoming e outcoming sia un valore molto importante. È qui che si deve continuare a lavorare, perché sono convinto che la qualità dei visitatori stranieri possa essere sempre più elevata».

Nel 2019 in Cina si è svolto il maggior numero di fiere italiane. Quanto incideranno i lockdown?

«Anche qui è tutto in divenire. Affrontiamo qualcosa che non potevamo, in nessun modo, conoscere e prevedere. Un evento che ha avuto un’evoluzione isterica, nel senso che ci sono stati momenti dove la contagiosità è aumentata con le aperture. Una cosa è certa: tutto questo ci ha insegnato e messo in condizione di fare un’attività incredibile dal punto di vista di protocolli di sicurezza. È il caso delle fiere professionali, dove il pubblico si registra in anticipo. Questo ci ha insegnato a muoverci in modo molto rapido ed efficace. Tant’è vero che molti quartieri fieristici sono stati il punto di riferimento di vaccinazioni. Quello che noi adesso ci auguriamo è che la difficoltà iniziale, durante la quale non si conoscevano le conseguenze e la dinamica di queste cose, sia andata via via normalizzando. Gli eventi fieristici hanno avuto un loro modus operandi che ha dimostrato di essere molto efficace. Nei prossimi anni saranno adottati sistemi sempre migliori per quanto riguarda il controllo delle affluenze, la tracciabilità di percorso e di visita, tutti strumenti a favore della salvaguardia dei visitatori».

Quanto è importante avere una buona formazione delle risorse umane che lavorano nel settore fieristico?

«In generale è fondamentale, ma vale ancor di più per il settore fieristico. Conta molto l’indirizzo che si vuole dare agli operatori del settore, cominciando dalla parte più di vertice della piramide, come gli operatori di servizio o di quartiere fieristico. Siamo in continua evoluzione ed è evidente la crescita, in modo ormai insostituibile, di alcune tencologie. Alcune problematiche vanno affrontate con la professionalità del caso. Abbiamo deciso di realizzare una cabina di regia sulla formazione delle risorse. Un modo per mettere a sistema le competenze e le esigenze delle varie anime che ci sono dentro a questo comparto».

Quanto può incidere la certificazione di una fiera per aumentare la competitività?

«È finita l’era dei numeri sparati a caso che servivano a dare una patente di capacità e competitività. Si deve lavorare sulle cose empiriche, che hanno un’evidenza. E in questo senso si sono fatti passi avanti. Noi stiamo lavorando affinché la certificazione venga inserita, come accade già in alcune Regioni, come una necessità non più rinviabile e che abbia una sua valutazione in termini di premialità sull’attribuzione di risorse o il riconoscimento di alcuni aspetti. Stiamo lavorando e investendo energie per avere un unico sistema di rappresentanza. È stato un mio mantra da quando ho assunto l’incarico. Il mio obiettivo è mettere insieme tutte le anime del mondo fieristico, dai maggiori quartieri agli organizzatori professionali del settore agli operatori della certificazione. Penso che questo sia imprescindibile». ©

Mario Catalano

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