Un miliardo di euro aggiuntivi in arrivo per il Reddito di Cittadinanza, per un rifinanziamento totale di 8,8 miliardi annui; ma i controlli sulla sua richiesta saranno ben più stringenti per evitare frodi. Una stretta che potrebbe cambiare alcuni scenari per diverse famiglie italiane.
Le verifiche preventive dopo la richiesta dell’aiuto verranno rafforzate e rese più efficienti dall’uso delle banche dati a disposizione degli organi di controllo. Uno sguardo ancor più nel dettaglio sarà destinato ai nuclei familiari più svantaggiati, ma con un focus ancora più rilevante sul tema dell’avviamento al lavoro.
E proprio l’accettazione delle proposte lavorative scandiranno il valore dell’assegno di mese in mese, in una sorta di sistema progressivo che non escluderà la possibilità che il reddito possa essere addirittura revocato: accadrà al rifiuto di due proposte di lavoro congrue (oggi avviene con tre). Se a sei mesi dal rifiuto della prima proposta il soggetto, pur potendo potenzialmente lavorare, continuerà a percepire l’aiuto, questo sarà ridotto di 5 euro ogni mese, pur non potendo mai andare al di sotto dei 300 euro mensili. Al rifiuto della seconda proposta ritenuta congrua, però, il beneficio sarà immediatamente revocato.
Quasi sicuramente cambieranno anche i requisiti di territorialità che stabiliranno se una proposta di lavoro sarà congrua o meno e questa è una delle modifiche più eclatanti. La prima proposta non potrà distare più di 80 chilometri dal luogo di residenza del beneficiario (oggi sono 100). La seconda potrà essere collocata in ogni luogo in tutta Italia, mentre oggi è prevista entro una distanza di 250 chilometri: una misura, questa che avrà il doppio effetto di allargare lo spettro delle possibilità per i beneficiari ma anche di aumentare il rischio di rifiuto da parte di chi sarà impossibilitato ai trasferimenti.
Ma le proposte chi le presenterà? Questa l’altra grande modifica al piano: dei navigator, nella bozza della misura non vi è più traccia. Le discusse figure, circa tremila recruiter che sono costati ai conti pubblici circa 500 milioni di euro in due anni senza molti risultati, saranno sostituiti direttamente dalle Agenzie per il Lavoro private.