domenica, 5 Maggio 2024

La guerra attacca il lusso. Zurino, Forum Italiano Export: «Il blocco è la morte del made in Italy»

DiRedazione

15 Marzo 2022 , , ,
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Il conflitto russo-ucraino si prefigura come l’ennesimo flagello per l’export italiano, in particolare per il settore lusso. La durata della crisi (che si trascina da almeno 8 anni) unitamente alla pandemia hanno già determinato significative conseguenze sull’economia nazionale. Ora che però l’esportazione dei prodotti verso la Russia e l’Ucraina è ufficialmente ferma, bisognerà fare i conti con uno scenario che si prospetta molto più che complicato. A rischio c’è la sopravvivenza di alcuni settori, come quelli delle piccole aziende artigiane e in generale la tenuta dei segmenti più consolidati. Come quello dei beni di lusso e dei manufatti di alta moda.

«Le nostre aziende hanno vissuto una pandemia e hanno visto, da poco, una ripresa abbastanza forte, relativamente al commercio estero. Con il superamento di 500 miliardi di export nel mondo», dice Lorenzo Zurino, Presidente del Forum Italiano dell’Export.

La Russia è una piazza strategica per l’Italia, soprattuto per quanto riguarda i prodotti di lusso. Cosa teme che accadrà alla luce delle sanzioni imposte a Mosca?

L’embargo commerciale con la Russia, in questi anni, sotto moltissimi aspetti ci ha penalizzato e ha fatto perdere all’indotto agroalimentare italiano, decine di miliardi l’anno. Adesso tutto ci voleva tranne che una guerra. Il dato dell’inflazione denuncia che l’Italia è in pesantissimo affanno. I costi del greggio, del gas e delle materie prime stanno strozzando le nostre imprese. Questi effetti delle sanzioni si stanno scaricando sui consumatori e questo si tradurrà, inoltre, in un crollo dei consumi stimato in oltre 6 miliardi. Ricordo a me stesso che noi esportatori, in questo momento, viviamo anche un’altra crisi che è quella della logistica. Noi pagavamo un contenitore dall’Italia verso New York, ad esempio, circa 2000 euro fino a qualche settimana fa. Oggi, lo stesso identico contenitore lo paghiamo 8000. Quella che noi esportatori stiamo vivendo è quindi una tempesta perfetta. Mette insieme il costo del trasporto, il costo della benzina e oggi anche una guerra che ci priva di un mercato per noi fondamentale».

L’Italia è il secondo Paese fornitore di beni del Sistema Moda in Russia. Nel 2021 le esportazioni sono aumentate del 24% rispetto all’anno precedente. Cosa ha contribuito a questo risultato?

«Esportiamo in Russia per 7,7 miliardi. Il blocco significa la morte del made in Italy. La stima fatta da Confartigianato è che ci rimetteremo subito 3,5 miliardi. Con alcuni settori come la moda, colpita per 1,3 miliardi, l’arredamento per 500 milioni, l’agroalimentare per quasi 1 miliardo, il vino per 350 milioni essendo noi i primi fornitori di Mosca. La Russia ha dimostrato di essere un’autentica estimatrice dei nostri prodotti, soprattutto di quelli di alta gamma».

Oltre ai grandi marchi che hanno indubbiamente maggiori capacità di assorbire l’urto, ci sono le piccole e micro imprese che producono manufatti di grande qualità. Che rischio corrono in questa turbolenza?

«Le conseguenze della guerra rischiano di ripercuotersi in particolare sulle piccole imprese. I settori italiani con la maggiore concentrazione di micro e piccole imprese, soprattutto alimentari, moda, mobili, legno, metalli, vendono in Russia prodotti per 2.684 milioni di euro. Pari al 34,9% delle nostre esportazioni nel Paese. Il conflitto rischia dunque di inasprire anche le gravi conseguenze sui flussi commerciali, riportando ulteriori effetti sul prezzo dei beni energetici e delle materie prime. Con conseguenti ripercussioni sull’agroalimentare italiano, che rappresenta quasi il 10% del fatturato totale dell’export dell’Italia in Russia. Il rischio in questo momento è che il nostro Paese paghi più di altri le conseguenze di questa nuova escalation di violenza. Oggi l’Italia esporta verso la Russia 7,7 miliardi di prodotti e ne importa 12,6 miliardi, in particolare gas e materie prime. Parliamo di circa 20 miliardi di interscambio».

A partire dal 2014, in Russia sono vietate le importazioni di frutta, verdura, formaggi, carne, provenienti da diversi Paesi tra cui quelli dell’Unione Europea e tra questi l’Italia. Questa guerra rischia di cancellare completamente il made in Italy a Mosca e anche a Kiev?

«In questo momento in Russia è tecnicamente impossibile esportare nulla, finanche la possibilità logistica è bloccata. Molta attenzione, lo dicevano i dati dell’ICE, è stata data su quanto noi esportiamo, in termini valoriali, nella federazione russa. Circa 7,7 miliardi, a mio avviso un po’ pochi. Però non dimentichiamo che anche l’Ucraina è un Paese dove l’Italia esportava tantissimo, in termini di qualità, di cibo, di fashion, di attività».

Quali sono le regioni o le aree del nostro Paese che risentiranno di più di eventuali cali dell’export?

«Sicuramente l’Emilia-Romagna, seguita da Veneto, Marche, Piemonte, Friuli-Venezia Giulia e Lombardia. Mentre tra le province, l’export manifatturiero in Russia pesa maggiormente a Vercelli, Fermo, Vicenza, Reggio Emilia, Frosinone, Treviso, Bologna e Piacenza».

La Russia è un mercato importante ma delicato, che ciclicamente pone dei problemi. Gli imprenditori dovrebbero dirigere altrove i propri obiettivi commerciali internazionali in attesa che la situazione a Mosca si rassereni? Dove?

«Ci sono determinati centri di ricavo italiani che vengono sostanzialmente dalla Russia. Penso per esempio al turismo del lusso, al fashion, alla meccanica, al cibo di qualità: ecco, ora questi sono tutti congelati. Un processo di esportazione si basa principalmente su due colonne. Una è la logistica, cioè fare arrivare quelle merci nel luogo dove vengono richieste. La seconda è la dogana. All’interno di due Stati in guerra, in questo caso Ucraina e Russia, evidentemente non è possibile attivare la logistica e certamente non si pensa ad attivare la dogana. Quindi, in questo momento l’unico consiglio che mi sento di dare ai miei colleghi, e soprattutto gli imprenditori, è chiaramente quello di andare a scoprire geografie commerciali nuove».

In che modo il Forum Italiano dell’Export si pone come riferimento in questo scenario?

«Da mesi, ribadiamo che debbano essere costruiti ponti, ma assistiamo invece a un ulteriore muro che rischia di minare le nostre eccellenze e il tessuto produttivo. Allarme che abbiamo già dato più volte in passato, denunciando quanto stava costando all’Italia l’embargo russo. Sappiamo quanto valga il made in Italy, per questo ci attiviamo costantemente, attraverso le Ambasciate, in alcuni mercati di riferimento per cercare un canale di mediazione affinché la nostra risorsa più importante venga valorizzata al meglio».

Marianna
D’Alessio