martedì, 1 Luglio 2025

Angeloni, Athena SCF: «Euro digitale: ecco cos’è e a che punto siamo»

Sommario
Euro digitale

Nel cuore di una Vecchia Europa che ringiovanisce a vista d’occhio, la BCE lavora in silenzio a una delle trasformazioni più radicali della storia monetaria recente. Eppure, solo il 28% dei cittadini europei ha oggi familiarità con il concetto di euro digitale, secondo un sondaggio della Commissione UE del 2023. Mentre gli Stati Uniti discutono di dollaro digitale e la Cina sperimenta su larga scala lo e-CNY (yuan digitale o renminbi digitale) con oltre 260 milioni di portafogli attivi, l’Unione Europea si muove più lentamente, ma con un’ambizione precisa: creare una forma di denaro elettronico pubblico, stabile e interoperabile, che difenda la sovranità monetaria dai colossi privati e dalle spinte geopolitiche esterne.

In gioco non c’è solo una nuova app per pagare: c’è l’architettura del potere finanziario nel XXI secolo. Secondo la Banca dei Regolamenti Internazionali, oltre il 90% delle banche centrali sta studiando o sperimentando valute digitali (CBDC). Ma se da un lato queste promettono efficienza e inclusione, dall’altro sollevano interrogativi su privacy, controllo e stabilità. Il modello europeo punta su equilibrio e gradualità: nessuna remunerazione, limiti di detenzione, uso facoltativo. Ma basterà questo a vincere la sfida della fiducia?

«Il sistema dei pagamenti ha bisogno di innovazione. L’euro digitale può essere una risposta, ma solo se saprà guadagnarsi la fiducia degli utenti con semplicità, efficienza e concretezza. Non basta l’infrastruttura pubblica: servirà dimostrare di poter competere con le soluzioni digitali già adottate su scala globale» dice Filippo Angeloni, CEO di Athena SCF, società di consulenza finanziaria indipendente.

La vera partita si gioca ora. Il 2025 segnerà uno snodo cruciale: la BCE deciderà se avviare la fase di implementazione. Intanto, si moltiplicano i test, si affinano le regole, si scelgono i partner tecnologici. Tra le righe dei comunicati ufficiali si intravede la tensione tra innovazione e prudenza, tra promesse politiche e limiti tecnici. Perché l’euro digitale non è solo un progetto tecnologico: è una scommessa sulla capacità dell’Europa di parlare con una voce sola nel nuovo ordine finanziario globale.

A che punto è il percorso di l’introduzione e quali sono i prossimi step concreti?

«Siamo ancora in fase di sviluppo, ma il percorso è chiaro. Dopo una fase di studio iniziata nel 2021, il progetto è entrato nel novembre 2023 nella fase preparatoria: oggi la BCE, con le banche centrali nazionali, sta definendo regole, testando soluzioni, selezionando partner e raccogliendo feedback. L’obiettivo è creare un “manuale operativo” e le infrastrutture tecniche necessarie.

Il momento chiave sarà ottobre 2025: il Consiglio BCE deciderà se avviare la fase di implementazione, con test su larga scala. L’introduzione formale, però, potrà avvenire solo dopo l’approvazione del quadro normativo europeo. I prossimi mesi serviranno a chiarire aspetti critici come limiti di detenzione, privacy, uso offline e integrazione bancaria. Il 2025 sarà decisivo: se il progetto proseguirà, l’emissione potrebbe arrivare nel 2027. L’UE procede con cautela, ma con l’intento di rafforzare sovranità e pagamenti digitali».

Quali ostacoli pratici potrebbero rallentare la diffusione anche dopo il lancio?

«Anche se la valuta sarà pronta dal punto di vista tecnico, la sua diffusione potrebbe incontrare ostacoli pratici rilevanti. Il primo riguarda l’uso offline: sarà davvero possibile effettuare pagamenti senza connessione? Resta il nodo della doppia spesa, cioè come evitare che lo stesso euro venga usato due volte senza rete. Altro tema è la privacy: il sistema promette la pseudonimizzazione, ma non l’anonimato, e ciò potrebbe scoraggiare chi è abituato alla riservatezza del contante.

Inoltre, il limite ipotizzato di 3mila euro per wallet potrebbe ridurre l’attrattività, specie se abbinato all’obbligo di avere un conto bancario. Anche l’integrazione con le app esistenti dipenderà dalla volontà del settore privato. Infine, contano cultura e politica: la presidente BCE, Christine Lagarde, ha ricordato che Parlamento e Commissione potrebbero bloccarne l’avanzata. Serviranno fiducia, incentivi e coordinamento per superare queste resistenze e trasformarlo in uno strumento realmente usato».

Quali sono gli elementi che distinguono l’euro digitale da altre valute simili?

«Si distingue da criptovalute e stablecoin per il suo carattere pubblico: sarà emesso dalla BCE, non avrà finalità speculative e manterrà parità con l’euro contante. Non sarà decentralizzato né anonimo: la BCE promette un alto livello di privacy, ma resta da verificare come sarà implementato. Non maturerà interessi, sarà gratuito, accessibile anche offline e tramite wallet pubblici, anche se restano dubbi sulla reale facilità d’uso per anziani o persone poco avvezze. Avrà un tetto di detenzione per tutelare il sistema bancario. La BCE afferma di non voler sostituire il contante, ma affiancarlo. In definitiva, l’euro digitale è pensato come una versione moderna del denaro pubblico, ma la sua efficacia e neutralità dipenderanno da scelte tecniche e politiche ancora aperte».

Che tipo di impatto potrebbe avere sul ruolo delle banche commerciali?

«Da quanto afferma la BCE, non nasce per sostituire i conti correnti, ma per affiancarli, eliminando ogni rischio di disintermediazione. A mio avviso però, se adottato su larga scala, potrebbe spingere gli istituti di credito a rinnovarsi, in risposta alla concorrenza di Fintech e Big Tech.

In uno scenario estremo, oggi remoto ma non impossibile, Francoforte potrebbe controllare direttamente circolazione e detenzione della moneta, superando il ruolo delle banche nel moltiplicatore monetario. In altre parole, il credito non nascerebbe più dalla banca commerciale, ma da un wallet centralizzato. La BCE esclude questa deriva, ma tutto dipenderà da scelte future. Oggi l’impatto è contenuto, ma l’evoluzione tecnica e politica potrebbe cambiare radicalmente gli equilibri attuali».

In che modo può modificare gli strumenti di politica monetaria?

«La politica monetaria agisce su tassi e liquidità, ma si trasmette all’economia tramite le banche commerciali. Con l’euro digitale, questo meccanismo potrebbe cambiare: la BCE avrebbe un canale diretto per influenzare cittadini e imprese, accorciando i tempi tra decisioni e impatto. In teoria, si potrebbero immaginare trasferimenti diretti, tipo helicopter money, o incentivi programmabili, anche se oggi questa opzione è esclusa.

Ma la sola esistenza di un’infrastruttura digitale pubblica e universale amplia le possibilità. In futuro, la BCE potrebbe rendere più efficaci le sue azioni agendo direttamente sui wallet digitali. Anche la percezione del denaro cambierebbe: non più solo riserve e banconote, ma un legame diretto tra banca centrale e cittadini. L’euro digitale non stravolge gli obiettivi dei banchieri centrali, ma ne potrebbe rafforzare gli strumenti, trasformando la trasmissione monetaria da processo indiretto a interazione immediata».

Potrebbe comportare rischi per la stabilità finanziaria?

«Soprattutto in caso di fuga dai conti bancari verso i wallet BCE. Per evitarlo, non sarà remunerato e sarà soggetto a limiti, ad esempio i 3mila euro per wallet: ogni eccedenza sarà trasferita automaticamente su un conto bancario. Anche le imprese non potranno accumularne troppo. Non è pensato come risparmio, ma solo come mezzo di pagamento, distinguendosi da criptovalute e stablecoin.

Tuttavia, in situazioni di crisi, il pubblico potrebbe considerare più sicuro un wallet BCE rispetto a una banca commerciale, con effetti destabilizzanti. Sono previsti meccanismi come il reverse waterfall, per deviare gli eccessi. Resta il rischio di concentrare troppe funzioni in un’unica infrastruttura pubblica, con vulnerabilità tecniche e politiche. Il bilanciamento tra innovazione e prudenza sarà cruciale per evitare effetti collaterali sistemici».

Quali strumenti verranno messi in campo per evitare frodi e usi illeciti legati all’uso della nuova valuta?

«A differenza delle criptovalute, sarà progettata con standard europei e vigilata da autorità indipendenti. Nei pagamenti online, i dati saranno pseudonimizzati e crittografati. Saranno previsti sistemi antifrode centralizzati, conformità a GDPR ed EUDPR, e audit regolari. Nei pagamenti offline, i wallet andranno ricaricati tramite canali tracciabili e le transazioni peer-to-peer probabilmente verranno validate a posteriori, per evitare doppia spesa.

Verranno utilizzati chip sicuri già presenti su smartphone e carte. La sicurezza sarà integrata nell’architettura del sistema, non demandata agli utenti. È atteso un modello con livelli crescenti di verifica in base agli importi. Il vero equilibrio sarà tra privacy, libertà d’uso e tutela: invisibile ma solido, per un’esperienza semplice e protetta».

Che benefici concreti potrà avere l’euro digitale per i consumatori nel quotidiano?

«Per i cittadini, promette benefici pratici: sarà gratuito, utilizzabile anche senza conto corrente, e accessibile tramite smartphone, carte o dispositivi offline. Pensato per essere semplice e universale, potrà facilitare pagamenti istantanei tra privati, online e nei negozi, anche senza connessione internet.

Potrà favorire l’inclusione di chi oggi è escluso dai servizi bancari, come anziani, giovani o migranti. In viaggio, eliminerà commissioni e problemi con le carte: un unico strumento per tutta l’area euro. Le transazioni offline resteranno private; online, dati e identità saranno separati. Non offrirà anonimato assoluto, ma promette più riservatezza delle app attuali. In sintesi, sarà un’alternativa comoda, pubblica e stabile ai pagamenti gestiti da privati, con l’obiettivo di unire semplicità e sovranità monetaria».

Quali opportunità potrebbe aprire per le imprese, in particolare quelle di piccole e medie dimensioni?

«Può portare benefici concreti alle PMI europee, spesso penalizzate da costi, ritardi e complessità nei pagamenti digitali. I pagamenti saranno istantanei, disponibili 24/7, e con costi limitati grazie a tariffe regolate a livello europeo.

Anche le imprese senza infrastrutture digitali avanzate potranno accettare euro digitali tramite wallet o carte smart, senza contratti complessi. Questo favorirà l’inclusione e la digitalizzazione. Inoltre, si rafforzerà la sovranità monetaria, riducendo la dipendenza da provider esteri. Sarà una valuta accettata in tutta l’Area Euro, agevolando export e commercio transfrontaliero. Per le PMI sarà uno strumento efficiente, semplice e pubblico, pensato per democratizzare l’accesso ai pagamenti digitali e ridurre le attuali disparità con i grandi gruppi».

Quali effetti potrà avere sul piano geopolitico l’adozione di una valuta digitale pubblica in Europa?

«Basta guardare ai numeri: le stablecoin in euro sono una nicchia, mentre quelle in dollari dominano il Mercato. Questo dovrebbe far riflettere: se oggi c’è così poca domanda, cosa ci fa pensare che l’euro digitale potrà davvero cambiare gli equilibri globali? Ciò non toglie che il sistema dei pagamenti vada innovato. Le persone cercano alternative più veloci, economiche, accessibili: è per questo che cresce l’uso di criptovalute e stablecoin. L’euro digitale può essere una risposta, ma dovrà dimostrare di essere qualcosa di più di un’infrastruttura pubblica. Dovrà funzionare bene, essere semplice da usare e guadagnarsi la fiducia degli utenti. Solo così potrà aspirare a rafforzare il ruolo della valuta nei Mercati globali». ©

Intervista tratta dal numero dell’1 luglio 2025 de Il BollettinoAbbonati!

📸 Credits: Canva

Imparare cose nuove e poi diffondere: è questo il mio obiettivo. Proprio questo mi ha portato ad approfondire il mondo del web3, della finanza digitalizzata e delle crypto. Per il Bollettino mi occupo di raccontare una realtà ancora poco conosciuta in Italia, ma con un grande potenziale.