giovedì, 2 Maggio 2024

Biomedicale di Mirandola: la lotta ai rincari delle materie prime

Sommario

Festa dolceamara per il distretto biomedicale mirandolese. Le ferite del sisma dieci anni fa e della pandemia e della guerra adesso, si fanno ancora sentire. Un’eccellenza italiana, «seconda al mondo e prima in Europa» ricorda Alberto Nicolini, imprenditore ed editore del portale del distretto, che rappresenta «secondo i numeri resi noti, dall’1,5% al 2% dele PIL nazionale» continua. «Con circa 40 aziende che producono dispositivi medici e una sessantina legate alla catena di fornitura, parliamo di complessivamente 4500 addetti».

Un sistema di imprese sviluppato da sempre intorno a un approccio orientato alla cura del paziente e al dialogo con il personale ospedaliero, mentre gli altri settori industriali sono ovviamente customer-oriented. Ma dopo essere stato in prima linea durante il Covid-19, il distretto si trova oggi ad affrontare nuove sfide.

Che iniziative avete messo in campo per l’anniversario?

«Nessuna in particolare, ma c’è un motivo: in questi dieci anni dopo il sisma si è pensato a ricostruite le fabbriche, le scuole, le case. Per quel che riguarda invece l’edilizia pubblica di servizio e i luoghi di aggregazione siamo ancora un po’ indietro».

Qual è l’apporto del vostro distretto al territorio?

«La concentrazione territoriale è a Mirandola e dintorni. Qua si trovano stabilimenti ad alta specializzazione di multinazionali che hanno gli headquarters altrove nel mondo. Il legame con il territorio è forte e ha fatto sì che, in occasione del sisma, la nostra prima preoccupazione fosse evitare che le multinazionali spostassero le produzioni altrove. Posso dire con orgoglio, però, che mantenemmo le produzioni salvavita, proteggendo i pazienti che ne dipendevano».

Cos’è cambiato dopo il Covid-19 e quali sono le sfide del presente?

«La pandemia ha portato effetti pesanti, sia a livello produttivo sia psicologico. Per alcune aziende in particolare c’erano chiamate continue dagli ospedali che avevano finito i prodotti. Passate le ondate più devastanti, sono subentrate la carenza di materie prime e la crisi internazionale. La reazione è stata produrre semilavorati con cui riempire i magazzini, per evitare che si replicasse la situazione della prima ondata. Adesso siamo in una situazione assurda: alcune aziende che producono dispositivi per il Covid-19 fanno cassintegrazione perché hanno i magazzini pieni, ma la domanda è molto meno pressante di prima. Questo perché noi lavoriamo soprattutto per le terapie intensive, che adesso hanno bisogno in maniera meno pressante. In compenso, questi eventi hanno fatto venire fuori un’eccellenza italiana, cioè i caschi CPAP per la ventilazione non invasiva. Piovono richieste da tutto il mondo, tanto che stanno provando a copiarle ovunque».

Come state agendo per rilanciarvi?

«Grazie agli investimenti della Regione dopo il sisma, è stato realizzato un tecnopolo per la ricerca scientifica in collaborazione con l’università di Modena e Reggio e un ITS, cioè un Istituto Tecnico di Specializzazione, per formare operatori del biomedicale. L’obiettivo è continuare a essere attrattivi, anche perché il futuro del biomedicale italiano è fortemente caratterizzato da una continua innovazione. I concorrenti incombono. Devo dire che recentemente ci sono state acquisizioni importanti, tra cui un’espansione verso il settore farmaceutico. Questo indica che la nostra competenza negli ospedali interessa a livello internazionale anche per altri contesti».

Anche il supporto delle istituzioni è necessario…

Sì. La crisi attuale per noi colpisce anzitutto le materie prime, quindi tutta la parte plastica e la componentistica elettronica. Poi ci sono gli esborsi energetici, perché consumiamo energia in maniera consistente. Questo si traduce, da un lato, in un aumento dei costi, dall’altro, nell’introduzione del payback sulle forniture ospedaliere, ovvero una tassa sul fatturato delle forniture. Ma le forniture ospedaliere funzionano con appalti di lungo termine. Per questo, le aziende che riforniscono la sanità pubblica italiana hanno l’obbligo di mantenere i prezzi aggiudicati in base d’asta, con gare d’appalto fatte anni fa. E questo indipendentemente dagli aumenti di costi, imprevedibili all’epoca. Insomma, i prezzi sono fermi ad anni fa, i costi sono aumentati e in più dobbiamo restituire in parte al servizio sanitario nazionale».

E i fondi del PNRR?

«Al momento non è arrivato nulla. I fondi destinati alla sanità vanno prevalentemente alle strutture ospedaliere, alle infrastrutture tecniche e anche alla costruzione o all’ammodernamento di ospedali. Impattano il nostro distretto solo in parte, nel senso che i consumi di dispositivi medici dipendono dalle terapie, che sono legate alle condizioni dei pazienti. Certo, l’ammodernamento degli ospedali dà la possibilità di introdurre tecnologie innovative, che è ciò su cui noi siamo player importanti. A livello di infrastrutture speriamo che con quei fondi venga finalmente realizzato il collegamento autostradale che aspettiamo da decenni».

In quali progetti o idee innovative vedete il futuro del vostro settore?

«Ormai tutti i dispositivi medici che produciamo sono innovativi. Da molti anni, le produzioni a scarso contenuto tecnologico non vengono più prodotte in Italia. L’Unione Europea nel 2020 ha indetto un bando, ImPure, per creare una catena di fornitura che, utilizzando tecnologie innovative, come l’additive manufacturing, fosse in grado di produrre qualunque dispositivo venisse a mancare in caso di emergenza sanitaria. Al termine del progetto, si è arrivati a sviluppare una piattaforma in grado di rispondere a un problema in tempi strettissimi. E il distretto ha partecipato direttamente: nello specifico, la determinazione del flusso di lavoro necessario e delle specializzazioni richieste ha richiesto la competenza essenziale di aziende del distretto».       ©

Studente, da sempre appassionato di temi finanziari, approdo a Il Bollettino all’inizio del 2021. Attualmente mi occupo di banche ed esteri, nonché di una rubrica video settimanale in cui tratto temi finanziari in formato "pop".