Il nuovo fervore Crypto si scontra con le preoccupazioni ambientali, aprendo un dibattito cruciale
Ne hanno fatta di strada le criptovalute, dalla nascita nel 2008 dell’alternativa digitale e peer-to-peer ai tradizionali sistemi di pagamento. Tuttavia, il crescente consumo di energia associato al “mining” (la pratica alla base della generazione delle criptovalute) continua a sollevare dubbi sulla sostenibilità. Guardando al futuro, l’unica prospettiva pare essere proprio quella di rendere il mining di Bitcoin sostenibile utilizzando energia Green, aprendo la strada a una nuova era di criptovalute rispettose dell’ambiente.
Il mining, che è fondamentale per la creazione di nuove unità di criptovaluta, in particolare Bitcoin, coinvolge un gruppo di “minatori” che competono per risolvere complessi problemi matematici basati su algoritmi crittografici. Questo processo è finalizzato a raggiungere una “proof of work” – una sorta di “chiave” – per generare un nuovo blocco nella Blockchain. Ma questo processo è estremamente energivoro.
Proprio il consumo energetico desta preoccupazione nella comunità scientifica, in relazione alla sostenibilità ambientale delle criptovalute e al loro potenziale impatto sui tentativi di mitigazione del cambiamento climatico. Uno studio recente condotto dall’Università di Cambridge evidenzia come sia paragonabile a quello di interi Stati, con il mining di Bitcoin da solo che ha richiesto un quantitativo di energia per l’anno 2020 pari a 121,36 terawattora, superando il consumo totale di Nazioni come l’Argentina, gli Emirati Arabi Uniti e i Paesi Bassi. Questo impiego massiccio, secondo dati dell’Agenzia Internazionale per l’Energia (IEA), ha contribuito significativamente alle emissioni globali di anidride carbonica, minacciando gli sforzi per raggiungere gli obiettivi dell’Accordo di Parigi e aumentando il rischio di spingere il riscaldamento globale oltre i 2°C medi.
Come misurare i consumi
Il costo energetico del mining di Bitcoin è soggetto a diversi indicatori e variabili che influenzano significativamente il suo impatto ambientale. Il Cambridge Bitcoin Electronic Consumption Index (CBECI) e il Bitcoin Energy Consumption Index (BECI), sviluppati dall’Università di Cambridge, sono i principali strumenti utilizzati per calcolarlo. Questi indicatori rivelano che la quantità di energia impiegata e, di conseguenza, l’impatto ambientale, variano considerevolmente in base a una serie di fattori. Tra questi, il prezzo della materia prima, la fonte di produzione (combustibili fossili o fonti rinnovabili), la temperatura media del Paese in cui avviene il mining e le restrizioni legali relative alla generazione di criptovalute. Stati come Danimarca, Germania, Svizzera, Corea del Sud e Giappone si posizionano in cima alle classifiche per praticità e sostenibilità dell’operazione, grazie a una maggiore produzione di energia da fonti rinnovabili e un’economia stabile.
Tuttavia, nonostante questi dati, la realtà mostra un quadro ben diverso: la maggior parte del mining avviene in Paesi come la Cina e Stati Uniti, il cui approvvigionamento energetico dipende principalmente da fonti non rinnovabili come il carbone e i combustibili fossili. Il legame con il cambiamento climatico è innegabile.
Nel solo 2022, l’industria globale del Bitcoin ha generato circa 58 milioni di tonnellate di CO2 all’anno, superando le emissioni nazionali del Cile. Inoltre, l’impronta di carbonio associata al Bitcoin è in costante crescita nel tempo. Gli studi indicano che nel 2021, l’estrazione di un singolo Bitcoin ha generato emissioni di CO₂ 126 volte superiori rispetto a un Bitcoin estratto nel 2016.
La ragione è semplice: nel 2021, quando la Cina ha adottato restrizioni in materia, spinta anche da preoccupazioni ambientali, i minatori si sono spostati in altre parti del mondo. Questo ha portato a un aumento dell’uso di combustibili fossili in regioni dove il costo dell’energia è più basso, come il Kazakistan, alcune parti dell’ex Unione Sovietica e gli Stati Uniti – che detengono quasi il 40% della potenza di calcolo globale dedicata al mining. Di conseguenza, l’intensità di carbonio del Bitcoin è aumentata.
Solo negli USA, le emissioni di CO₂ delle strutture di mining di Bitcoin equivalgono all’impatto di aggiungere 7,5 milioni di veicoli alle strade del Paese. Tuttavia, ottenere informazioni dettagliate sulla loro ubicazione e sulle fonti energetiche utilizzate a questo scopo è difficile, poiché il settore manca di trasparenza.
Gli impegni Green
Anche per rispondere a questo tipo di preoccupazioni è stato sottoscritto il Crypto Climate Accord (CCA), un impegno volontario dell’industria delle criptovalute per ridurre l’impatto ambientale del settore. Tra le aziende e le organizzazioni che hanno firmato il CCA ci sono Ripple, Engie, Energy Web Foundation, Rocky Mountain Institute, Alliance for Innovative Regulation e Gryphon Digital Mining.Tra gli obiettivi principali dell’accordo c’è quello di passare completamente a fonti di energia rinnovabili per alimentare le operazioni di mining entro il 2025 e di raggiungere l’azzeramento delle emissioni nette entro il 2040.
Il dibattito attorno al CCA solleva questioni cruciali riguardanti il suo impatto reale nel ridurre l’impronta di carbonio delle criptovalute.
Mentre i sostenitori dell’accordo lo considerano un passo significativo per rendere il settore più sostenibile e responsabile, alcuni critici avanzano dubbi sul fatto che un accordo autoregolamentato possa sostituire politiche governative più efficaci nel contenere le emissioni delle Crypto. Tale accordo, inoltre, è stato accusato di Greenwashing da ONG come GreenPeace.
Nonostante queste controversie, il CCA continua a guadagnare adesioni da parte di aziende e organizzazioni, con l’obiettivo di generare una massa critica di società coinvolte nel processo di decarbonizzazione. Inoltre, l’accordo si impegna a sviluppare uno standard di contabilità open source per misurare le emissioni, che potrebbe contribuire a garantire una maggiore trasparenza e responsabilità.
Il potenziale Green di Bitcoin
Alcuni sfidano le convenzioni e rilanciano con una tesi audace: Bitcoin potrebbe offrire una serie di vantaggi in termini ambientali, sociali e di governance (ESG) nel giro di pochi anni. È il caso di un report di KPMG del 2023, che annovera tra questi vantaggi la capacità di creare nuovi Mercati. I miner di Bitcoin, alla ricerca di energia a basso costo, dall’inizio del 2023 stanno sempre più utilizzando fonti rinnovabili sottosfruttate come l’idroelettrico, l’eolico, il geotermico e il solare.
Queste fonti, che producono energia in dipendenza dalle condizioni ambientali e non dalla domanda del momento, generano elettricità “incagliata” che potrebbe andare sprecata.
Bitcoin offre un solido Mercato e una valida soluzione al problema, poiché la sua rete opera ininterrottamente, consentendo l’utilizzo di energia rinnovabile a tutte le ore del giorno e durante tutto l’anno. Questo non solo aumenta le entrate per i fornitori di energia verde, ma può anche stimolare ulteriori investimenti. In generale, i miner possono svolgere un ruolo importante nella stabilizzazione delle reti elettriche. Agendo come una spugna energetica, possono assorbire l’eccesso di energia quando necessario per evitare sovraccarichi della rete, ma anche spegnersi rapidamente in caso di picchi di domanda, come dimostrato dai minatori di Bitcoin durante un’ondata di caldo in Texas. Questa capacità di regolare la domanda può aiutare a mantenere bassi i prezzi dell’energia e garantire una maggiore stabilità nelle reti elettriche.
Questi fattori indicano un potenziale trasformativo per Bitcoin nel panorama energetico mondiale, sfidando la percezione comunemente diffusa sull’impatto ambientale della criptovaluta e suggerendo che potrebbe effettivamente contribuire a mitigare il cambiamento climatico.
Ne emergono chiaramente molteplici sfide e opportunità che il settore affronta oggi e che plasmeranno il suo futuro. Non possono essere ignorate, ma è la determinazione nel trovare soluzioni che offre speranza. Vedere le aziende e le organizzazioni unirsi per affrontare le preoccupazioni ambientali e adottare iniziative come l’accordo sul clima delle criptovalute è un segnale positivo.©
Articolo tratto dal numero del 1 Aprile 2024 de il Bollettino.
📸 Credits: Canva.com