I migliori settori su cui puntare per gli investimento del futuro? Soprattutto le moltissime, e diverse, facce del settore tecnologico, dai trasporti al mondo ludico. Ma non mancano alcune sorprese che guadagnano sempre più terreno, come le aziende legate alla lavorazione della cannabis. E la ripresa è già cominciata a tutti gli effetti: «I mercati scontano in anticipo quello che succede nell’economia reale. Nel marzo 2020 abbiamo già assistito alla ripresa dei mercati azionari in piena pandemia, uno tra i trend rialzisti i più impressionanti sempre. Oggi stiamo assistendo a qualcosa di simile», dice Alessandro Moretti, analista tecnico finanziario e vincitore del Master of Financial Technical Analysis 2018. «Una ripartenza dell’economia inizia non appena viene teorizzata, difatti è già cominciata da un po’. Gli indici italiani sono sui massimi di periodo, anzi negli ultimi mesi tra i più forti d’Europa».
Quali settori spiccheranno?
«Siamo in una rivoluzione industriale e il settore tecnologico in generale è quello che continuerà a fare le migliori performance nel prossimo decennio. Ci sono aziende di quel mondo, suddiviso a sua volta in tanti microsettori, che stanno facendo fatturati da record, trimestre su trimestre. Hanno sempre più clienti e si espandono con incredibile velocità. Si pensi a Zoom e al boom che l’azienda ha avuto nell’ultimo anno, con ripercussioni positive in borsa. Tra i settori più interessanti avremo i software. Le aziende che se ne occupano fanno tanti utili, hanno fatturati in crescita, costi tendenzialmente bassi e tanta liquidità; investono molto in ricerca e sviluppo e sono poco indebitate».
Tra gli altri?
«Il settore delle auto elettriche. Non si parla solo di Tesla, i produttori di auto tradizionali si stanno riconvertendo. Player come Mercedes o BMW avranno flotte quasi interamente elettriche. E il settore sarà collegato a quello delle batterie. Sempre più performanti, di maggiore durata e con tecniche di produzione in miglioramento. Potrebbe esserci un boom di domanda pazzesco. Un altro settore tecnologico in vista è il gaming online. EA Sports, spara-tutto e ogni altra categoria sono diventati degli sport internazionali a tutti gli effetti, con monte premi che superano Wimbledon. Un business globale in crescita, che riempie palazzetti interi di pubblico per i campionati. Con il miglioramento in qualità di Internet giocheranno sempre più persone. È un campo in cui entreranno tanti soldi, con il coinvolgimento di tantissimi tipi di aziende alla produzione di hardware, cuffie, tastiere, mouse, gadget di ogni tipo. E stanno già nascendo i primi ETF per investire in borsa, che selezionano più aziende coinvolte riducendo il rischio. Poi c’è un altro campo molto interessante e sono le aziende legate alla marijuana e la cannabis, sia a fini terapeutici sia ricreativi. È un movimento che parte dagli USA e dal Canada, dove la legalizzazione aumenta sempre più. Tutto questo arriverà fino a noi. Con la legalizzazione aumenterà la domanda e tutta la filiera ne dovrebbe risentire positivamente. Molte aziende non producono ancora utili, ma nei prossimi anni si prevede una crescita importante. Anche in questo caso stanno arrivando ETF dedicati. Poi è importante sottolineare che non possiamo prevedere il futuro e non esistono formule per farlo. Usiamo degli approcci per cogliere dei movimenti rialzisti, ribassisti e neutrali, ma nessuno sa come evolveranno».
Sempre in ambito tecnologico, anche la space economy e la cybersecurity sono settori in vista…
«Credo meno nelle opportunità della space economy in questo momento, penso sia un po’ prematuro immaginare di puntarci prima di qualche anno. Bezos e Musk stanno segnando dei trend ma non so quanto sia sfruttabile adesso. La cybersecurity è un tema interessante e le aziende sono orientate a capirlo, ma non lo percepisco come un settore di punta, a livello di possibilità di investimento».
Qualcuno prevede ottime performance finanziarie anche nel comparto bancario, c’è del vero?
«A mio avviso no. Non è un settore interessante da almeno 15 anni. È vecchio, stanco, con aziende buracratizzate, che non fanno utili e che hanno triturato i loro investitori. Le grandi banche negli ultimi 10 anni sono tutte a -80% o -90% dai massimi del 2009, hanno bruciato miliardi di euro e con gli aumenti di capitale hanno massacrato gli azionisti per tappare i buchi delle perdite. Non producono ricchezza e non godono della fiducia delle nuove generazioni, che le vedono come istituzioni vecchie e lontane. Non lavorano nemmeno bene ai prestiti, distribuiscono soldi solo alle aziende che li hanno già e rifiutano di assumersi dei rischi per quelle che avrebbero bisogno di crescere».
Quali saranno le differenze tra il mercato degli Stati Uniti e dell’Europa?
«Il mercato finanziario americano è il principale del mondo ed è sempre più avanti rispetto a quello europeo, credo che continuerà a fare da guida in tutti i futuri andamenti. Con il settore tecnologico a fare la differenza».
E per quanto riguarda l’Italia che sentore c’è?
«Nonostante le buone recenti performance, il mercato italiano fa una storia a sé. Siamo indietro da anni e credo che si sia dato un colpo di grazia alla nostra economia nella decisione di non riaprire a febbraio, quando l’America lo aveva già fatto. Eravamo il fanalino di coda dell’Europa, ora c’è ancora più distacco. Se c’era una possibilità di recuperare terreno è mancato anche solo il tentativo. Movimenti di rilancio temporanei come quelli indicati nel PNRR aggirano ma non risolvono i due problemi principali dell’Italia: un debito gigantesco e una crescita economica bassa. Poi gli aiuti ci tengono sempre in vita ma non vedo all’orizzonte cambiamenti drastici. È un problema anche culturale, visto che c’è chi preferisce 1100 euro di Reddito di Cittadinanza a lavori per 1500 euro al mese».
Quanto pesa il rischio inflazione?
«È un elemento sempre presente. Anche quando l’Istat la attesta a 0, quella percepita in rapporto a 5 o 6 anni prima può essere molto alta. In questo periodo probabilmente la sentiremo, perché si è iniettata molta liquidità nel sistema. Quando questo avviene si svaluta la moneta e i prezzi si alzano, compresi quelli delle materie prime, il che apre la necessità di iniettare nuova liquidità e si crea un circolo vizioso. Non sapremo di quanto sarà e quanto durerà ma in media va sempre considerata al 2%. L’unico rimedio a disposizione è che tutti investano parte della liquidità che hanno a disposizione per non erodere il potere di acquisto».