venerdì, 19 Aprile 2024

Cosa sta succedendo alla moda low cost?

Sommario
moda low cost shein

Le aziende di abbigliamento super low cost si trovano a fare i conti con la realtà. Il sistema è in bilico tra disponibilità economiche dei consumatori, cattiva pubblicità, consapevolezza sulle ripercussioni ambientali e nuovi competitor. E i suoi protagonisti non hanno tante vie di fuga: il ciclo di vita dei marchi di fast fashion può essere anche molto breve. Forever 21 e Topshop sono solo due tra i tanti grandi rivenditori a basso prezzo entrati sulla scena dall’oggi al domani e svaniti altrettanto rapidamente, dopo un momentaneo boom delle vendite. Oggi, l’ultima azienda che sembra vacillare è il colosso cinese del fast fashion Shein.

L’emblematico caso di Shein

Gli scandali e la pubblicità negativa potrebbero aver avuto un notevole peso nel rallentamento del marchio asiatico, così come la sempre maggiore consapevolezza e l’attenzione alla sostenibilità dei consumatori. Ma anche uno scenario di mercato non tra i più tranquilli. O ancora, l’ascesa di Temu, nuova azienda di fast fashion di proprietà del gruppo cinese Pinduoduo, che è salita in cima alle applicazioni più scaricate negli Stati Uniti. Ed è diventata un pericoloso rivale per Shein. Ma vediamo in che modo questi fattori stanno influenzando il dragone del fast fashion, non solo in termini di calo delle vendite.

Ora Shein vale 64 miliardi di dollari e segna un 36% in meno rispetto alla valutazione effettuata a metà 2022. Tra il 2019 e il 2021, l’azienda cinese ha quadruplicato le vendite e la scorsa primavera ha ottenuto una valutazione di 100 miliardi di dollari in un round di finanziamento. Per intenderci, più della capitalizzazione di mercato di altri colossi del settore come H&M e Zara messi insieme. Ciò l’ha resa la terza azienda privata più preziosa al mondo, preceduta solamente da ByteDance, capogruppo di TikTok, e SpaceX di Elon Musk. Ora, il gruppo cinese sarebbe in trattative per raccogliere fino a 3 miliardi di dollari con una mossa che lo porterebbe ad accettare la valutazione notevolmente ridotta, anche se ancora enorme per un rivenditore di moda online.

Parliamo delle prospettive

Il caso Shein può essere applicato anche a realtà analoghe? Una recessione potrebbe aumentare l’attrattiva verso gli acquisti low cost da parte dei consumatori, preoccupati per le proprie finanze. Però, secondo gli analisti, sono diversi i fattori chiave che spiegano il declino del settore. Per prima cosa, la Gen-Z sta semplicemente spendendo meno soldi per l’abbigliamento, specialmente tramite l’e-commerce. Il mondo si apre di nuovo dopo lo stop dovuto alla pandemia, e lo shopping online perde fascino.

Inoltre, torna centrale il ruolo della pubblicità negativa. Perché quando la novità dei prezzi ultra bassi di Shein è svanita, le attenzioni sono ricadute su tutti quegli aspetti più torbidi. Dalle pratiche commerciali non etiche agli abusi sui lavoratori fino al disastroso impatto ambientale. Da mesi il gruppo è sotto torchio da parte dei consumatori. Basti pensare che, secondo Brandwatch, tra il 2020 e il 2023, circa il 70% delle conversazioni su Shein su Internet ha avuto un sentiment negativo.

Shein non sembra più così invincibile, ma contrattacca

Premesso che lo scorso anno Shein ha realizzato entrate per 30 miliardi di dollari e che ancora prevede di lanciare una IPO già quest’anno negli Stati Uniti (il suo più grande mercato), iniziano a essere evidenti i segnali di affaticamento. Per esempio, dopo un incremento costante negli USA, la crescita del dragone dell’abbigliamento low cost è rallentata drasticamente a partire già dall’inizio del 2022, secondo i dati di Earnest Analytics che monitora la spesa dei consumatori online. A giugno, l’azienda ha visto il suo primo calo dei ricavi su base annua dalla pandemia. E le vendite sono poi diminuite ancora per cinque mesi prima di aumentare leggermente a dicembre.

Ma Shein non sta fermo a guardare. Da una parte apre magazzini e centri di produzione negli Stati Uniti e in Europa, nell’ottica di accorciare i tempi di spedizione per i propri clienti. Dall’altra, forse per ripulirsi un po’ l’immagine per ciò che riguarda le condizioni dei suoi lavoratori e l’impatto ecologico, lancia un programma di incubatori di designer (investendovi 55 milioni di dollari) e un’iniziativa per ridurre le emissioni del 25%. ©

Dopo gli studi universitari in relazioni internazionali e un master in Communication & brand management inizia subito a lavorare nella moda a Milano. Scrive a tempo pieno per diverse testate occupandosi di business, moda, lusso e design. La conoscenza finanziaria maturata nell'editoria e l’occhio per le ultime tendenze sono i suoi punti di forza.