martedì, 23 Aprile 2024

La lotta gender degli stipendi sportivi: in Serie A arriva il primo arbitro donna

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Il debutto di Maria Sole Ferrieri Caputi in Serie A non cancella dati ineluttabili. Gli arbitri donna continuano a sperimentare un accesso estremamente limitato alle massime categorie, e conseguentemente ai migliori stipendi disponibili.

Dopo l’esordio in Serie B di Maria Marotta e quelli più altisonanti di Rebecca Welch in Premier League e Stéphanie Frappart in Champions League, la 32enne livornese dirigerà una partita del principale campionato nostrano già a partire dalla prossima stagione. Un grande passo avanti in materia di gender equality, ma ancora molti ce ne sono da fare. Se è vero, infatti, che nessuna Lega paga diversamente i propri direttori di gara in base al genere, è altrettanto vero che lo squilibrio di ingresso nella posizione rende davvero impossibile parlare di parità economica. E quello stipendio identico, dati alla mano, appare immediatamente molto meno equo.

Parlare di stipendio, però, porta immediatamente a una domanda scontata: di che cifre si parla?
La risposta è che ci sono fasce di stipendio derivanti da una serie di criteri, tra cui non figura il genere dell’arbitro. Incide invece moltissimo la categoria in cui si lavora e l’esperienza in una data competizione: la differenza che ne scaturisce può essere economicamente davvero sostanziale.
Un arbitro di Serie C, per esempio, percepisce circa 200 euro lordi a partita. In Serie A, invece, il compenso base parte da 3.800 euro a match. Alle cifre maturate gara per gara si aggiunge poi un fisso annuale, calcolato in base alle presenze precedenti: in Serie A si va dai 45.000 euro all’anno per chi ha meno di 25 partite nella massima categoria (Ferrieri Caputi partirà da qui) agli 80.000 euro per i direttori di gara di caratura internazionale. Ci sono poi i rimborsi, calcolati in base alla distanza dalla propria sede arbitrale di riferimento: 300 km di distanza dalla sede al campo sportivo in cui si giocherà corrispondono, per esempio, a 800 euro di rimborso.
Sono cifre in linea con i principali campionati europei. Un arbitro di Premier League inglese può arrivare a 81.000 euro all’anno, mentre l’eccezione al rialzo è la Liga spagnola: quasi 200.000 euro all’anno per i più quotati. Cambia la musica, però, facendo un rapido confronto con gli sport americani. In MLB si toccano vette di 425.000 euro all’anno, in NHL 300.000, in NBA addirittura 525.000 euro. Cifre altissime, ma in linea con il divario del giro d’affari tra USA e Italia: mentre nel 2019 il calcio italiano nel suo complesso si stimava valere circa 3,5 miliardi di euro, l’NBA pre-pandemia superava i 7 miliardi.

Dalla Svizzera al Qatar: le conquiste degli arbitri donna nel calcio

Maria Sole Ferrieri Caputi è certa che il suo non sia un semplice exploit: le donne sono destinate a guadagnare sempre più posto nel mondo arbitrale calcistico. Dietro il suo esempio, dopotutto, c’è una storia collettiva, fatta di pregiudizi sfidati e strade che si aprono a fatica.
Partendo dal calcio nostrano, Maria Grazia Pinna è la prima a dirigere un incontro di calcio maschile. Correva l’anno 1979, partita tra due compagini toscane, Colonnata e Fiorenza, del campionato UISP (Unione Italiana Sport Per tutti). Per la prima direzione di gara in una massima serie europea bisogna invece andare al 1999, con la svizzera Nicole Petignat. Già quattro anni prima, in Germania, Gertrud Gebhard aveva per prima fatto parte di una terna arbitrale come guardalinee.
I passi in avanti nel riconoscimento degli arbitri donna dal ’99 a oggi sono stati lenti ma costanti, e al mondiale in Qatar di quest’anno gli ufficiali di gara di sesso femminile saranno sei, di cui tre arbitri. Si tratta di Salima Mukansanga (Rwanda), Yoshimi Yamashita (Giappone) e la già citata Stéphanie Frappart, francese che rappresenta la punta di diamante del movimento. Anche la sua storia, apparentemente da predestinata, nasconde una lunga e probante gavetta iniziata nel 2011 con la prima direzione nello Championnat National (Serie C francese). Da lì la francese non si è più fermata: prima donna arbitro in Ligue 1, Champions League e qualificazioni per il torneo mondiale.

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La storia degli arbitri donna nello sport maschile, per molti versi, parte addirittura dal baseball negli anni ’70. (credits: Philip Strong via Unsplash.com)

Bernice Gera, Violet Palmer: gli arbitri al femminile negli altri sport

Anche altri sport di squadra hanno mostrato recenti aperture ad arbitri di sesso femminile, spesso dopo un cospicuo periodo di stasi. Nel 2019 quattro donne hanno per la prima volta arbitrato in un evento di hockey NHL, Sarah Thomas e Maia Chaka arbitrano in NFL rispettivamente dal 2015 e dal 2021 e in NBA gli ufficiali di gara donna sono sei, con la prima presenza femminile nella terna arbitrale a firma Violet Palmer, addirittura nel 1997.
Dietro questi debutti, però, si celano spesso anni di lotte per l’affermazione della propria eguale capacità di svolgere il lavoro dell’arbitro. Nessuna di queste lotte, verosimilmente, è stata più acre e impopolare di quella di Bernice Gera, arbitro americano che per dirigere un incontro professionistico di baseball nel 1972 (e ritirarsi subito dopo, citando il risentimento dei suoi colleghi di sesso maschile) ha dovuto portare in tribunale la New York Professional Baseball League; la Lega newyorkese non la voleva tra i suoi ufficiali di gara a causa, secondo il presidente Vincent McNamara, del linguaggio scurrile in campo e degli spogliatoi solo per maschi.
Ad oggi, il più alto grado del baseball americano – la Major League Baseball – non presenta tra i suoi ranghi arbitrali una singola donna. Sintomo di un cambiamento che, in numerosi ambienti, è ancora molto lontano.

Marco Catanzaro

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