venerdì, 3 Maggio 2024

Italia prima nel lusso: nostre 23 aziende su 100

Sommario

Italia è il primo Paese al mondo nel settore del lusso. Nella top 100 delle aziende mondiali del comparto per vendite, nel 2022 ben 23 posizioni sono occupate da imprese italiane, secondo lo studio Deloitte, Global Powers of Luxury Goods. Si tratta di un gruppo da record: i primi cento al mondo, da soli, generano 347 miliardi di dollari di fatturato annuo. Risultati eccellenti, cui guardare però con cautela. «L’attuale situazione economica globale potrebbe portare ad un rallentamento della crescita delle vendite del settore», dice Ida Palombella, Partner e Responsabile della practice area Intellectual Property & Information Technology, nonché del Sector Fashion & Luxury di Deloitte.

I numeri indicati nello studio un record storico

Su scala mondiale nell’anno fiscale 2022 il settore dei beni di lusso ha mostrato una notevole ripresa e al contempo una crescita che ha fatto registrare le cifre più alte della storia dopo aver superato la frenata del periodo pandemico. I miliardi in più conteggiati rispetto all’anno precedente sono 42, con una crescita del 20% e un margine di profitto salito del 13,4%».

Che cosa è successo dopo il Covid-19?

«C’è stata una crescita che è stata trainata dagli investimenti in alcune categorie specifiche del lusso. Si è verificata una corsa a quelli che chiamiamo in gergo “beni rifugio”, in particolare gioielleria e borse, che vanno per la maggiore nei periodi di maggiore crisi. Poi c’è stato un altro effetto dovuto al Covid-19, che è il cosiddetto “revenge shopping”, una sorta di sfogo che è stato praticato nel periodo delle riaperture dei negozi e delle frontiere, con la ripresa dei viaggi di piacere. Sono tutti elementi che hanno contribuito a far aumentare gli acquisti del lusso, con una grande fetta consumata dai turisti».

E le aziende italiane sono riuscite a cavalcare l’onda…

«Va ribadito, hanno avuto performance invidiabili. Ben 21 aziende delle 23 presenti nella top 100 hanno registrato percentuali di aumento delle vendite a due cifre. Su una base composita, il tasso di crescita delle italiane in classifica è stato del 19,4%, appena inferiore alla media delle prime cento. Ma seppur con esiti fuori dal comune, il quadro rispetto allo scorso anno può definirsi stabile».

L’entusiasmo per il lusso potrebbe sgonfiarsi nei prossimi anni?

«Dopo un lungo periodo di esuberanza i consumatori potrebbero progressivamente ridurre la spesa per i beni di lusso. Quello che ci aspettiamo è di andare incontro a una normalizzazione dei consumi. Ci sarà probabilmente una transizione da una rapida crescita a una fase di consolidamento del mercato». 

Si pensa al lusso italiano soprattutto come abbigliamento…

«È il settore della maggioranza dei player, anche se non di tutti. Prada è al 18esimo posto, Moncler al 27esimo e Giorgio Armani al 30esimo. Sono i tre principali attori italiani in classifica. Poi c’è Golden Goose, che è l’azienda italiana che ha avuto la crescita maggiore, raggiungendo un tasso del 24,1% nel periodo 2021-2022. E ancora Max Mara, Valentino e Brunello Cucinelli, che hanno registrato un margine di profitto netto a doppia cifra. Ma gli stessi risultati ci sono stati anche per aziende di altri settori come Morellato ed Euroitalia, anche loro tra le società a crescita più rapida».

Il Made in Italy quindi è ancora il nostro cavallo di battaglia?

«È una bandiera che il lusso italiano contribuisce a portare in alto. Queste aziende menzionate nel report sono tutte esempi di prestigio della nostra economia e rappresentanti del Made in Italy, che sicuramente resta elemento distintivo del valore della produzione italiana nel mondo». 

Altri Paesi possono vantare cifre simili nel settore?

«La Francia, che ci supera. Nonostante abbia solamente sette aziende in classifica, di cui quattro in top 10, consegue complessivamente le performance più solide. Nell’anno fiscale 2022, le vendite delle aziende francesi osservate nel report rappresentano il 32,3% delle vendite totali della Top 100. Non solo, ma la dimensione media delle imprese d’Oltralpe è di 16 miliardi di dollari, più di quattro volte la media delle altre classificate. Inoltre, hanno registrato il secondo margine di profitto netto più alto, pari al 19,3%».

Quali sono quindi le prime aziende in assoluto, nel mondo del lusso?

«La piattaforma di vendite online Farfetch, che fa riferimento al Regno Unito, si conferma l’azienda con il tasso di crescita più rapido. Ma alle prime due posizioni sul podio della Top 10 dei big del lusso si piazzano i colossi francesi LVMH Moët Hennessy Louis Vuitton SE e Kering SA (proprietaria, tra le altre, di Gucci e Yves Saint Laurent, ndr), per volumi di vendite consolidate. Mentre al terzo posto troviamo Richemont (Compagnie Financière Richemont), che sostituisce The Estée Lauder Companies Inc».

Come viene sviluppato il Global Powers Luxury Goods?

«Il report identifica le 100 principali società di beni di lusso a livello globale, sulla base delle vendite consolidate nell’esercizio precedente, per gli esercizi finanziari che si concludono il 31 dicembre 2022. Si prendono i dati disponibili al pubblico e si valutano le loro prestazioni in tutte le aree geografiche e di prodotto. Le edizioni del report dal 2020 in poi utilizzano una definizione di anno fiscale che coincide con l’anno solare. Ad esempio i ricavi dei beni di lusso dell’anno fiscale 2021 includono gli anni fiscali che terminano entro i 12 mesi dal 1° gennaio al 31 dicembre 2022. Questo cambiamento si riflette anche nei calcoli effettuati per stimare la crescita, che si misura come Compounded Average Growth Rate (CAGR). Per le edizioni dal 2014 al 2019 gli anni fiscali sono stati definiti utilizzando un orizzonte temporale di metà anno. Ad esempio il report Global Powers of Luxury Goods 2019 prendeva in analisi l’anno fiscale 2017 con partenza dal 1° luglio 2017 e termine al 30 giugno 2018».

Nel report si parla anche di rapporto tra lusso e AI…

«Il settore del lusso è da sempre sinonimo di esclusività e di beni prodotti dall’artigianalità. Ma gli strumenti utilizzati sono frutto dell’innovazione. E per stare al passo con i grandi gruppi, le aziende del lusso saranno costrette a introdurre la massima innovazione nei processi. Sarà indispensabile applicare le grandi trasformazioni tecnologiche in corso come il Digital Product Passport e la GenAI, che saranno cruciali nei prossimi anni».

In che modo lusso e intelligenza artificiale sono destinati a interfacciarsi?

«Negli ultimi anni c’è stata una rivoluzione, quella “omnichannel”, che ha portato il consumatore a comprare prodotti su più canali, sia fisici sia online. Senza contare l’introduzione della digital identity e l’incursione del metaverso. Ne consegue che il lusso si è trovato a essere uno dei campi che più hanno sperimentato con la tecnologia e la digitalizzazione. Anche quando si tratta di intelligenza artificiale e generativa, il settore è all’avanguardia. Ci sono numerosi esempi di aziende che già hanno incluso l’intelligenza artificiale nelle proprie strategie di marketing, customer experience e clienteling, mentre altre stanno già muovendo i primi passi nel mondo dell’AI generativa».

Con quali benefici?

«Nei prossimi anni i professionisti del settore potrebbero trarre vantaggio dall’intelligenza artificiale su diversi fronti. In primis nell’ambito del marketing e della comunicazione, e poi nella creazione e innovazione dei prodotti. Ma poi c’è tutta la parte relativa alla lotta alla contraffazione dei prodotti o l’efficientamento della supply chain e della logistica».

Come dobbiamo immaginarci i negozi del futuro?

«Nonostante la crescita del canale e-commerce, i negozi fisici continueranno a essere fondamentali per i clienti del lusso, perché per loro significano vivere un’esperienza. La boutique permette ai consumatori di interagire in modo immersivo con i brand. Ci sono alcuni aspetti che non sono realizzabili esclusivamente online, come per esempio l’acquisto materiale dei prodotti o la ricezione di servizi esclusivi e personalizzati. Sempre più marchi stanno introducendo l’uso di tecnologie in-store per offrire esperienze che coinvolgano il cliente e suscitino in lui emozioni. Fondamentale è in tal senso l’interattività».

Quale sarà il ruolo della sostenibilità?

«Il negozio del futuro non sarà solo digitale, ma anche sostenibile. Una delle sfide principali per i marchi del lusso sarà proprio creare punti vendita ecosostenibili ed efficienti dal punto di vista dell’impiego delle risorse. Il modello dovrà essere quello dell’economia circolare, guardando alle zero emissioni come traguardo. Si tratta peraltro di obblighi derivanti dalla legge. L’Unione europea sta sviluppando una serie di regole che puntano alla sostenibilità delle aziende della moda. Per esempio la Strategia per il tessile sostenibile e circolare adottata nel 2022, il cui obiettivo è ridurre la sovrapproduzione e il consumo dei tessuti. Ci sono poi la regolamentazione per limitare il greenwashing, quella diretta a normare le informazioni fornite dalle imprese circa i benefici sull’ambiente derivanti dai propri prodotti o servizi. Che talvolta possono essere fuorvianti».                                           

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📸 Credits: Canva.com

Articolo tratto dal numero del 15 febbraio 2024 de il Bollettino. Abbonati!

Giornalista professionista, classe 1981, di Roma. Fin da piccola con il pallino del giornalismo, dopo la laurea in Giurisprudenza e qualche esperienza all’estero ho cominciato a scrivere per i giornali, quasi sempre online. All’inizio di cinema e spettacoli, per poi passare a temi economici, soprattutto legati al mondo del lavoro. Settori di cui mi occupo anche per Il Bollettino.