Il problema affonda le sue radici ben prima della pandemia. I laureati trovano sempre meno posti di lavoro. In Italia il divario tra Nord e Sud è soprattutto di natura educativa. In Europa siamo l’ultimo Paese per percentuale, dopo la Romania, dove i giovani terminano il loro percorso di studi universitari. I laureati di un’età compresa tra i 30 e i 34 anni al Sud e nelle Isole – nell’arco temporale compreso tra il 2006 e il 2020 – sono passati dal 13% a circa il 20-22% del totale. Ben diverso il discorso al Nord dove invece si è rilevato quasi un raddoppio, che ha portato un terzo dei trentenni sopra il 30%, con un aumento del 16% rispetto al 2006.
Tra i 20-34enni che si sono laureati di Campania e Sicilia meno del 45% ha trovato un impiego stabile a 1-3 anni dalla laurea. Sono valori più bassi di 30 punti rispetto alla Lombardia e decisamente inferiori di Lazio e Veneto. La crisi dell’euro ha colpito maggiormente il Mezzogiorno rispetto al resto d’Italia e la ripresa ha fatto sì che i livelli occupazionali tornassero a essere quelli precedenti. Il fallimento della laurea, che non consente da sola di trovare un lavoro stabile, non ha fatto altro che diminuire la volontà dei ragazzi di terminare il proprio percorso di studi. Questo accade soprattutto al Sud perché al Nord vi sono maggiori risorse economiche che permettono agli studenti di sostenere con più facilità i costi universitari.
Negli ultimi anni sono aumentate anche le borse di studio del 58,3% tra il 2015/16 e il 2019/20. La correlazione tra la percentuale di laureati e la loro occupazione post università diventa sempre più netta. Più si riduce la prima più diventa inevitabilmente bassa la seconda. Secondo gli ultimi dati Istat nel mese di settembre 2021 sono cresciuti gli occupati e diminuiti i disoccupati e gli inattivi. L’aumento della forza lavoro ha registrato +0,3%, pari a +59.000 unità e coinvolge i dipendenti a tempo determinato, le persone tra i 25-34 anni e gli ultra cinquantenni. Il numero delle persone in cerca di lavoro è diminuito del -1,2%, pari a -28.000 unità rispetto ad agosto e coinvolge solo chi ha più di 24 anni. Diminuisce anche la percentuale di inattivi, di un’età compresa tra i 15 e 64 anni, con un -0,3%, pari a -46.000 unità. Rispetto a settembre 2020, diminuisce sia il numero di persone in cerca di lavoro (-9,1%, pari a -230.000 unità), sia quello degli inattivi tra i 15 e i 64 anni (-2,0%, pari a -280.000), che era aumentato in misura eccezionale all’inizio della pandemia. ©