La retribuzione oraria media nel periodo gennaio-marzo 2025 è cresciuta in Italia del 3,9% rispetto allo stesso periodo del 2024 (dato ISTAT). Una boccata d’ossigeno rispetto alla perdita di potere d’acquisto. Che arriva anche dai dati positivi del tasso di occupazione complessivo, in crescita e pari al 63%.
Non è sufficiente però: le retribuzioni contrattuali reali di marzo 2025 sono ancora inferiori di circa l’8% rispetto a quelle di gennaio 2021. Il reddito medio dichiarato dai contribuenti italiani nel 2024 è stato di 24.830 euro. Una media che non tiene conto poi del divario di genere, con uomini che guadagnano circa 26mila euro annuali contro i 19mila delle donne. Il problema salariale quindi resta (insieme a quello del lavoro povero e del gender pay gap): gli aumenti non riescono a compensare il caro vita. Ma cosa determina le retribuzioni in Italia?
La contrattazione collettiva
In Italia i salari dipendono sostanzialmente dal sistema di contrattazione collettiva a livello settoriale. Si stabiliscono così i minimi al di sotto dei quali non si può pagare un lavoratore che svolge determinate mansioni. La copertura rispetto al numero dei lavoratori è pressoché totale tanto che – secondo i dati del CNEL – la quota si avvicina al 100%.
Il caso tedesco
Si prenda il caso tedesco. Il salario minimo legale è stato introdotto in Germania nel 2015, fissandolo a 8,5 euro l’ora, equivalenti a 1.440 euro mensili. Quattro mesi dopo il varo della norma, il numero di lavoratori pagati meno è passato da 4 a 1,4 milioni (dati INAPP). Ma in Italia lo stesso ruolo è svolto dal contratto collettivo di riferimento. Ecco perché il salario minimo, presente in buona parte d’Europa, non sembrerebbe poter risolvere la situazione delle basse retribuzioni e del lavoro povero.
La direttiva europea
A ottobre 2022 il Consiglio europeo ha anche adottato una Direttiva che impone ai Paesi membri l’introduzione del salario minimo o in alternativa una percentuale pari almeno all’80% di copertura dei contratti collettivi nazionali. Percentuale che l’Italia assolve ampiamente.
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