Non sembra affatto una bolla tesa a esaurirsi in breve tempo. Anzi, l’interesse per il Metaverso cresce soprattutto nativi digitali. Tanto che, entro il 2025, un prodotto su cinque sarà acquistato da clienti della Generazione Z e il mercato è destinato a toccare i billions a doppia cifra. «Il settore Moda-Lusso potrà raggiungere entro il 2030 i 44 miliardi di euro, con i marchi di soft luxury (prêt-à-porter, pelletteria, scarpe, ecc…) molto ben posizionati rispetto all’hard luxury», dice Tommaso Nastasi, Partner Deloitte Financial Advisory. «Anche se il Metaverso impiegherà ancora molto tempo per affermarsi, gli NFT e i videogame potrebbero espandere il mercato potenziale dei gruppi di lusso di oltre il 10% nei prossimi 8 anni, con un aumento dell’EBITDA di circa il 25%. Il mercato fisico rimarrà quello preponderante, e lo scenario che si prospetta è quello di uno spazio ibrido in cui reale e virtuale si integreranno a vicenda».
L’ingresso nel mondo virtuale per i big player del fashion avviene secondo diverse modalità, dalle collaborazioni con noti videogame alla realizzazione di prodotti esistenti solo digitalmente per arrivare al lancio in contemporanea di collezioni sia sul mercato fisico che nel Metaverso. Quali ricadute in termini di ricavi per le aziende che collaboreranno con le Maison?
«La commistione tra il mondo del lusso e altri settori fino a ora inesplorati, come quello del gaming, genereranno importanti opportunità di business per entrambi i segmenti. Se pensiamo anche solo all’enorme potenziale generato dagli investimenti in marketing & advertising nelle realtà immersive, si stima che il mercato dell’in-game advertising raggiungerà i 18.4 miliardi di dollari nel 2027, con un tasso di crescita di circa il 20% rispetto al 2021».
Che tipo di nuovo indotto lavorativo si potrebbe creare?
«Tra le figure professionali necessarie per affermare il proprio Brand nella realtà virtuale possiamo trovare un’evoluzione del ruolo dei Content Creators e Storytellers e degli Event Producers Manager specializzati nelle esperienze del Metaverso (concerti, sfilate, eventi, mostre di arte, ecc.), designer specializzati nella creazione di modelli per gli “avatar”, Community manager focalizzati nel costruire una solida community virtuale, e molte altre. Alcune Università stanno anche rispondendo a questa esigenza lanciando dei corsi di Laurea ad hoc».
Si continua a guardare con interesse alla Cina, principale motore di ripresa del mercato di beni di lusso e che, secondo le stime, entro il 2025 arriverà ad assorbirne il 50% delle vendite. Quale sarà la geopolitica del Metaverso del lusso nel futuro? Quale Paese potrebbe candidarsi a capitale del Metaverse-Luxury?
«Il mercato americano sembra essere il pioniere del Metaverso, seguito dalla Cina, con molte aziende tech che stanno investendo nel settore. Basti pensare al colosso che controlla Facebook, Instagram e WhatsApp che ha recentemente cambiato nome in “Meta”, seguendo la nuova visione dell’azienda di contribuire a dar vita al Metaverso. In Cina invece, a dicembre del 2021 più di 700 aziende hanno presentato oltre 10mila domande di registrazione del marchio “Metaverse”. Tuttavia, il successo di questa nuova tecnologia dipenderà fortemente dallo sviluppo nei vari Paesi di una rete di infrastrutture per la connettività idonee a garantirne l’adozione, come la rete 5G».
Dopo il brusco calo registrato nel 2020 a causa della pandemia di Coronavirus e la graduale ripresa dell’anno scorso, il 2022 si prospetta per il mercato del lusso come l’anno del ritorno alle dimensioni e ai livelli di crescita pre-Covid. Riuscirà il mercato del Metaverso a raggiungere i numeri di quello reale e quali saranno le differenze?
«Per approdare nel Metaverso occorrono ancora dai 5 ai 10 anni di lavoro, necessari per implementare l’architettura tecnologica. Le opportunità di crescita sono molto interessanti soprattutto perché la più grande forza del mondo virtuale risiede nei suoi utenti, principalmente parte della Generazione Z, che si prevede rappresenterà più del 20% del mercato dei beni personali di lusso nel 2025. I brand di moda stanno infatti cercando di cogliere le opportunità offerte dal Web 3.0 per rivolgersi a un target più giovane e variegato ed entrare in un contesto pieno di opportunità. Il principale limite attuale, che rappresenta anche una sostanziale differenza rispetto al mondo reale, è l’impossibilità di effettuare acquisti nel Metaverso tramite valute “classiche”, bensì è necessario avere un portafoglio virtuale di crypto valute».
Il boom nel Metaverso potrebbe avere risvolti negativi sulla catena di approvvigionamento dei chip?
«Lo shortage nell’approvvigionamento dei chip, che ha colpito circa 200 industrie tra le quali maggiormente l’automotive, da un problema legato alla pandemia sembra essere diventato una crisi a lungo termine, se pensiamo anche all’impatto della guerra e alla crescita esponenziale della tecnologia. L’ascesa del Metaverso potrebbe rappresentare un ulteriore complessità al superamento di questa crisi, considerando che l’architettura sottostante necessita di molti chip per funzionare (sia che si tratti di console, smartphone, dispositivi di VR, computer o data center). L’alimentazione della stessa architettura richiederebbe infatti un aumento di circa 1000 volte dell’efficienza computazionale dei dispositivi e chip realizzati utilizzando nodi di elaborazione avanzati».
Nel 2021, il numero di deal in ambito M&A è risultato leggermente superiore rispetto all’anno precedente, con il segmento dei Personal Luxury Goods che ha fatto registrare un incremento interessante, specie nella categoria Apparel & Accesories. Particolarmente attivi si sono dimostrati gli investitori finanziari, che troviamo come bidder nel 58% dei deal e in posizione di seller nel 46% dei casi. Con l’avvento del Metaverso quali nuove strategie per gli investitori?
«L’avvento del Metaverso ha riscosso grande interesse ed entusiasmo tra gli investitori. JP Morgan afferma che il mondo virtuale probabilmente si infiltrerà in tutti i settori nei prossimi anni, con l’opportunità di mercato stimata in oltre 1 trilione di dollari di entrate annuali. I primi player a muoversi in questo senso sono stati colossi media & tech come Disney, Microsoft e Nvidia, così come grandi brand come Louis Vuitton, Balenciaga, Adidas, Nike e Pepsi, che hanno iniziato a pensare al lancio di collezioni puramente digitali tramite Nft. Anche gli investitori finanziari stanno mostrando interesse a investire in questo ambito, principalmente fondi di Venture Capital: molti di essi stanno scommettendo sul mondo virtuale e sulle aziende che lo stanno creando, vedendo nel Metaverso la “nuova fase di internet” e una nuova strategia per creare profitto. Esempi rilevanti sono il fondo di Venture Capital Tower 26, che ha raccolto 50 milioni di dollari da investire in realtà virtuali come il Metaverso, e Sequoia Capital, che ha guidato il round di finanziamento di serie B da 37 milioni di dollari nell’avvio della startup BUD di Singapore, impegnata nella generazione di figure personalizzate che possono interagire nel Metaverso».
Nel 2021 il settore del Luxury si è ripreso sulla scia delle nuove strategie adottate dalle aziende in ambito di nuove tecnologie e del crescente impegno sui temi di sostenibilità. Le imprese stanno incorporando nelle loro strategie modelli di re-commerce (pre-loved, re-selling e rental), oltre che impegnarsi su temi etici per dimostrare maggiore vicinanza ai valori dei clienti. Quanto crescerà il giro d’affari dell’eco moda nel Metaverso?
«Secondo il nuovo paradigma “direct-to-avatar”, è possibile produrre intere collezioni digitalmente e in seguito, produrre fisicamente solo i capi effettivamente acquistati. L’impatto sarebbe considerevole anche se pensiamo alle emissioni di CO2 dovute agli spostamenti per partecipare alle Fashion Week, che potrebbero essere limitati dagli show virtuali. La natura degli NFT, che fungono da certificati digitali, sembrerebbe inoltre offrire una soluzione al tema dell’autenticità del prodotto, favorendo la crescita del mercato del second-hand. Il rovescio della medaglia risiede però nell’elevato consumo di energia necessario per implementare queste tecnologie, qualcosa alla quale le piattaforme stanno già lavorando per ridurne l’impatto». ©
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