lunedì, 7 Ottobre 2024

Bonus psicologo: un aiuto da 20 milioni, che non basta

DiRedazione

15 Aprile 2022
Bonus psicologo

Dopo un lungo tira e molla, il Governo italiano mette sul piatto per la salute mentale, che in questi anni pandemici ha visto 8 persone su 10 sviluppare problemi di malessere psicologico strutturato, il Bonus Psicologo: 20 milioni di euro. Una metà è destinata al potenziamento delle strutture già esistenti e al reclutamento di professionisti sanitari e di assistenti sociali. L’altra serve per i cittadini che, in base all’Isee, possono chiedere un ristoro di fronte alle spese per sedute di psicanalisi e terapie con un tetto massimo di 600 euro a persona. In base alle stime sono circa 16mila i pazienti che possono usufruire della misura, a fronte di circa 60milioni di abitanti. Eppure durante il lockdown 1 persona su 2 ha sofferto di depressione, il 23,3% ha mostrato un impatto psicologico moderato o severo e nove su dieci hanno lamentato sintomi di stress psicologico. In aumento anche i disturbi del comportamento alimentare: +28% solo per l’anoressia. In questo quadro, il 27,5% delle persone che voleva iniziare un percorso psicoterapeutico ha dovuto rinunciare per questioni economiche. «Le risorse non basteranno», dice Giacomo Caudo, presidente della FIMMG (Federazione Italiana Medici di Medicina Generale). «Il problema della salute mentale non è stato ancora affrontato in maniera compiuta. Tra le altre cose, dobbiamo tenere conto di un fatto fondamentale, l’impatto molto devastante della pandemia che ha accentuato i disagi mentali in maniera quasi esponenziale. Si parla, probabilmente, di più del raddoppio delle problematiche di natura psicologica».

Ad oggi, in Italia, non esiste una legge nazionale che istituisca la figura dello Psicologo di base, tuttavia in Senato c’è il disegno di legge n.1827 del settembre 2020, che prevede un servizio di psicologia di cure primarie, strutturato a livello di distretto in ogni azienda sanitaria.

Dopo la prima proposta di legge – caduta nel dimenticatoio – per istituire lo psicologo di base, nel 2010, nel 2017 la consulenza psicologica è entrata a far parte dei LEA, i livelli essenziali di assistenza che il sistema sanitario nazionale deve garantire a tutti in forma gratuita. Anche il Decreto Calabria del 2019 ha prestato attenzione alla figura dello Psicologo di base e ne ha previsto la presenza nello studio del medico di famiglia. Ma la prima Regione a prendere una decisione definitiva è stata la Campania che, nel luglio 2020, ha istituito questa figura all’interno di tutte le ASL. Nel Lazio sono stati stanziati 2,5 milioni per garantire l’accesso alle cure in primo luogo ai giovani e alle fasce più fragili. In Lombardia invece, il 18 gennaio 2022, il Consiglio regionale ha approvato la mozione che prevede l’estensione dello Psicologo di base a tutti i residenti della Regione. Questa figura sarà inserita nell’ambito dei servizi offerti dalla sanità pubblica regionale, in primis nelle Case della Comunità previste dal PNRR.

Ma guardando oltreconfine scopriamo di essere indietro sul tema. In Francia, grazie al progetto MonPsy, dallo scorso 5 aprile, bambini e adulti possono beneficiare di otto sedute gratuite all’anno con uno psicologo. Il tutto a costo zero, rimborsati dal sistema di assicurazione sanitaria e sanità complementare.

«È chiaro che il Bonus è un primo passo, perché è solo un aspetto del trattamento del disagio psicologico. Il fenomeno del disagio mentale è così diffuso e presenta delle sfumature anche difficilmente rilevabili, che andrebbe fatto un intervento a più ampio raggio. C’è la necessità di una riorganizzazione della rete, perché i dipartimenti di salute mentale da soli non ce la possono fare e bisogna rafforzare anche la rete delle varie figure professionali, a partire da quelli che vivono nel territorio, come i medici di famiglia e i pediatri di libera scelta».

Condivide il tetto massimo Isee di 50mila euro per accedere al sostegno?

«Il problema è che la nostra sanità funziona a risorse definite. La “coperta” è quella che è. Se tu la tiri da un lato, se ne scopre una parte. Nel momento in cui non puoi dare tutto a tutti, devi mettere dei limiti. Secondo me, in qualsiasi caso, la parte che rimane scoperta si lamenterà».

Dieci milioni di euro sono destinati per il potenziamento della rete pubblica di assistenza psichiatrica, comprendendo le Asl e i consultori. In che stato si trovano le strutture pubbliche di prossimità e quanto bisognerebbe investire per renderle più innovative?

«Questo, secondo me, è l’aspetto più significativo, un sovvenzionamento per migliorare l’infrastruttura. Lo vedo più positivo rispetto ai primi 10 milioni, anche se quest’ultimi hanno certamente un impatto maggiore, anche da un punto di vista mediatico. Bisogna migliorare la strutturazione non solo dei dipartimenti di salute mentale, ma anche del raccordo di questi con le altre figure del territorio: pediatri, medici di famiglia e scuola. Il primo passaggio è quello della precoce individuazione dei soggetti che hanno, che possono manifestare e che manifesteranno, poi, dei disagi psicologici».

Si potrebbe allargare il Bonus convenzionando anche gli psicoterapeuti liberi professionisti?

«Sì, credo che lo spunto sia proprio questo. I famosi 10 milioni serviranno per poter individuare terapeuti, anche liberi professionisti, a cui queste persone possono accedere».

Il servizio psicologi di base nell’ambito della rete dei medici e dei pediatri di famiglia – intervenendo tempestivamente su sintomi fisici legati a disturbi psicologici – potrebbe ridurre la spesa farmaceutica e l’eccessiva prescrizione di esami…

«La situazione oggi è che una famiglia che deve dare delle risposte ai bisogni di salute in generale e dove le risorse sono limitate, privilegerà i primi a scapito di quelli psicologici. Ed è questo il confine culturale tra malattia vera e propria e disagio mentale».

In che “stato di salute” si trova la formazione italiana nel settore della sanità?

«Bisogna fare molto di più perché tutto parte da qui. Migliorando la formazione di tutto il personale, si avrà una migliore utilizzazione delle risorse che si mettono nel sistema. Nella salute mentale è ancora più importante perché non tutti gli operatori sono pronti a rispondere ai disagi di salute mentale: quelli iniziali, non evidenti e sfumati. La formazione è fondamentale perché il disagio psicologico è molto complesso, necessita di un trattamento personalizzato, non è uguale per tutti».

Secondo i dati raccolti dal Consiglio nazionale dell’Ordine degli psicologi, in questi anni pandemici +8 persone su 10 hanno sviluppato problemi di malessere psicologico strutturato e 2 disturbi mentali su 10 in senso stretto e più severi. Quali difficoltà si incontrano, quotidianamente, nei servizi di salute mentale?

«Diciamo che già prima del Covid-19, magari in maniera meno evidente, esistevano delle condizioni predisponenti, probabilmente legate al tipo di società e anche alla cambiamento dell’impostazione della famiglia stessa. È chiaro che in una situazione particolare e imprevedibile e, sotto certi aspetti, impattante come è stata la pandemia era quasi inevitabile che i disturbi di disagio psicologico latenti venissero fuori e manifestati in maniera così forte». ©

Mario Catalano

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