giovedì, 1 Maggio 2025

Lavoro: le donne guadagnano 7 mila euro in meno (e non c’entra il salario minimo)

DiIlaria Mariotti

1 Maggio 2025
Sommario

La retribuzione oraria media nel periodo gennaio-marzo 2025 è cresciuta in Italia del 3,9% rispetto allo stesso periodo del 2024 (dato ISTAT). Una boccata d’ossigeno rispetto alla perdita di potere d’acquisto. Che arriva anche dai dati positivi del tasso di occupazione complessivo, in crescita e pari al 63%.

Non è sufficiente però: le retribuzioni contrattuali reali di marzo 2025 sono ancora inferiori di circa l’8% rispetto a quelle di gennaio 2021. Il reddito medio dichiarato dai contribuenti italiani nel 2024 è stato di 24.830 euro. Una media che non tiene conto poi del divario di genere, con uomini che guadagnano circa 26mila euro annuali contro i 19mila delle donne. Il problema salariale quindi resta (insieme a quello del lavoro povero e del gender pay gap): gli aumenti non riescono a compensare il caro vita. Ma cosa determina le retribuzioni in Italia?

La contrattazione collettiva

In Italia i salari dipendono sostanzialmente dal sistema di contrattazione collettiva a livello settoriale. Si stabiliscono così i minimi al di sotto dei quali non si può pagare un lavoratore che svolge determinate mansioni. La copertura rispetto al numero dei lavoratori è pressoché totale tanto che – secondo i dati del CNEL – la quota si avvicina al 100%.

Il caso tedesco

Si prenda il caso tedesco. Il salario minimo legale è stato introdotto in Germania nel 2015, fissandolo a 8,5 euro l’ora, equivalenti a 1.440 euro mensili. Quattro mesi dopo il varo della norma, il numero di lavoratori pagati meno è passato da 4 a 1,4 milioni (dati INAPP). Ma in Italia lo stesso ruolo è svolto dal contratto collettivo di riferimento. Ecco perché il salario minimo, presente in buona parte d’Europa, non sembrerebbe poter risolvere la situazione delle basse retribuzioni e del lavoro povero.  

La direttiva europea

A ottobre 2022 il Consiglio europeo ha anche adottato una Direttiva che impone ai Paesi membri l’introduzione del salario minimo o in alternativa una percentuale pari almeno all’80% di copertura dei contratti collettivi nazionali. Percentuale che l’Italia assolve ampiamente.

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📸 Credits: Canva  

Giornalista professionista, classe 1981, di Roma. Fin da piccola con la passione per il giornalismo, dopo la laurea in Giurisprudenza e qualche esperienza all’estero ho cominciato a scrivere. All’inizio di cinema e spettacoli, poi di temi economici, legati in particolare al mondo del lavoro. Settore di cui mi occupo principalmente per Il Bollettino.