mercoledì, 24 Aprile 2024

IL TURISMO DEI RIFUGI FATICA A TORNARE IN VETTA

Pronti a rinascere, il turismo dei rifugi fatica a tornare in vetta e affronta una seconda stagione estiva economicamente preoccupante. «La pandemia ha obbligato tutte le strutture a investire in sanificatori e a mettere in atto tutti i procedimenti di prevenzione e distanziamento per adeguarsi alle linee guida anti Covid-19», dice Antonio Montani, Vicepresidente generale del Club Alpino Italiano. «Una conseguenza inevitabile è stato il repentino cambiamento nella frequentazione dei rifugi. Abbiamo assistito a una diminuzione di oltre il 50% dei pernottamenti – da sempre la principale fonte di guadagno delle strutture – a fronte di un sostanziale aumento delle presenze giornaliere, soprattutto nel fine settimana».

Quali costi e investimenti hanno dovuto affrontare i rifugi per poter essere messi in sicurezza?

«Verosimilmente ogni struttura, per adeguarsi alla normativa anti Covid, ha dovuto sostenere delle spese nell’ordine di 5.000 euro ciascuna. Ricordiamo che, oltre ai già citati sanificatori, tutti i rifugi si sono dovuti dotare di tavoli e ombrelloni da esterno per poter accogliere in maniera organizzata il flusso delle presenze. Il CAI , attingendo alle proprie risorse, ha messo a disposizione delle strutture un milione di euro per l’emergenza sanitaria, erogati tramite le Sezioni sul territorio».

Adesso com’è la situazione?

«Generalmente i rifugi sono per loro natura spazi piccoli, hanno poca capienza e il problema del sovraffollamento non è secondario. Ciò che però, in passato, garantiva la buona riuscita di una stagione erano principalmente i pernottamenti, effettuati durante la settimana soprattutto da stranieri che l’anno scorso sono spariti per ovvi motivi. Di conseguenza, se è vero che c’è stato un aumento del 150% dei neofiti che hanno iniziato a frequentare la montagna, è anche vero che questo non si è riversato in maniera diretta sulle entrate delle strutture e dei rifugi».

Quali regole esistono per chi sceglie una vacanza nei rifugi?

«Non smettiamo mai di ribadirlo, è importante distinguere un rifugio da un albergo. I primi sono strutture custodite e gestite per offrire un servizio di ospitalità, ristoro e pernottamento, improntate alla sobrietà e alla condivisione. L’isolamento che li caratterizza fa sì che qualsiasi tipo di approvvigionamento lì sia più difficile e oneroso che in pianura, pertanto non bisogna aspettarsi gli stessi servizi di alberghi o b&b. La vita è spartana, il bagno è in comune e la doccia spesso è a pagamento. Si possono però guardare le stelle, sentire il ticchettio della pioggia sul tetto quando si va a dormire e fare colazione all’alba in scenari mozzafiato».

Quali limitazioni incorreranno ancora le persone che soggiorneranno in un rifugio quest’anno?

«I posti letto sono ridotti al 50%. È molto importante prenotare sempre e verificare le condizioni meteo: se di norma, a fronte di un cambio repentino del tempo, ci si stringeva in un rifugio, questo ora non è più possibile, almeno finché non sarà passato lo stato di emergenza».

C’è comunque una maggiore cura nella pulizia e nella disinfezione delle camere e delle aree comuni

«Già lo scorso anno abbiamo dotato tutti i nostri rifugi di un ozonizzatore per sanificare al meglio gli spazi e tutto il personale si è adeguato alle linee guida messe in atto dai vari decreti. I bivacchi invece, che per loro natura non sono presidiati e quindi non possono essere sanificati, per scelta del CAI sono rimasti aperti, ma si possono sfruttare solo in caso di emergenza. È importante, quindi, che si diffonda il messaggio che per quest’anno non bisogna organizzare trekking, escursioni di più giorni o scalate che prevedano il pernottamento in una di queste ultime strutture».

In che modo lo Stato ha aiutato il vostro settore?

«A livello regionale sono state portate avanti iniziative meritevoli come il bonus riqualificazione di cui all’art. 10 del D.L. n. 83/2014, ripristinato per il biennio 2020 e 2021, o il credito d’imposta per i canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo e per gli affitti d’azienda di cui all’art. 28 del decreto Rilancio.

Che cosa invece non è stato fatto?

«Ciò che sarebbe veramente utile è che la legislazione trattasse i rifugi in maniera diversa rispetto alle altre strutture ricettive del settore turistico, cosa che ad oggi non avviene».

Che ruolo gioca la digitalizzazione nel vostro settore?

«Rispetto ad altre realtà per noi procede a un passo più lento, per un semplice motivo: il principale ostacolo è la difficoltà delle strutture poste in quota ad avere una linea. I costi di connessione sono spesso molto elevati e richiedono grandi investimenti, non sempre con buoni risultati. Riuscire a creare una buona rete di connessione, d’altra parte, non è utile solo dal punto di vista turistico ma anche per la sicurezza: si riuscirebbero a garantire assistenza sanitaria a distanza e interventi più tempestivi, un ulteriore supporto per il Soccorso Alpino».

Sarà realmente un’estate di ripresa per il settore?

«Ci potrà essere ripresa se le persone che si sono avvicinate alle terre alte avranno la sensibilità di capire che la montagna non è un parco giochi ad uso e consumo del turismo di massa. La montagna richiede tempo, rispetto, conoscenza. Solo fermandosi sul territorio, pernottando nei rifugi, imparando a conoscere l’ambiente e i suoi ritmi e rispettando la cultura dei luoghi proteggeremo e valorizzeremo il capitale umano e naturale». ©