giovedì, 9 Maggio 2024

La normativa europea sugli aiuti di Stato continua a zoppicare

DiMarco Battistone

27 Giugno 2023
Sommario
aiuti

La nuova normativa europea sui sussidi è già zoppicante. L’UE rivede le leggi sugli aiuti di Stato per rispondere all’Inflation Reduction Act americano. Ma il paragone, a livello di efficacia, è a nostro sfavore. Cosa manca alla politica industriale europea per essere all’altezza degli alleati di oltreoceano?

La risposta UE all’IRA

La promulgazione dell’Inflation Reduction Act americano a fine 2022 ha rappresentato un punto saliente nella risposta industriale alle conseguenze della pandemia. Il piano, al di là del nome, ha come proposito principale il rafforzamento dei settori strategici alla transizione ambientale ed energetica. Invece di imporre divieti, favorisce il passaggio alle rinnovabili attraverso un investimento – da ben 500 miliardi totali – destinato direttamente alle imprese, attraverso sussidi ed esenzioni fiscali. Un progetto di simile portata rischia inevitabilmente di lasciare indietro le nostre aziende, di fronte alla crescente competitività dell’industria USA. L’Europa non ha dunque tardato a rispondere, con tre diverse proposte legislative: Critical Raw Materials Act, Net-Zero Industry Act e riforma del mercato elettrico. Tutte norme dalla portata positiva notevole, rispettivamente sulle supply chain di materie prime legate alla transizione, sull’industria delle tecnologie verdi e sulla flessibilità e l’autonomia del settore energetico dalle energie fossili.

La normativa sugli aiuti

Al pacchetto si accompagna una revisione delle norme in materia di aiuti di Stato. Un aspetto chiave, se si tiene conto che alla loro efficacia sono affidati buona parte dei possibili effetti della normativa. L’intervento della Commissione si compone di un aggiornamento al Quadro temporaneo di crisi adottato nel 2022 e del regolamento generale di esenzione per categoria. Ma il provvedimento – che ha diversi difetti di fondo – ha l’aria di non essere all’altezza della situazione. Nel complesso, il suo principale difetto è la chiarezza: l’IRA americano provvede crediti d’imposta a dieci anni di sicura e facile comprensione. Ben più macchinoso è il procedimento europeo. Altro handicap è il focus pressoché esclusivo sul Capex, ovvero gli investimenti in conto capitale. Resta invece trascurato l’Opex, ovvero la spesa operativa, un elemento importante e considerato invece dall’IRA. In più, l’allentamento generale delle regole sugli aiuti laddove entrino in gioco più Paesi membri rischia di avvantaggiare chi ha maggiori capacità di spesa, riducendo il ruolo dell’Unione e danneggiando il mercato unico.

Il parere delle imprese

Anche le imprese ci tengono a dire la loro in merito. Ciò che esce dall’assemblea biennale di Assonime (Associazione fra le Società per Azioni) è l’auspicio di una politica industriale europea realmente all’altezza della situazione. Commentando le proposte di rilancio lanciate per ora dall’Unione, le imprese italiane sostengono che «pur fissando obiettivi ambiziosi al 2030, non sembrano fornire strumenti comuni adeguati a raggiungere quegli obiettivi, lasciando agli stati membri lo sforzo maggiore in termini di risorse e attuazione» (Assonime, Quaderno di politica industriale). In sostanza, l’elefante nella stanza è l’assenza di un’unica normativa organica e comunitaria. Se si vuole compiere la transizione, e la si vuole affrontare come Europa, essenziale è che tutti siano sulla stessa linea. Un piano industriale chiaro ed efficace, che non lasci indietro nessuno, è requisito minimo. ©

📸Photo Credits: Jackf su Canva

Studente, da sempre appassionato di temi finanziari, approdo a Il Bollettino all’inizio del 2021. Attualmente mi occupo di banche ed esteri, nonché di una rubrica video settimanale in cui tratto temi finanziari in formato "pop".