Arriva lo stipendio minimo nel tennis. Su iniziativa dell’ATP (Association of Tennis Professionals), l’associazione maschile dei tennisti professionisti, i primi 250 atleti del ranking avranno un compenso annuo fisso. Si tratta di un primo passo per risolvere uno dei problemi più pressanti per questo sport: la stabilità finanziaria dei meno famosi.
Unico rischio: rendere ancora più grave il gender pay gap con le donne. Tanto che, per prevenire, la WTA (Women Tennis Association) sta già organizzando un piano analogo. Ma non è certo l’unica novità dal tennis: dall’Arabia Saudita giungono i primi interessamenti per i circuiti internazionali di tennis. Per il momento le principali realtà resistono alle offerte. In un mondo frammentato come quello della racchetta però, i sauditi non avrebbero difficoltà a portare avanti un’operazione aggressiva simile a quella che ha rivoluzionato il golf mondiale.
Uno scenario non da escludere, anche se la salute finanziaria dei grandi eventi tennistici è evidente: gli US Open si sono conclusi con un nuovo record di montepremi, a testimoniare lo stato di salute dello sport. Ad impensierire il tennis stanno però sorgendo due rivali inaspettati. Il primo è il Padel, che attira sempre più appassionati e che ha recentemente tenuto il suo primo campionato mondiale dall’esplosione di popolarità avvenuta lo scorso anno. Il secondo è il Pickleball, altro sport della racchetta pronto a passare all’agonismo.
Baseline, lo stipendio minimo del tennis
L’ATP, che organizza alcuni dei tornei più importanti del mondo, ha annunciato un cambiamento storico delle politiche di pagamento dei propri giocatori. Da un sistema basato esclusivamente sui premi, si passa a uno misto, che comprende anche rimborsi per i primi 250 tennisti migliori alla fine di ogni stagione. La decisione arriva dopo molte proteste da parte degli atleti, la cui situazione stava diventando sempre più complicata. I tennisti professionisti infatti non avevano, fino a questo momento, alcuna prospettiva di guadagno fisso.
Anche se i più famosi sono in grado di accumulare patrimoni milionari grazie ai premi dei grandi tornei e ai contratti con gli sponsor, basta scendere sotto il 100esimo posto del ranking per trovare atleti che soffrono di una costante instabilità economica. Una situazione che può pregiudicare la serenità, i risultati e di conseguenza la carriera.
Il programma che dovrebbe fornire loro nuove certezze si chiama Baseline, “linea di fondo”. La misura più importante che introduce è quella di fornire un indennizzo a tutti i tennisti che alla fine di una stagione si saranno classificati, grazie ai loro risultati nei tornei, tra i primi 250 del ranking ATP.
La remunerazione sarà divisa in tre fasce. I primi 100 otterranno 300.000 dollari all’anno, gli atleti tra la posizione 101 e la 175 150.000, mentre i restanti 75.000. Se gli atleti a fine stagione non avranno raggiunto queste cifre tramite i premi, sarà ATP a rimborsarli con la cifra mancante per arrivare allo “stipendio” che spetta loro.
Baseline si basa quindi ancora sulle prestazioni, ma non sulle vittorie nei tornei e dà la possibilità ai tennisti di partecipare, fare bene, ma non finire in debito soltanto perché usciti prima di raggiungere la finale di un evento minore. Il programma di ATP però va oltre questa iniziativa. Una delle misure più importanti è la Injury Protection, la protezione dagli infortuni. Un guaio fisico può infatti rappresentare un problema finanziario importantissimo per un tennista che fatica a far fronte alle spese.
Come funziona Baseline
In caso un atleta non riuscisse a partecipare causa infortuni a più di nove tornei ATP in una stagione, riceverebbe un indennità tra i 200.000 e i 50.000 dollari a seconda del suo ranking. Iniziativa che vale anche in questo caso soltanto per i primi 250 tennisti maschi al mondo. Infine, l’associazione ha pensato anche a una ricompensa per gli astri nascenti della disciplina. Per chi arriva per la prima volta tra il primi 125 atleti al mondo, sarà disponibile un bonus di 200.000 dollari a fine stagione.
Questo rende più facile cominciare una carriera da professionista e entrare nel circuito ATP senza per forza continuare a partecipare a numerosi tornei minori per coprire le spese. Andrea Gaudenzi, presidente di ATP, ha spiegato che l’iniziativa sarà per il momento provvisoria. Una prova che durerà tre anni, dal 2024 al 2027, per poter valutare l’impatto di un investimento così significativo sul settore.
Quanto costa lo stipendio minimo del tennis
La spesa sarà di 45 milioni di dollari a stagione per i soli stipendi minimi, a cui andranno aggiunti i bonus per gli infortunati e le nuove promesse. L’intenzione è comunque quella di espandere il progetto, anche perché al momento la parte più fragile dei tennisti professionisti è ancora priva di qualsiasi tipo di protezione. Infatti, è quando si scende la classifica che si iniziano a vedere le vere difficoltà. I dati forniti dalle stesse associazioni mondiali dei tennisti che organizzano gli eventi mostrano che, anche rimanendo tra i primi 500 al mondo, gli atleti che occupano le posizioni dopo la 400 guadagnano meno di 50.000 dollari all’anno.
Questa cifra non è soltanto al lordo delle tasse, ma anche delle spese di viaggio che seguire i circuiti del tennis mondiale comporta. A farsi portavoce di questa istanza davanti alle autorità del tennis mondiale è stato il tennista più vincente di questa generazione: Novak Djokovic. Nel 2020, il campione serbo ha lasciato il consiglio dei giocatori dell’ATP per formare la Professionali Tennis Players Association, di fatto il primo sindacato della categoria. La PTPA nel suo sito ha tra i punti cruciali del proprio programma proprio garantire la stabilità finanziaria dei tennisti professionisti.
Le divisioni interne del Tennis
Se per gli uomini va male, per le donne va anche peggio. Non solo le ultime 100 delle top 500 non arrivano a 25.000 dollari lordi all’anno, ma come già evidenziato, Baseline è un’iniziativa riservata ai tennisti maschi. La WTA, che regola il tennis femminile, è un’organizzazione totalmente distinta, che organizza un circuito parallelo, ha un proprio ranking e contratta separatamente con gli sponsor. Le donne del tennis, anche ad alti livelli, sono già meno pagate degli uomini e Baseline rischia di peggiorare la situazione. Ma da parte di WTA esiste un piano per portare, almeno ai livelli più alti del tennis, uomini e donne a guadagnare la stessa quantità di denaro dai premi.
Entro il 2027 tutti i tornei WTA-ATP 1000 e 500 che si svolgono nella stessa location dovranno garantire parità di ricompense a uomini e donne. Per quelli che invece si svolgono in location differenti, il limite sarà il 2033. Un cambiamento radicale, se si guarda ai dati. Negli ultimi Internazionali d’Italia ad esempio, il vincitore Danil Medvedev ha guadagnato più i 1 milione di euro.
Elena Rybakina invece, che ha primeggiato nel singolare femminile, soltanto 521.000. Si tratta comunque di cambiamenti che avranno effetto soltanto ai massimi livelli del gioco, senza impattare in alcun modo le atlete che si classificano tra le migliori al mondo, ma non vincono grandi tornei. Baseline intanto garantirà ai tennisti uomini più sicurezza, in particolare se nel 2027 si dovesse espandere per includere ancora più atleti. Un altro sintomo della divisione interna del tennis internazionale, una situazione che indebolisce il movimento e di cui si è accorta anche l’Arabia Saudita.
L’assalto dell’Arabia Saudita
Da anni il PIF (Public Investment Fund), il fondo sovrano della famiglia reale saudita, sta investendo pesantemente nello sport. Inizialmente, è stata la Formula 1 il primo obiettivo, raggiunto con la nascita del Gran Premio di Jeddah, oramai stabile nel calendario del Circus. Poi è toccato al golf, con una delle iniziative più aggressive mai viste nel mondo del business sportivo. Il fondo PIF ha infatti finanziato la creazione di un circuito di gare e tornei internazionali alternativo a quello principale del golf, il PGA (Professional Golfers’ Association of America), chiamandolo LIV.
Regole leggermente diverse, ma soprattutto stipendi faraonici hanno attratto in poco tempo alcuni dei campioni più famosi dello sport, che hanno firmato contratti esclusivi per partecipare solamente alle gare del LIV. Anche se dalla sua parte il PGA ha mantenuto grandi nomi come quello di Tiger Woods, che ha rifiutato tutte le offerte per remore morali nei confronti della condizione dei diritti umani in Arabia Saudita, alla fine le due organizzazioni sono arrivate a un accordo. Prima della guerra frontale, si è concordata una fusione, che ha fatto diventare l’Arabia Saudita una delle nazioni più importanti nel mondo del golf nel giro di pochi mesi.
Il calcio arabo
Infine, questa estate è stata la volta del calcio. Già durante la scorsa stagione Cristiano Ronaldo era passato a giocare nel campionato saudita, e il PIF aveva acquisito le quote di maggioranza della squadra inglese del Newcastle. Nulla di nuovo, spesso i calciatori a fine carriera cedono a offerte ricche di campionati minori, e ormai moltissime squadre europee sono in mano a società mediorientali finanziate dalla vendita di petrolio. Ma durante l’ultima sessione di mercato si è verificata un’escalation che in pochi si aspettavano.
Le quattro principali squadre del campionato arabo, tutte possedute dal fondo sovrano, hanno acquistato moltissimi giocatori dai maggiori campionati europei. Pur trattandosi in maggioranza di atleti che si avviano verso gli ultimi anni di carriera, non sono mancati i tentativi per stelle ancora al massimo della loro popolarità come Kylian Mbappé o l’attaccante del Napoli Victor Osimhen. Nonostante questi rifiuti, e quelli di atleti meno giovani come il centrocampista del Real Madrid Toni Kroos, molti hanno accettato i soldi arabi.
Tra i nomi più significativi quello del pallone d’oro Karim Benzema. La potenza dell’offensiva araba è stata tale che, dopo questa estate, la prospettiva di aprire la Champions League alle principali squadre saudite, in modo da garantire che i migliori giocatori del mondo rimangano nel circuito europeo della UEFA, non sembra più impossibile come soltanto pochi mesi fa. Fa tutto parte di un piano politico che entro il 2030 vuole cambiare faccia al Paese, rendendolo più appetibile al pubblico occidentale anche tramite lo sport. La prossima vittima di questa grande operazione di sportwashing potrebbe proprio essere il tennis. Vista la situazione dei professionisti e delle istituzioni che lo governano, è facile intuirne il motivo. Rispetto ad altri sport, il tennis è debole e frammentato.
L’interesse per il Tennis
Pur seguitissimo, per sua natura non riesce a garantire agli atleti professionisti una stabilità finanziaria. Nessuno tra i primi 500 calciatori al mondo ha problemi a coprire le spese. Per i tennisti però non è così scontato, tanto che si rendono necessarie iniziative dispendiose come Baseline. Un’offensiva come quella già attuata da PIF nel golf troverebbe quindi non solo terreno fertile tra i tennisti. La prospettiva di uno stipendio stabile potrebbe essere sufficiente a muovere decine o centinaia di atleti verso un nuovo circuito rivale nei confronti di ATP e WTA. Gli slam, i quattro tornei più importanti, sono ancora più esposti, visto che sono gestiti da quattro associazioni distinte.
Non è un caso che proprio in questi mesi si sia tornato a parlare di una fusione tra ATP e WTA. Ma se da un lato il tennis è sulla difensiva rispetto alle iniziative arabe, dall’altro si sta preparando a un approccio più morbido. Il golf si è scontrato frontalmente con PIF e ha perso, costretto alla fusione e ad accettare l’influenza saudita per non scomparire del tutto. Se il tennis non vuole finire allo stesso modo, deve accogliere i nuovi investimenti gradualmente. ATP sta considerando di aggiungere un nuovo evento tra i Masters 1000, i tornei più importanti del circuito di cui fanno parte anche gli internazionali di Roma, proprio a Riyad, la capitale dell’Arabia Saudita, e ha già programmato le Next Gen ATP finals a Jeddah.
I rivali del tennis
A impensierire il tennis non sono solo le avances dei petrolieri. Il mondo degli sport della racchetta sta diventando sempre più affollato. Il padel è ormai definitivamente esploso, come testimoniato anche dal recente cambio di nome della Federazione Italiana Tennis, ora Federazione Italiana Tennis e Padel (FITP). La crescita vissuta da questa disciplina nel 2022 è stata rapidissima, ed è ormai conosciuta a livello internazionale.
Lo scorso anno, nel nostro Paese, secondo gli studi condotti dall’Osservatorio sullo Sport System Italiano di Banca If is, il padel valeva 693 milioni di euro di fatturato complessivo. Un incremento del 25% rispetto all’anno precedente, spinto anche dalla fine delle limitazioni dovute alla pandemia da Covid-19. Buona parte di questa cifra viene dal noleggio dei campi, 425 milioni di euro, mentre il resto si divide tra la vendita di attrezzatura e la costruzione degli impianti sportivi.
Non solo padel però, il 2022 è stato anche l’anno del pickleball. Un altro sport che si gioca con le racchette e che ora sta puntando a diventare agonistico. Negli Stati Uniti, dove ha raggiunto il maggior successo di pubblico, si stanno già concretizzando i primi investimenti. La possibilità che il fenomeno esploda definitivamente è stata testimoniata dal pickeball Slam, trasmesso da ESPN. L’evento ha visto alcuni ex tennisti, tra cui Andre Agassi, scontrarsi per vincere un milione di dollari.
L’audience ha superato i 230 mila telespettatori sotto i 50 anni di età, un successo per la rete televisiva che ha aumentato l’interesse nei confronti delle associazioni sportive di pickleball da parte degli investitori. Rimangono però alcuni dubbi. Secondo alcuni esperti, come l’economista Andrew Zimbalist, questo sport condivide con il tennis da tavolo il fatto di essere poco appetibile per il piccolo schermo. A ping pong infatti giocano milioni di persone da decenni, ma questo non lo ha mai portato a diventare un successo commerciale. ©
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