lunedì, 13 Maggio 2024

Edilizia tech: oggi i cantieri si gestiscono con lo smartphone

DiMarco Battistone

1 Luglio 2023
Sommario
cantieri

Lavori in pausa, più che lavori in corso. È questa la realtà della maggior parte dei progetti edilizi previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). A fine aprile, si sono registrate 427 iniziative, sulle 2 mila previste dal piano (Fonte: Osservatorio Recovery Plan, Università degli Studi di Roma Tor Vergata). Nel 9% dei casi i cantieri sono stati aperti, mentre l’ampia maggioranza delle proposte si ferma alla fase progettuale. E per i lavori avviati, la situazione non è più rosea. «Oggi si gestiscono i cantieri esattamente come li si gestiva 50 anni fa», dice Marco Apollonia, CEO e co-founder di myAEDES, piattaforma per la pianificazione e l’organizzazione dei cantieri edili. «Mentre gli altri settori industriali hanno subito un efficientamento legato all’introduzione di tecnologie digitali di varia natura, nel mondo dell’edilizia l’indice di produttività degli ultimi venti anni non è praticamente aumentato, un fatto assolutamente anomalo nel comparto industriale. E proprio la mancanza di una modalità di gestione strutturata e innovativa è la principale fonte di rallentamenti».

Un’arretratezza di fondo che chi cerca di entrare nel mercato con una Startup innovativa conosce molto bene. «In Italia, l’ecosistema di Venture Capital e fonti di finanziamento per imprese innovative è limitatissimo e, a differenza di quanto si possa immaginare, è raro che chi fa Startup abbia vent’anni. È molto più probabile che abbia già un know-how acquisito in un settore, assieme a capitali da investire, almeno all’inizio».

Marco Apollonia, cofondatore e CEO di myAEDES

Per voi com’è cominciata?

«Tutto è nato da un hackathon a cui io e i miei due soci, Giulio e Chiara, ci siamo presentati, un fine settimana del 2017. L’idea originale era mettere insieme le competenze: Chiara studiava ingegneria edile e architettura, io e Giulio ingegneria informatica. Dalla sintesi è nata l’idea di una App per i cantieri. Nel 2019 abbiamo costituito legalmente la società, quando siamo stati selezionati dal percorso di accelerazione di LVenture Group. Questo progetto ci ha fornito i primi finanziamenti, per circa 80 mila euro, che ci hanno consentito di dedicarci a tempo pieno alla Startup. Prima del percorso di accelerazione, tra fine 2017 e il 2019 già lavoravamo sul progetto, nonostante non fossimo una società legalmente costituita. Eravamo un gruppo di persone che, nel tempo libero e nei fine settimana, lavorava su questo progetto».

Perché avete cominciato senza costituirvi ufficialmente?

«È soprattutto un fatto economico. Quando, a 24 anni, io stavo finendo l’università e a Giulio e Chiara mancava un anno, da myAEDES non guadagnavamo un euro. Non potendo sostenerci attraverso l’attività e non potendo accedere ad altri fondi, l’unica cosa che potevamo fare era cercare di creare delle traction. Dovevamo iniziare ad avere almeno delle metriche. Che non devono essere per forza in termini di fatturato, ma servono a dare garanzie all’investitore. Nel nostro caso, ad esempio, avere sempre più utenti che scaricavano e utilizzavano regolarmente la nostra App. Intanto, tra il 2017 e il 2019 abbiamo fatto chiarezza sulla nostra idea di business. L’investitore degno di questo nome, fortemente orientato a Startup e innovazione, scommette soprattutto sul modello. E il nostro è di essere fortemente orientati all’innovazione e alla digitalizzazione del cantiere».

Entriamo nel dettaglio…

«Innovazione, per me, è una parola che ha un’accezione, non un significato univoco. Per me una Startup risolve un problema che nessuno è riuscito a risolvere prima. Nel settore edile, sebbene esistano da fine anni ’80 programmi disegnati appositamente, si lavora tuttora soprattutto con carta e penna. Noi interveniamo con un’App mobile che consente di annotare tutto quanto occorre per la reportistica direttamente in loco, senza dover passare in ufficio. Il nostro target principale sono i direttori dei lavori. Sono figure che si occupano di sorvegliare le varie imprese che prendono parte alla costruzione, che possono essere anche molte, a seconda delle dimensioni dell’opera. Di norma il direttore prende degli appunti, scatta delle foto e, tornato in ufficio, trascrive il tutto al pc e lo invia a chi di dovere. Le conseguenze sono importanti, tanto sulla produttività, perché si risparmia tempo, quanto sulla trasparenza. I dati sono infatti inseriti in tempo reale su una piattaforma cui possono accedere tutti, consentendo anche di rendere allineati tutti gli attori».

Qual è la vostra storia di finanziamento?

«Abbiamo cominciato da un percorso di incubazione di scarso spessore. Purtroppo, molti di questi progetti non sono molto validi. Saper individuare quello giusto è quello che può fare la differenza. Ma chiaramente, a poco più di vent’anni questo non lo sai. Per un po’, giriamo in tondo, dandoci da fare per sfruttare le possibilità che ci dà il territorio campano. Alla fine, mettiamo insieme un piccolo know-how, grazie al quale riusciamo a entrare nel nostro percorso di accelerazione. È il 2019 e ci sentiamo un po’ dei pesci fuor d’acqua, perché siamo i più giovani, gli unici senza clienti: abbiamo poco più di un PowerPoint. Il primo traguardo arriva al nostro demo day, in cui si presenta il progetto a una platea di possibili investitori. Grazie ai 200 mila euro ottenuti, assumiamo le prime due persone, negli ambiti vendite e marketing, quelli che ci mancavano. Da allora, l’unico obiettivo è stato acquisire clienti, anche grazie ai fondi aggiuntivi arrivati nel 2022, dopo un anno di attesa, dal Fondo Rilancio di Cdp Venture Capital».

Cosa distingue i percorsi che portano valore alle Startup da quelli inconsistenti?

«Quando l’organizzatore non è disposto a investire nella Startup anche direttamente, è un grandissimo campanello d’allarme. Se non c’è il cash, non ne vale la pena. Perché se chi fa accelerazione mette del denaro, c’è chiaramente un coinvolgimento maggiore, sta partecipando al rischio insieme a te. I percorsi di cui secondo me bisogna diffidare tremendamente sono invece quelli che cercano di convertire in equity i servizi che offrono. Io ti faccio mentoring, ti do il mio network in cambio di una percentuale nella tua Startup. Per fortuna, negli ultimi anni in Italia le cose sono cambiate e sono molti di più i percorsi disposti anche a investire direttamente in capitale».

Voi avete acquisito solo capitale di rischio (equity) o avete anche sfruttato dei prestiti?

«Nel nostro abbiamo usato solamente capitale di rischio. Ne avevamo bisogno, anche per ragioni legate alla nostra esperienza e alle nostre risorse. Quando abbiamo intrapreso il nostro percorso di accelerazione, molte Startup erano fondate da persone che avevano la possibilità di autofinanziarle. Altri partivano da finanziamenti stataliche comunque richiedo l’apporto di capitali da parte dei soci, come il famoso Smart&Start. Altri ancora, ma di rado, riescono a fare bootstrapping, cioè a guadagnare fin dal primo momento: in quel caso si autofinanziano con i ricavi generati dalla stessa Startup. Ma per noi, a 24 anni, senza capitali nostri ed esperienza, era impossibile».

Siete già profittevoli?

«No, non ancora, ma anche questa è in un certo senso una scelta strategica. Avendo conseguito degli aumenti di capitale, cerchiamo di far bastare questi soldi per un orizzonte di tempo non inferiore a due anni. Nel nostro settore, che è piuttosto lento, non funziona il famoso mantra “spendi tutto in un anno e mezzo”. Per ora, a circa un anno dall’ultimo aumento di capitale, investiamo più di quello che guadagniamo per fare esperimenti e capire cosa funziona. Per il 2024, ci poniamo invece come obiettivo di diventare profittevoli. In contesti e situazioni diverse da quelle italiane, il discorso è diverso. Ma qui in Italia, essendo molto difficile trovare capitali, bisogna spesso trovare modi per farsi bastare ciò che si ottiene e sfruttarlo per crescere».

Si può dire che trovare investitori disposti a credere nella vostra idea di business sia stata la cosa più difficile?

«Sì, di gran lunga. Quando abbiamo finito il percorso di accelerazione non avevamo che pochi clienti e contatti. Se tu sei un ragazzo venticinquenne con un’azienda che fattura mille euro, chi ti da capitali? Nessuno. Di solito, puoi riuscire a ottenere aumenti di capitale in assenza di metriche e fatturato qualora tu abbia uno spessore professionale e una credibilità personale importante. Per questo i percorsi di accelerazione ti aiutano tanto, anche a creare intorno a te una credibilità. Senza, non avremmo mai potuto ottenere gli investimenti che ci hanno mandato avanti».

Il settore delle costruzioni non è esattamente il più aperto all’innovazione. Quali sono le specifiche difficoltà di penetrazione, per una Startup innovativa?

«Il mondo dell’edilizia ha a disposizione software dagli anni ’80/’90. C’è già, dunque, un’asticella di prodotto abbastanza alta. Se sei un perfetto sconosciuto che vuole entrare nel mercato, devi superarla. In pratica, il tuo prodotto deve essere già pari, se non superiore, a quello già presente sul mercato. Per fare questo, noi abbiamo identificato una nicchia non ancora servita. Abbiamo osservato come non esistessero prodotti mobile competitivi: non c’era un’App comoda ed efficace da utilizzare su smartphone e tablet. Così, invece di cercare di battere gli incumbent nello stesso segmento, abbiamo preso la nicchia in cui c’era un po’ più di spazio e ci siamo posizionati lì. Una nicchia con un potenziale alto, nel senso che in cantiere il computer non lo porti. Il problema è che chi ricopre il ruolo di direttore dei lavori, per curriculum, ha almeno quaranta o cinquant’anni. E se pensi a un qualsiasi cinquantenne, lavorare dal telefonino è un qualcosa che per preconcetto non immaginano nemmeno».

Come state superando questo ostacolo?

«In termini di marketing, dando periodi di prova molto lunghi. Noi eravamo partiti con 15 o 20 giorni di prova. Ma in quel tempo lì non puoi cambiare le convinzioni radicate nella testa di un professionista. Abbiamo dunque cambiato, legando la prova al numero di cantieri, nello specifico 3. Il cliente può così, senza pressioni all’acquisto, maturare la consapevolezza dei vantaggi del prodotto per la sua attività. C’è chi li vede nella produttività, perché si risparmia parecchio lavoro d’ufficio. Altri guardano invece all’aspetto professionalizzanti: in un mercato altamente competitivo, mostrarsi aperti alla tecnologia può essere un vantaggio importante. Insomma, ognuno ha la sua leva. Quello che è importante sottolineare è che deve scattare da sola in ognuno, non si può inculcare. Ciò su cui ci concentriamo è dunque dare un prodotto di qualità. Se piace al cliente, al termine della prova, ci chiama e si contratta la vendita».

State cercando di sviluppare altre linee di prodotto, parallelamente?

«Il mondo dell’edilizia è molto vario: oltre al direttore dei lavori, esistono nel cantiere altre figure professionali, come il coordinatore della sicurezza. E spesso lo stesso professionista svolge diversi ruoli insieme. Il target è dunque difficile, perché si aspetta un prodotto utilizzabile in qualsiasi contesto. Per ottenere questo risultato, il prodotto deve prevedere tanti moduli quante sono le situazioni in cui gli operatori si muovono. Per questo, stiamo sviluppando nuove funzionalità per seguire questa tendenza del mercato».

Intendete svilupparvi anche all’estero, prossimamente?

«Stiamo già cercando di ottenere i primi contratti sul mercato straniero. Chiaramente, il contesto Startup europeo è molto più avanti del nostro, e l’unico modo che abbiamo per attirare investitori e fondi Venture Capital da fuori è proprio guadagnando clienti e traction all’estero. Altrimenti, per esperienza, l’investitore straniero non interviene in Italia: gli investimenti fatti in società italiane all’early stage si contano veramente sulle dita di una mano».

Com’è stata finora la vostra esperienza di collaborazione con le pubbliche amministrazioni?

«Per noi è un tema fondamentale. Per definizione, i cantieri della PA, portati avanti con fondi pubblici, sono quelli che hanno maggiore bisogno di trasparenza. Teoricamente parlando, dunque, sarebbero l’ambiente più fertile per noi. Nella pratica, ci sono tutta una serie di difficoltà. In quanto Startup, abbiamo bisogno di mostrare una crescita continua e di chiudere continuamente nuovi contratti: puntiamo dunque a un ciclo di vendita che sia il più breve possibile. Al contrario, chiudere un contratto con la PA è estremamente lungo. Noi attualmente ne abbiamo due in trattativa da oltre un anno e ancora non vediamo la fine. Qualcosa però potrebbe cambiare: un decreto ministeriale, il 560 del 2017, che punta a introdurre in maniera progressiva gli strumenti software nelle stazioni appaltanti, diventerà molto più stringente a partire dal prossimo anno. Finora, pochissimi cantieri avevano bisogno di rispettare i requisiti richiesti. Ma credo che nei prossimi anni si dovrà fare un grosso cambiamento su questo fronte».        ©

📸 credits: myAEDES

Articolo tratto dal numero dell’1 luglio 2023. Abbonati!

Studente, da sempre appassionato di temi finanziari, approdo a Il Bollettino all’inizio del 2021. Attualmente mi occupo di banche ed esteri, nonché di una rubrica video settimanale in cui tratto temi finanziari in formato "pop".