giovedì, 25 Aprile 2024

Crédit Suisse: è ancora scandalo?

Crédit Suisse e UBS hanno violato le sanzioni contro la Russia? È quello che sta cercando di scoprire un’indagine del Dipartimento della Giustizia americano. Secondo le ricostruzioni, diversi funzionari dei due istituti di credito (ora in fusione) sarebbero stati notificati dell’inchiesta già da prima del crac della scorsa settimana.

Alla vigilia della guerra in Ucraina, Crédit Suisse gestiva ben 33 miliardi in depositi di clienti privati russi, ma al picco del giro d’affari col Cremlino, la banca deteneva più di 50 miliardi di asset russi che fruttavano tra i 500 e i 600 milioni di dollari l’anno. Con l’inizio del conflitto, le banche svizzere si sono dovute adeguare, come da linea federale e USA, ai pacchetti di sanzioni.

Ma a quanto pare, non è stato così per tutti. Se è vero ciò di cui sono accusati, i trasgressori potrebbero pagarla cara: gli investigatori americani non hanno la mano leggera. Per un caso simile, nel 2014 BNP Paribas ha accettato di pagare la cifra record di 9 miliardi di dollari. La colpa? Aver processato transazioni per conto di entità cubane, iraniane e sudanesi, contro le sanzioni vigenti allora.

Insomma, la situazione potrebbe prendere una piega particolarmente spiacevole, specie in un momento di transizione delicato come questo. Nel frattempo, per cercare di riportare una certa stabilità nel mercato, UBS ha scelto di richiamare al vertice Sergio Ermotti, CEO dal 2011 al 2020 e autore del rilancio della banca dopo la crisi del 2008.

Ma basterà a raffreddare il mercato?

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Studente, da sempre appassionato di temi finanziari, approdo a Il Bollettino all’inizio del 2021. Attualmente mi occupo di banche ed esteri, nonché di una rubrica video settimanale in cui tratto temi finanziari in formato "pop".