giovedì, 25 Aprile 2024

Il mercato delle materie prime cade sotto i colpi del conflitto

 

Dagli acciai al rame, il comparto delle commodities reagisce alle crescenti tensioni sull’economia mondiale. La guerra tra Russia e Ucraina fa volare alle stelle i prezzi delle materie prime e noi saremo i primi a pagare. L’allarme riguarda soprattutto i metalli e in modo particolare il nichel. L’invasione potrebbe bloccare l’export di Mosca, a cui si somma un rialzo del mercato dovuta alle basse scorte. La Nornickel – società mineraria e metallurgica russa, tra i principali produttori di nichel e palladio al mondo – rappresenta da sola il 20% del mercato globale di nichel utilizzato per la produzione di batterie.

Non è molto diversa la situazione per le altre materie prime, come gas e petrolio. A preoccupare sono le parole del vicepresidente russo Alexander Novak che ha ipotizzato di bloccare le forniture di metano del gasdotto Nord Stream 1 per controbattere allo stop causato dalle sanzioni europee del Nord Stream 2. Uno scenario preoccupante che aggrava i problemi portati alla luce negli ultimi due anni dalla pandemia. «Bisogna aumentare l’offerta di materie prime e la capacità industriale.

La Russia controlla una buona parte di questo mercato a livello mondiale, per cui al fine di poter ridurre fortemente il controllo è importante che l’Occidente vari delle azioni di stimolo fiscale molto forti per incentivare il privato ad aiutare il pubblico ad aumentare la capacità produttiva e quella estrattiva delle materie prime», spiega Gianclaudio Torlizzi, fondatore di T-Commodity e autore del libro Materia rara. «L’Occidente dovrebbe evitare che il processo di reindustrializzazione si traduca in un controllo troppo spinto da parte dello Stato sull’economia. Questa sarà la sfida dei prossimi anni».

Dal rame al petrolio, passando per il minerale di ferro e il caffè, le percentuali di crescita sono arrivate anche a tre cifre percentuali, toccando in alcuni casi livelli record di prezzo

«È stata una reazione molto forte, ma per le materie prime non è stata una dinamica così estranea, perché sono uno degli asset a livello mondiale che più riflettono fedelmente le tensioni o le dinamiche in atto sull’economia mondiale. La pandemia e il processo che ne sta conseguendo, ovvero la separazione sempre più marcata tra Est ed Ovest, ha provocato una rottura che non può non avere un effetto violento su dei beni così sensibili. La guerra in Ucraina non fa altro che amplificare il problema».

A mettere in ginocchio i consumatori sono soprattutto l’aumento del grano, della benzina e il caro bollette

«Le logiche di mercato, almeno per i prossimi mesi, devono essere accantonate e serve un aiuto importante da parte dello Stato per permettere alle imprese e alle famiglie più deboli di poter comunque andare avanti. Il rischio è che così si possa aumentare ulteriormente l’inflazione».

Possiamo dire che è partito un vero e proprio superciclo – ovvero una fase rialzista dove l’offerta fatica regolarmente a soddisfare la domanda – delle materie prime?

«È partito circa un anno fa e oggi è più che mai attuale, visto che è aggravato dal conflitto militare tra Russia e Ucraina, che esercita ulteriore pressione sull’offerta. È impreciso dire che i costi delle materie prime salgono solo per la guerra, perché si trovavano in un contesto di grande pressione già in precedenza».

Rame e petrolio hanno avuto una ripresa a V. Lo stesso petrolio, dopo aver toccato il 22 aprile 2020 i 15,98 dollari al barile, ha intrapreso una lenta ma costante fase di stabilizzazione fino ad arrivare nell’autunno del 2021 sopra agli 80 dollari al barile. Oggi qual è la situazione?

«Il mercato, quando reagisce a queste dinamiche così strutturali,  regolarmente produce delle fasi di decongestione e raffreddamento che non devono secondo me essere considerate come un’inversione del trend. Sono delle fasi in cui l’iper comprato viene smaltito. Ogni calo dei prezzi oggi deve essere colto come un’opportunità per comprare. Il trend attuale rimarrà lo stesso ancora per molto tempo».

Che ruolo hanno giocato le banche centrali e i governi nel boom dei consumi?

«Notevole. Più i governi che le banche centrali, che in realtà già agli inizi del 2000 avevano messo in atto delle azioni di stimolo monetario molto cospicue. In realtà le materie prime non sono state alimentate al rialzo da stimoli monetari, che paradossalmente hanno un effetto di deflazione, ma il grande cambiamento è dovuto all’inaugurazione di politiche di stimolo fiscale. Era dal secondo dopo guerra che l’economia mondiale non assisteva a una spinta fiscale così importante».

Non appena l’ondata di stimoli monetari e fiscali sarà conclusa l’economia mondiale tornerà a navigare nel mare della stagnazione prepandemica?

«No, ci sarà un quadro diverso, fatto di separazione tra le democrazie liberali e i regimi autocratici. Questo si tradurrà in una reindustrializzazione del blocco euroatlantico con conseguente forte aumento della spesa in difesa, che è notoriamente grande utilizzatrice di materie prime come metalli, acciai, terre rare e metalli preziosi. Il fenomeno di reindustrializzazione è necessario per staccarci dalla Russi e dalla Cina e richiederà un forte utilizzo di materie prime. Lo scenario che ci si prospetta davanti non farà altro che confermare il trend al rialzo attualmente in atto».

Che ruolo giocherà la Cina nei prossimi anni? Da Evergrande, il secondo gruppo immobiliare cinese,  dipende il 30% del consumo mondiale di acciaio, il 27% di zinco, il 21% di alluminio e il 10% di rame

«La Cina assisterà a una trasformazione nei suoi rapporti con l’Occidente. Non credo che oggi ci siano le condizioni per tornare a quei livelli di globalizzazione spinta a cui abbiamo assistito sino all’inizio della pandemia. Oggi la Cina è impegnata in una chiusura della propria economia, suggellata dalla Common Prosperity, per cui credo che nei prossimi anni abbandonerà la funzione di esportatrice a livello mondiale per concentrarsi sul ruolo di leadership all’interno del blocco alternativo a quello delle democrazie liberali, che si contrapporrà a quello euroatlantico».

Che previsioni si sente di fare per il futuro del mercato delle materie prime?

«Che rimarrà strutturalmente rialzista. Non c’è alcuna ragione per attendersi un raffreddamento dei prezzi, che rimarranno tesi ma saranno anche oggetto di grande volatilità».               ©