Allarme giovani per il vizio del fumo. «L’abitudine – che riguarda il 30% dei cittadini – si diffonde molto presto, nell’età adolescenziale. Un quinto dei ragazzi inizia a fumare tra i 15 e i 18 anni, una percentuale altissima», spiega Marcello Tiseo, ricercatore di AIRC, Professore Associato di Oncologia, Direttore della Scuola di Specializzazione in Oncologia Medica dell’Università di Parma in occasione della giornata mondiale senza il tabacco. «Il messaggio che deve passare è l’astensione alle sigarette: neanche le elettroniche azzerano il rischio, il danno è solo diverso».
Sono utilizzate dal 20,8% circa dei fumatori, però…
«Circoscritto ai soli giovani la percentuale è l’esatto contrario. Moltissimi ragazzi iniziano direttamente dalle sigarette elettroniche. La loro convinzione è che quella non crei danni. È da qui che si deve intervenire con le campagne di prevenzione».
Quanto pesa sul sistema nazionale il vizio del fumo?
«Concretamente è molto difficile da quantificare anche perché l’incidenza del fumo non si limita alle patologie polmonari. È responsabile di tanti altri tumori, al cavo orale, la laringe, la vescica, il pancreas, oltre che problematiche cardio vascolari. Nel tumore al polmone però possiamo dire che la correlazione è quasi causale: l’85% di pazienti fumano o hanno fumato. Esistono anche fumatori che non si ammalano, ma oggigiorno sappiamo che il fumo di sigaretta genera un tipo di tumore diverso da quello del non fumatore: la patologia che insorge nel non fumatore può spesso avere migliori possibilità di trattamento rispetto a quello nel fumatore. Per fortuna oggi esistono nuove terapie. Quel 16% di sopravvivenza in 5 anni per il tumore polmonare sta progressivamente migliorando. E gli screening uniti a farmaci innovativi potrebbero portarci nel giro di qualche anno a un netto ulteriore miglioramento».
Nel PRNN sono diversi gli investimenti per potenziare la ricerca biomedica: nel campo di malattie e tumori rari sono previsti due finanziamenti del valore di 0,05 miliardi ciascuno da erogare rispettivamente entro la fine del 2023 e la fine del 2025. Poi bandi di gara del valore complessivo di 0,1 miliardi, due finanziamenti da 0,16 miliardi per le malattie invalidanti, borse di studio e corsi per 0,74 miliardi. Sono cifre che possono concretamente cambiare qualcosa?
«Di sicuro il fatto che ci siano nuovi fondi, sempre necessari, è assolutamente positivo. Che organizzazioni come AIRC nel tempo abbiano stanziato dei contributi alla ricerca è anche dipeso dal fatto che i fondi statali erano piuttosto carenti. Quindi onestamente tutto ciò che c’è in più rispetto al passato può solo rappresentare un miglioramento. Confidiamo che i nuovi finanziamenti possano dare una nuova linfa. Non mi sento di fare allarmismi, ero più spaventato in passato ma oggi vedo spiragli positivi. Sono speranzoso».
Il 16,6% dei fumatori che vuole smettere di fumare cerca aiuto su Internet. Da dove è utile partire?
«La cosa migliore è rivolgersi ai centri anti fumo per avere un supporto psicologico e farmacologico (in Italia sono circa 300). Non bisogna cercare percorsi fai-da te ma fidarsi di chi se ne occupa professionalmente. Oltre a metodi come i cerotti alla nicotina, oggi esistono anche alcune nuove terapie orali. Ma sarebbe meglio non iniziare proprio a fumare».
In Italia le normative contro il fumo vengono aggiornate costantemente dalla legge Sirchia del 2005. Le restrizioni sono efficaci?
«Sì, lo sono. Andrebbero anche aumentate, non per ghettizzare i fumatori ma per lanciare un messaggio. La cosa corretta da fare sarebbe espanderlo in tutti i parchi e in tutti gli esterni a luoghi sensibili, come gli ambienti ospedalieri. Ben vengano anche gli aumenti dei prezzi o più tassazione, tutti elementi che possono scoraggiare il consumo. Statisticamente queste cose funzionano. E bisogna rafforzare le campagne anti fumo, che in Italia esistono ma non godono di investimenti paragonabili ad alcuni altri paesi. Mi riferisco per esempio agli USA e soprattutto all’Australia, dove il fumo è stato praticamente bandito, tanto che si può fumare solo all’interno di casa propria. Quella è la strada da seguire anche da noi».
QUALCHE DATO
Ogni anno il fumo uccide circa 700 mila persone in Europa: tra gli 11 e i 12 milioni sono i fumatori in Italia. Se il vizio interessa soprattutto gli uomini, è in crescita l’abitudine al fumo tra le donne: solo negli ultimi due anni i casi femminili di tumore sono aumentati del 5,2%. Tra le pazienti oncologiche, solo il 19% è vivo a 5 anni dalla diagnosi. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) stima che, se non saranno attuate efficaci politiche di contrasto, entro il 2030 saranno vittime ogni anno oltre 8 milioni di fumatori e più dell’80%, di questi la maggior parte nei Paesi a basso e medio reddito.