L’ipotesi eurobond torna a far discutere dopo l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Le conseguenze della guerra metteranno pressione sui debiti pubblici dei Paesi europei, soprattutto quelli dell’area mediterranea. Il nord si oppone compatto ma i movimenti di mercato confermano che si è aperto uno spiraglio.
GUERRA UCRAINA: PEGGIORA LO SCENARIO MACROECONOMICO
L’invasione dell’Ucraina ha conseguenze negative sullo scenario macroeconomico mondiale e soprattutto europeo a causa della dipendenza dalle forniture di idrocarburi dalla Russia. Il prezzo del gas è volato alle stelle: toccati a inizio marzo i 345 euro/megawatt contro i 15-20 dello stesso periodo del 2021. Anche altre materie prime hanno subito forti rialzi mentre alcuni prodotti sono scomparsi dagli scaffali dei supermercati, come l’olio di semi di girasole: l’Italia ne importava oltre il 60% dall’Ucraina.
Tutto ciò determina ulteriori pressioni al rialzo sull’inflazione, già salita su livelli ultradecennali a causa delle criticità create dalla pandemia. Il balzo dei prezzi delle materie prime e dell’inflazione ha alcuni effetti negativi sui budget statali. I governi sono costretti ad aumentare le spese per alleviare il peso delle bollette energetiche: in Italia dal 1° aprile le utenze per elettricità e gas sono un po’ più leggere – meno 10% circa – ma si tratta del primo calo dopo ben 6-7 trimestri di aumenti.
Un ulteriore aggravio per i conti pubblici arriva poi dall’ascesa dei tassi d’interesse. Il rialzo dell’inflazione, che fino a prima dell’invasione russa era considerato un fenomeno temporaneo, sembra ora più strutturato. Questo comporta uno spostamento verso l’alto della stima sull’inflazione futura, ovvero una delle componenti determinanti dei tassi a medio-lungo termine. In altre parole gli interessi passivi sui titoli di Stato salgono e creano un danno per le finanze pubbliche. Infine, il conflitto Russia-Ucraina ha indotto gli Stati europei ad annunciare incrementi consistenti delle spese militari. A tutto questo aggiungiamo che un rallentamento della crescita sembra scontato: anche per questo fattore il rapporto debito/PIL è destinato ad aumentare.
SPREAD SOTTO CONTROLLO: EFFETTO EUROBOND?
La naturale conseguenza di queste dinamiche dovrebbe essere – soprattutto per l’Italia – un netto incremento dello spread. Un peggioramento dei conti pubblici rende infatti il debito tricolore più rischioso rispetto a quello del Paese benchmark, ovvero la Germania. Pertanto il differenziale di rendimento tra BTP e Bund a 10 anni avrebbe dovuto aumentare sensibilmente. Invece lo spread, dopo aver toccato il massimo da giugno 2020 a 178 bp il 24 febbraio – giorno dell’inizio dell’invasione dell’Ucraina – ha progressivamente perso terreno verso area 140, per poi recuperare sui 170 ma restando ben al di sotto dei livelli di febbraio.
Sono movimenti incoerenti con il quadro macroeconomico e geopolitico prima descritto: qual è la spiegazione? Molto probabilmente il mercato ha iniziato a scontare la possibilità che i Paesi dell’unione monetaria decidano di emettere eurobond per finanziare le spese extra in armamenti e sostegni per consumatori e imprese oppressi dal caro-energia. Paesi come Spagna e soprattutto Italia trarrebbero notevole vantaggio dalla mutualizzazione del debito: per questo gli spread – anche quello della Spagna – sono scesi con l’avvio del conflitto Russia-Ucraina.
DIPLOMAZIE AL LAVORO SUGLI EUROBOND
L’ipotesi eurobond è quindi sul tavolo e – a quanto risulta dalle cronache – è stata discussa nel corso della riunione informale dei capi di Stato o di governo a Versailles circa un mese fa. Sarà però molto difficile convincere la Germania e i cosiddetti Paesi frugali: Olanda, Austria, Danimarca, Svezia ne costituiscono il nucleo storico, poi si sono aggiunti Finlandia, Lettonia, Repubblica Ceca e Slovacchia. Dal loro punto di vista mutualizzare il debito con Paesi poco virtuosi dal punto di vista del rigore dei conti è qualcosa da evitare assolutamente. Nondimeno, se esistono progetti comuni che richiedono investimenti sembra logico che le risorse vengano procurate mediante emissioni di debito dell’Unione Europea.
Ne è un esempio il NextGenerationEU, lo strumento temporaneo per la ripresa post Covid-19 da oltre 800 miliardi di euro. Di questi, circa 340 verranno finanziati con l’emissione dei NextGenerationEU green bonds e dei social bond del programma SURE. Nella conferenza stampa che ha chiuso i lavori a Versailles il presidente francese Emmanuel Macron ha lasciato la porta aperta alla possibilità di utilizzo degli eurobond per sostenere i programmi di spesa necessari a rafforzare la sovranità della UE messa a dura prova dagli ultimi eventi geopolitici. Per Macron, una volta trovato l’accordo sugli obiettivi da raggiungere, la scelta degli strumenti sarà una conseguenza naturale. Premono nella direzione degli eurobond i Paesi dell’area mediterranea Italia, Spagna, Portogallo e Grecia: Mario Draghi si è più volte speso per sostenere l’emissione di titoli europei. ©
Simone Ferradini
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