lunedì, 29 Aprile 2024

Quanto è salito lo spread in un anno di Meloni?

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A un anno dal giuramento del governo Meloni, lo spread tocca i 200 punti. Si riaffaccia, sui Mercati, il timore di un’Italia finanziariamente instabile. Ma come sono cambiati i valori negli ultimi 12 mesi?

I numeri dello spread

Dopo aver raggiunto i 200 punti base nella giornata di giovedì e una breve corsa intorno ai 210 questa settimana, il differenziale si stabilizza sui 197 punti. Un innalzamento che indica un leggero scivolamento nella fiducia dei Mercati. Ma in realtà, se si guarda a un anno fa, il dato si trovava allo stesso punto, anzi più in alto, a 239 punti. Questo nuovo rialzo, dunque, non raggiunge valori per ora preoccupanti. «A 200 punti base nessun governo, specie con una maggioranza come quello in carica, cadrebbe» ha precisato l’economista Carlo Cottarelli, Direttore dell’Osservatorio Conti Pubblici degli Italiani. «Il problema è che l’Italia ha un debito alto» ha aggiunto. Secondo i dati contenuti nella Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza, il rapporto tra debito e PIL si manterrà stabilmente al di sopra del 140% fino al 2026, nonostante una lievissima correzione al ribasso negli ultimi numeri. Anche tenendo conto dei provvedimenti presi dall’Esecutivo, il rapporto si manterrebbe al 139,6% nel 2026.

Fonte: Banca d’Italia

Il debito esorbitante

Ma il fattore chiave per capire le implicazioni di queste cifre è la base di partenza a cui fanno riferimento. Lo spread è la differenza nei rendimenti tra i BTP a 10 anni italiani e i Bund 01 tedeschi. Una differenza che aumenta, in fondo, solo lievemente: quando cadde il governo Berlusconi, nel 2011, si trovava a sfiorare i 600 punti base. Ma i valori assoluti dei due tassi reali sono entrambi a livelli molto alti, in forza del rialzo dei tassi della Banca Centrale Europea. Rispettivamente 2,78% e 4,74, in entrambi i casi i valori più alti da oltre dieci anni. Un fatto che grava sulla manovrabilità economica del Paese, gravato da interessi molto alti su un debito altrettanto importante. In sostanza, nel 2023 il 3,8% del PIL italiano se ne andrà nel pagamento del debito contratto negli anni passati (FONTE: NADEF). Una cifra che salirà addirittura al 4,6% nel 2026.

I rating

Quanto alla fiducia, invece, di cui lo spread è indicatore fondamentale, uno snodo importante saranno le valutazioni delle agenzie di rating, che arriveranno una dopo l’altra a fine mese. Nella crisi del debito sovrano del 2011 furono proprio loro ad anticipare – e in parte a causare – il tracollo economico del Paese. Oggi, a preoccupare è soprattutto la pronuncia di Moody’s, che arriverà più tardi delle altre, il 17 novembre. Nello scorso semestre, a maggio, l’agenzia ha scelto di non rilasciare alcuna stima, ma ha fatto sapere che l’Italia si trova a rischio di perdere l’investment grade. Se ciò accadesse, il debito del Paese sarebbe categorizzato come “junk”, spazzatura. Far sì che ciò non accada, con una Manovra di bilancio “rassicurante”, sarà fondamentale per mantenere alta la credibilità sulle piazze internazionali e bassa la sua spesa per interessi. ©

📸 Credit: Canva

Studente, da sempre appassionato di temi finanziari, approdo a Il Bollettino all’inizio del 2021. Attualmente mi occupo di banche ed esteri, nonché di una rubrica video settimanale in cui tratto temi finanziari in formato "pop".