lunedì, 2 Giugno 2025
Sommario

Per chi lo programma è un «reset», una ripartenza, per gli oppositori una «resa». Per tutti, sono gli accordi provvisori che Unione Europea e Regno Unito pianificano per superare attriti e distanze causati dalla Brexit.

A lavorare a una collaborazione tra le parti sono il Primo Ministro britannico, Keir Starmer, la Presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, e il Presidente del Consiglio Europeo, Antonio Costa.

L’intesa sembra gettare le basi per un partenariato strategico, che rappresenta un tentativo di riassettare i rapporti e le possibili sinergie. L’obiettivo degli accordi è chiaro: aprire nuove prospettive nell’ambito di alcune aree chiave sia per l’Europa, sia per il Regno Unito, superando alcune delle rigidità dell’Accordo di Commercio e Cooperazione (TCA, Trade and Cooperation Agreement).

Accordi UE-UK: un interesse reciproco

La necessità di lavorare a questa intesa è principalmente di natura pragmatica, legata alla volontà di stabilizzare un’interdipendenza economica e politica che resta profonda.

Il partenariato nasce, infatti, dalla consapevolezza crescente, tanto a Bruxelles quanto a Londra, che le imposizioni del TCA stessero generando ormai più ostacoli che benefici. Le conseguenze della Brexit in termini di burocrazia, rallentamento degli scambi commerciali e impatto su settori specifici sono un segnale evidente che i rapporti internazionali debbano essere ripensati.

Per il Regno Unito, in particolare, non sarebbe praticabile una completa disconnessione dall’UE, soprattutto alla luce del contesto attuale, caratterizzato dall’invasione russa dell’Ucraina, dall’instabilità geo-politica e commerciale provocata dai dazi del Presidente USA, Donald Trump, e dallo scontro israelo-palestinese. Senza dimenticare le sfide globali relative alla sicurezza informatica e alla transizione energetica.

È stato proprio questo scenario a spingere UE e UK a riconoscere il valore di una cooperazione rafforzata, basata su stabilità e sicurezza reciproche e, soprattutto, articolata su alcune aree chiave per entrambe le parti coinvolte.

In particolare, questi nuovi accordi si concentrano in tre documenti: una dichiarazione congiunta UE-Regno Unito, una partnership strategica sui temi della sicurezza e della difesa, un’intesa comune tra le parti sulle relazioni future. Concretamente, gli argomenti cardine sono 4: pesca, difesa e sicurezza, energia, mobilità giovanile.

Gli affari della pesca

La questione è stata una delle più spinose durante i negoziati post-Brexit: il Regno Unito, infatti, ha sempre rivendicato il pieno controllo delle proprie acque territoriali, generando forti tensioni soprattutto con la Francia.

La nuova intesa, invece, prevede l’estensione per altri 12 anni (fino al 2038) dell’accesso reciproco alle acque e la permanenza della Corte di Giustizia Europea come ago della bilancia nell’ambito degli SPS, ovvero i controlli sanitari e fitosanitari presso le frontiere UK per il commercio agroalimentare, fondamentali per import ed export. Prevista, inoltre, l’eliminazione di ostacoli all’export di prodotti ittici, già per il 70% al Mercato europeo. 

Queste disposizioni rappresentano indubbiamente un segnale positivo, che sancisce la volontà di creare un compromesso e di mantenere una certa flessibilità da ambo le parti.

Il patto sulla sicurezza previsto dagli accordi UE-UK

L’intesa affronta temi cruciali come il peacebuilding, la gestione delle crisi civili e militari, la sicurezza marittima e spaziale e le minacce emergenti legate al cyber spazio e alle nuove tecnologie. Anche il contrasto alla manipolazione delle informazioni, la lotta al terrorismo e la prevenzione dell’estremismo violento sono temi di reciproco impegno.

Nell’ambito della sicurezza interna, la proposta è di estendere lo scambio di dati tra Europol e le agenzie britanniche, inclusi impronte digitali, DNA, immagini facciali e fedine penali di cittadini di Paesi terzi, e di rafforzare le collaborazioni tra le agenzie antidroga e antiterrorismo.

In materia di migrazione irregolare, poi, l’UE e il Regno Unito condivideranno dati operativi e coordineranno le azioni di contrasto ai trafficanti di uomini, con particolare attenzione all’area africana e del Mediterraneo.

È, però, l’apertura dei fondi europei per il riarmo alle industrie britanniche della difesa a costituire un elemento centrale di questa parte dell’accordo. In qualità di Paese partner, la Gran Bretagna potrà, infatti, accedere ai prestiti SAFE, che mettono a disposizione degli Stati membri 150 miliardi di euro per le spese militari nell’ambito del piano RearmEU. A supporto di questa agevolazione, figurano anche delle consultazioni strategiche che l’Alto Rappresentante UE e i Ministri UK terranno semestralmente a Londra per prendere parte ai Consigli Esteri-Difesa europei.

Entrambe le parti, inoltre, confermano il loro sostegno all’Ucraina, proseguendo con il pressing sul Cremlino attraverso sanzioni e congelamento di beni sovrani, e ribadiscono la richiesta di un «cessate il fuoco immediato e permanente» per Gaza, spingendo per il rilascio dei sequestrati e per lo sblocco degli aiuti umanitari.

Gli accordi sull’energia

La crisi energetica globale degli ultimi anni ha evidenziato la vulnerabilità delle supply chain e la necessità di diversificare le fonti e rafforzare la resilienza.

Per questo, i nuovi accordi prevedono di prorogare fino al 31 marzo 2027 il capitolo del TCA riservato al settore energetico, con la possibilità di futuri rinnovi su base annuale. L’obiettivo è facilitare gli scambi transfrontalieri di energia e materie prime, promuovendo la cooperazione per lo sviluppo delle infrastrutture di rete, tra i gestori dei sistemi di trasmissione e tra le autorità di regolazione.

Concordato anche il collegamento tra i sistemi di scambio delle emissioni (ETS) delle parti, che prevede l’esenzione reciproca delle merci di ciascuna giurisdizione dall’applicazione dei Carbon Border Adjustment Mechanisms (CBAM). L’applicazione delle esenzioni sarà comunque vincolata alla conformità con gli standard europei sulle norme ambientali, alle quali le politiche climatiche britanniche si adegueranno con un processo di allineamento dinamico. Questo meccanismo ha l’obiettivo di evitare duplicazioni nei costi di conformità, minimizzare il rischio di distorsioni di Mercato, garantire standard equivalenti su importazioni ed esportazioni e incentivare l’adozione di tecnologie a basse emissioni.

La cooperazione tra UE e UK sul fronte energetico e delle emissioni potrebbe portare, quindi, allo sviluppo congiunto di energie rinnovabili e a una strategia comune per la sicurezza dell’approvvigionamento.

La mobilità giovanile

Anche la mobilità giovanile è un argomento di grande importanza all’interno di questo partenariato ed è pensata per mitigare le conseguenze negative della Brexit sulla libertà di movimento e di scambio culturale di ragazzi e ragazze.

Si propone, infatti, di rinnovare la partecipazione del Regno Unito al programma Erasmus+ e un nuovo schema di mobilità. I giovani britannici tra i 18 e i 30 anni potrebbero vivere, studiare e lavorare in Europa e viceversa, a patto che rispettino i limiti di tempo imposti e i requisiti di visto. Su questo tema, però, i britannici si trovano in disaccordo con l’Unione, che punta a trovare un punto di contatto per incentivare uno scambio tra Paesi che arricchisca le giovani generazioni.

Meno problematico, infine, il turismo: i visitatori britannici, infatti, non dovranno più sottoporsi ai controlli doganali degli aeroporti durante i viaggi internazionali.

Accordi-energia

Le reazioni post-accordi UE-UK in Europa

«Con il primo vertice UE-Regno Unito, abbiamo una reale opportunità per voltare pagina e scrivere un nuovo capitolo delle nostre relazioni: lavorare insieme per garantire la sicurezza del nostro continente comune e la prosperità dei cittadini su entrambe le sponde della Manica». Questo quanto ha comunicato sui propri canali social Ursula von der Leyen. La Presidente della Commissione Europea rimarca diversi temi dell’accordo tra UE e UK, sottolineando che «la collaborazione con Londra è cruciale in questa fase di aumento delle tensioni geopolitiche» e che «condividiamo gli stessi valori e sappiamo che lavoriamo spalla a spalla quando si tratta di crisi e di momenti difficili». 

Proprio riguardo alle crisi internazionali in corso, ha detto che questa intesa «è il primo passo verso la partecipazione del Regno Unito ai programmi di difesa dell’UE», aggiungendo poi che il partenariato «aumenterà la nostra prontezza operativa, colmerà le lacune militari e migliorerà l’interoperabilità delle nostre forze armate nelle missioni comuni», creando «nuove opportunità per le nostre industrie della difesa e aprirà la porta a un sostegno più forte e coordinato all’Ucraina».

I vantaggi per il Regno Unito

Grande sostegno anche da parte del Primo Ministro britannico, Keir Starmer. «È tempo di guardare avanti, di mettersi alle spalle i vecchi dibattiti», ha detto, per poi aggiungere che con questo partenariato il Regno Unito torna ad affacciarsi «al Mondo secondo la grande tradizione della nostra nazione, costruendo le relazioni che scegliamo con i partner che scegliamo».

In particolare, il Premier inglese si dice soddisfatto delle direttive sulla pesca. Secondo Starmer, infatti, la nuova intesa protegge «l’accesso, i diritti e le aree di pesca del Regno Unito». Proprio per questo, il Primo ministro annuncia un investimento di 360 milioni di sterline «per permettere al settore di trarre vantaggio da questo accordo».

Le critiche dell’opposizione

Decisamente in disaccordo su questo tema, invece, Nigel Farage, leader di Reform UK, che ha espresso sui social media il suo malcontento: «se fosse confermato, sarebbe la fine dell’industria della pesca».

A sostegno di questa opinione anche la leader del Partito Conservatore britannico, Kemi Badenoch: «torneremo a essere sottomessi alle regole di Bruxelles» ha detto, sostenendo che questo partenariato rappresenti una resa che minaccia gravi conseguenze.

Le prospettive

La nuova intesa «non dovrebbe modificare in modo significativo le prospettive di crescita a lungo termine del Regno Unito, né tantomeno dell’UE», ha detto Peder Beck-Friis, economista di PIMCO.

Secondo l’esperto, un miglioramento effettivo dei flussi commerciali tra UK e UE «dipenderebbe probabilmente da un maggiore allineamento normativo e da un reciproco riconoscimento degli standard. Ciononostante, l’accordo rappresenta un progresso graduale e, in particolare, riduce le frizioni nelle esportazioni di prodotti alimentari, il che potrebbe contribuire a sostenere l’attività commerciale e la cooperazione economica nel tempo».

Questo partenariato suggerisce indirettamente il fallimento ideologico della Brexit voluta dal referendum indetto dall’ex Premier inglese Boris Johnson, senza, tuttavia, intaccarne la fattualità: il Regno Unito, infatti, rimane un Paese indipendente.

I confini dell’intesa, dunque, sono ben delineati: niente rientro nel Mercato unico dell’Unione Europa e nemmeno il ritorno nell’unione doganale.

Per la maggior parte dei temi, si è definita solo una base comune per ulteriori trattative e l’impressione diffusa è che ci sia ancora molta strada da fare per giungere ad accordi commerciali vantaggiosi per tutti.

Ciò non toglie che gli sforzi per costruire una partnership di mutuo rispetto e fiducia e un approccio più costruttivo su argomenti di interesse comune possa costituire delle solide fondamenta per future trattative.©

📸Credits: Canva.com

Giornalista milanese, dal 2016 racconta il mondo B2B, business e corporate attraverso testate di settore. Nel 2020 inizia a trattare da vicino anche temi economico-finanziari lavorando per alcune grandi realtà bancarie, specializzandosi nell'ambito ESG e DEI.