Il nuovo partenariato strategico tra UE e UK rappresenta il segnale più forte di riavvicinamento tra i due lati della Manica dalla Brexit del 2016. Il capitolo più recente di una vicenda travagliata, anche e soprattutto nelle sue implicazioni economiche.
Brexit: le conseguenze immediate del referendum
In seguito al risultato del referendum che vede il 51,9% dei voti a favore dell’uscita dall’UE, la conseguenza diretta fu un’ondata d’instabilità finanziaria.
La fotografia di quel momento mostra la sterlina perdere oltre il 10% solo nelle ore immediatamente successive al voto: se da un lato questa svalutazione garantisce più competitività all’export, dall’altro gonfia i costi delle importazioni, alimentando l’inflazione e riducendo il potere d’acquisto.
Le motivazioni a favore della Brexit si riassumono in tre punti chiave:
– la volontà di “riprendere il controllo” delle leggi, delle frontiere e della propria valuta
– liberarsi dai vincoli regolatori e contributivi imposti da Bruxelles
– stringere accordi commerciali globali più vantaggiosi per il Paese.
L’Accordo sul Commercio e la Cooperazione
Il 31 gennaio 2020 è il giorno della Brexit: il Regno Unito esce formalmente dall’UE per entrare in un periodo di transizione.
La fase più critica termina con l’Accordo sul Commercio e la Cooperazione (TCA), che garantisce scambi “zero tariffe e zero quote”, ma introduce significativi oneri burocratici, controlli doganali e requisiti normativi.
Le conseguenze non tardano a manifestarsi:
– nel primo trimestre 2021, le esportazioni verso l’UE calano del 14% rispetto ai tre mesi precedenti
– le importazioni diminuiscono del 24%
– le nuove barriere non tariffarie colpiscono settori come l’alimentare, la pesca e l’automotive
– la manodopera europea cala, soprattutto nell’ambito dell’agricoltura e della logistica.
I numeri UK post-Brexit
Anche l’impatto a lungo termine è stato importante e i dati recenti parlano chiaro: secondo il Center for Economic Performance (CEP) della London School of Economics, al 2022 la Brexit aveva ridotto il commercio britannico con l’UE del 15% e il PIL UK è cresciuto a un ritmo inferiore rispetto ad altri Paesi del G7 e alla stessa UE.
Stando ai dati di EY, a seguito della Brexit oltre 7.000 posti di lavoro e circa 1,2 trilioni di sterline in attività si sono spostati dal Regno Unito verso l’UE.
È facile dunque comprendere, alla luce di questi numeri, come i tentativi di partenariato strategico riflettano la necessità pratica di trovare un nuovo equilibrio nelle relazioni con l’UE. Un proposito che, in fin dei conti, potrebbe giovare a entrambe le parti.©
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