giovedì, 25 Aprile 2024

Stagflazione: con il rally delle materie prime torna l’incubo anni ’70

Sommario

Materie prime sui massimi storici e inflazione a livelli che non si vedevano da decenni: non è ancora stagflazione ma la guerra potrebbe fornire l’ultimo tassello. Le conseguenze dell’invasione russa in Ucraina rischiano infatti di tagliare le gambe al rimbalzo dell’economia dopo il crollo del 2020. Difficili decisioni attendono Fed e soprattutto BCE: da un lato l’obiettivo di fermare il rally dei prezzi al consumo e dall’altro quello di sostenere la crescita in tempi di guerra.

STAGFLAZIONE: COS’È E QUALI SONO LE CAUSE

Per stagflazione si intende una particolare combinazione di crescita economica molto bassa e inflazione molto alta. Si tratta di una situazione anomala in quanto l’inflazione elevata è normalmente determinata da una congiuntura esuberante. La stagflazione deriva da uno shock esterno che ha come conseguenza un incremento dell’inflazione e un contemporaneo peggioramento delle prospettive di crescita economica. L’esempio classico è rappresentato dalla situazione creatasi negli anni ’70: la guerra del Kippur del 1973 e la successiva decisione dei Paesi OPEC di alzare pesantemente il prezzo del petrolio, provocando un balzo dell’inflazione.

Quest’ultimo trovò terreno fertile nelle politiche monetarie espansive in precedenza adottate dalla Federal Reserve per sostenere l’economia. L’abbondanza di liquidità fece da propellente per la crescita dei prezzi spingendo le banche centrali in una trappola: tenere bassi i tassi d’interesse per sostenere l’economia ma con il rischio di vedere azzerata – o negativa – la crescita in termini reali, oppure combattere l’inflazione con l’arma dei tassi ma accettare un inevitabile rallentamento? La scelta cadde sulla seconda opzione con il risultato di mitigare infine la crescita dei prezzi – ma solo nei primi anni ’80 – al costo di ben quattro anni di PIL negativo tra il 1974 e il 1982.

LA SITUAZIONE ATTUALE E LE ANALOGIE CON GLI ANNI ’70

La situazione attuale presenta alcune preoccupanti analogie con gli anni ’70. Prime tra tutte la presenza di un conflitto e il massiccio rialzo dei prezzi delle fonti fossili di energia. Il petrolio ha toccato i massimi dal 2008 e il gas ha segnato nuovi record storici. Questo shock esterno va a innestarsi su un terreno reso già fragile dal balzo dell’inflazione. Gli indici dei prezzi al consumo in USA ed eurozona stanno toccando massimi ultradecennali in scia al rimbalzo dell’attività economica dopo il crollo del 2020. A questo aggiungiamo l’altissimo livello di liquidità in circolo dopo anni di politiche super-espansive da parte della banche centrali.

Lo scenario peggiore che possiamo immaginare ora vede un consolidamento dei prezzi delle materie prime sui livelli attuali – petrolio sui 130 dollari/barile, massimo dal 2008 – con conseguente spostamento verso l’alto delle prospettive di inflazione. Queste dinamiche determinerebbero una riduzione del reddito disponibile delle persone fisiche e quindi una flessione della domanda. Il risultato sarebbe quindi un rallentamento della crescita economica accoppiato ad alti tassi di inflazione, riproponendo la configurazione anni ’70. Le banche centrali si troverebbero a fronteggiare lo stesso dilemma di allora. Con una differenza: lo scenario era già predisposto – soprattutto per quanto riguarda la Fed – per una stretta consistente.

FED E BCE: PREVISIONI SULLE PROSSIME MOSSE

Nella riunione del 16 marzo la banca centrale americana dovrebbe alzare il target rate dei Fed Funds di un quarto di punto dall’attuale 0-25% a 25-50%. Fino a un mese fa c’era un 30% di probabilità che l’incremento potesse essere di mezzo punto, ma l’escalation militare in Ucraina ha cancellato questa possibilità. Un altro quarto di punto è atteso nella riunione di maggio mentre per giugno stanno salendo le probabilità di ritocco di mezzo punto percentuale. Per fine anno i tassi ufficiali USA sono attesi all’1,5% sopra i livelli attuali. Molto più sfumato lo scenario dell’eurozona. Dopo le indicazioni fornite nella riunione BCE di inizio febbraio molti analisti avevano puntato su un rialzo di mezzo punto percentuale entro fine anno – in due tranche da 25 bp a settembre/giugno e dicembre – con conseguente ritorno a zero del tasso di riferimento. Il conflitto Russia-Ucraina potrebbe però cambiare la prospettiva e indurre l’Eurotower a prolungare l’atteggiamento accomodante. Fari puntati sulla riunione del 10 marzo. ©

Simone Ferradini

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Foto: jonathan borba da unsplash