lunedì, 13 Maggio 2024

Banche in crescita. E i risparmiatori?

DiMarco Battistone

26 Giugno 2023
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Per le banche è la cuccagna. Per i risparmiatori decisamente meno. Da quando le Banche Centrali hanno cominciato il rialzo dei tassi di riferimento a luglio dello scorso anno, i profitti degli istituti di credito italiani sono schizzati alle stelle. Ma perché stentano ancora a trasferirsi al cliente?

Per conti correnti è ancora carestia

Gli interessi sui conti in banca rimangono pressoché immutati. Nonostante l’inflazione in corsa e i rialzi dei tassi di riferimento dettati dalla Banca Centrale Europea, ad aprile i valori medi restano dello 0,29% annuo per i conti correnti e dello 0,60% sui conti deposito. Si tratta di un misero aumento, se si pensa che nello stesso periodo i tassi sui mutui a tasso variabile hanno raggiunto percentuali vicine al 6% (Fonte: FABI, Dossier mutui e credito al consumo). Al tempo stesso, i prezzi al consumo registrano a maggio un aumento anno su anno del 7,6% (Fonte: ISTAT). Insomma, le famiglie subiscono un carovita notevole, ma le banche non accennano ad alleviarlo.

I tassi BCE gonfiano vele e bilanci

I numeri parlano chiaro: dall’inizio degli aumenti dei tassi, i fatturati bancari si sono impennati: l’utile aggregato nel 2022, primo anno dei rialzi, ha raggiunto i 12,8 miliardi. E, fatti salvi gli intoppi, il 2023 sarà un anno ancora più ricco: nel primo trimestre l’utile è stato di 4,8 miliardi di euro, 3 volte quello dell’anno precedente. Il meccanismo è semplice: con il loro aumento, i tassi di riferimento ampliano i margini degli istituti, consentendo di applicare ai crediti concessi interessi molto più alti. Specie se, come in questo caso, l’aumento è particolarmente veloce: in appena 11 mesi, i tassi sono passati dallo 0 al 4%. D’altronde, l’incremento nei bilanci non è una novità esclusiva degli aumenti dei tassi. Già il 2021, infatti, aveva visto pubblicati un risultato da 8,5 miliardi, grazie soprattutto alla ripresa post-pandemica dell’economia, all’accorciamento dello spread e alle garanzie pubbliche sui prestiti alle imprese.

Tassa su extraprofitti?

Ma perché un tale scompenso? Una prima ragione è legata alla congiuntura: se l’aumento dei tassi, da un lato, allarga i margini di profitto, dall’altro mette sotto stress i crediti concessi dalle banche, aumentando il rischio di insolvenza. In più, la situazione dei mercati resta piuttosto incerta, e i recenti fallimenti visti nel settore non contribuiscono certo a rassicurare gli istituti di credito, che sembrano preferire la redistribuzione dei profitti attraverso dividendi e. buyback. Ciononostante, le parole della presidente BCE Christine Lagarde non lasciano spazio a dubbi. «Se i tassi d’interesse aumentano – ha dichiarato – i depositi e i risparmi dei cittadini dovrebbero essere remunerati di più».

Sarà dunque il momento della a lungo invocata tassa sugli extraprofitti bancari? Il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti non si espone, ma assicura che il Governo interverrà sul dossier. Nel frattempo, Antonio Patuelli, presidente dell’Associazione Bancari Italiani, si schermisce così: «Gli extraprofitti per le banche non esistono. Le banche sono le sole imprese che devono salvare le concorrenti che vanno male. Se quando vanno male gli azionisti, che sono milioni, ne sopportano l’onere, perché mai quando vanno bene dovrebbero configurarsi gli extraprofitti e devono sempre essere colpiti gli azionisti?».

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Studente, da sempre appassionato di temi finanziari, approdo a Il Bollettino all’inizio del 2021. Attualmente mi occupo di banche ed esteri, nonché di una rubrica video settimanale in cui tratto temi finanziari in formato "pop".