martedì, 23 Aprile 2024

Big Tech licenzia in massa: perché tagliano tutti tranne Apple

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In soli tre mesi le grandi aziende tecnologiche annunciano il licenziamento di oltre 50.000 dipendenti. Da Twitter a Google, passando per Meta e Microsoft fino ad Amazon, i tagli toccano tutti, tranne Apple. Queste decisioni hanno però fatto volare i titoli in Borsa, con rialzi fino al 50%. Dopo due anni di ricavi e crescita record, il mondo post pandemia non sembra sorridere a Big Tech. È un riassestamento, o il sintomo di una crisi più profonda?

I numeri dei licenziamenti di massa

Tutto comincia a novembre, con Twitter. La mossa di Elon Musk di licenziare una percentuale altissima dei dipendenti del social appena acquisto sembra suicida, ma forse è solo un anticipo di quello che sarebbe successo di lì a poco. I 3.700 dipendenti lasciati senza un lavoro dall’imprenditore sudafricano sono i primi di una lunga serie.

Nei mesi successivi seguono Cisco con 7.100 dipendenti, poi Amazon con due annunci, uno da 8.000 e un secondo da 10.000, tanti quanti ne ha licenziati Microsoft. Meta arriva a 11.000, Alphabet a 12.000 e infine il 31 gennaio anche PayPal annuncia che avrebbe terminato i contratti di 2000 lavoratori.

Il totale ammonta a 55.800 persone, e si tratta solo degli ultimi mesi. In tutto il 2022 sono oltre 214.000 i licenziamenti delle aziende tecnologiche. Una mossa che è stata accolta con favore dagli investitori. Dagli annunci, Google ha guadagnato il 5% in Borsa, mentre Meta, il cui titolo nei mesi precedenti aveva perso moltissimo valore, è rimbalzata di ben il 50%.

Il caso Apple: troppe assunzioni o crisi?

Tra le imprese citate c’è una grande assente. Apple, che non ha licenziato nessuno, ha però bloccato le assunzioni. Questo risultato, secondo la società di Cupertino, è l’effetto dell’attenta politica portata avanti il periodo pandemico. Dal 2019 ha aumentato il personale del 20%. Nel frattempo Microsoft e Alphabet avevano aumentato i propri dipendenti del 50% circa, mentre Meta e Amazon l’avevano raddoppiato.

È quindi evidente come buona parte del settore, durante la pandemia, abbia scommesso su una crescita che non si è però dimostrata duratura. La vampata dovuta ai lockdown è svanita e molte aziende tecnologiche si sono trovate con personale in eccesso. Non ha aiutato la crisi del mercato pubblicitario, su cui colossi come Alphabet e Meta basano il proprio modello di business.

La conferma della fine dell’effetto pandemia è arrivata anche dagli risultati trimestrali. Apple, Amazon e Alphabet hanno deluso le aspettative. L’azienda di Tim Cook ha subito le ripercussioni del calo della domanda e delle proteste in Cina, che hanno rallentato la produzione, rilevando il più grande declino di vendite dal 2016. Amazon soffre nel suo comparto cloud computing.

Attento alle tendenze e profondo conoscitore della stampa estera, è laureato in Storia del giornalismo all’Università degli Studi di Milano. Dinamico, appassionato e osservatore acuto, per il Bollettino si occupa principalmente del mondo dello sport legato a quello finanziario e del settore dei videogiochi, oltre che delle novità del comparto tecnologico e di quello dell’energia.