Basta grattare un po’ in superficie per scoprire che i dati positivi sul mercato del lavoro italiano sono solo di facciata. A partire dal tanto sbandierato tasso di occupazione. Migliora, «ma senza scaldarsi troppo perché si è ancora ben lontani dai livelli di altri Paesi» spiega Andrea De Panizza, dirigente di ricerca del Rapporto Annuale 2024 appena presentato dall’Istat, e che fa luce sulla realtà occupazionale italiana.
Maglia nera per tasso di occupazione
I numeri non mentono. Tra il 2019 e il 2023 l’occupazione italiana è cresciuta, ma del 2,3%, e soprattutto tra gli over 50. In Francia l’aumento è stato del 6,6, in Spagna del 3,8%. Solo la Germania va peggio, con l’1,5. Il tasso di occupazione rimane comunque inferiore alle principali economie UE, soprattutto guardando alle fasce di età centrali. Tra i 25 e i 54 anni lavora oltre l’80% della popolazione tedesca e francese. Alla Spagna va il terzo posto, mentre l’Italia è fanalino di coda con una percentuale di poco superiore al 70.
Le retribuzioni ferme al palo
Parlano da soli anche i dati sui salari. Tra il 2013 e il 2023 le retribuzioni sono aumentate complessivamente di circa il 16%, la metà della media UE27 che segna invece il +30,8%. In Germania la salita è stata del 35%. Nel solo 2023, la crescita degli stipendi italiani ha registrato appena il 2,5% in più, contro il 4,4 di Francia, il 5,3 della Spagna e il 6,1 della Germania. Da noi gli occupati troppo spesso sono «in condizioni di vulnerabilità economica» si legge nel rapporto. Colpa anche della «contenuta intensità lavorativa e della ridotta durata dei contratti, con tipologie meno tutelate e lavori atipici che coinvolgono quote ancora elevate di donne, giovani e stranieri».
Il part time involontario
Il part time in Italia non è quasi mai una scelta. Il 57,9% di chi lavora in questa modalità è costretto. Francia e Germania si collocano su valori nettamente inferiori: 25% nel primo caso, 6% nel secondo. Lavorare mezza giornata «non è necessariamente un male, ma dipende dalla volontà che c’è dietro» commenta De Panizza. Sono soprattutto le donne a essere inquadrate così. E non a caso il loro tasso di occupazione è fermo al 52%.
Il ritardo nella partecipazione
Anche il tasso di inattività, cioè chi non ha un impiego ma neppure lo cerca, è di gran lunga superiore alla media dell’UE27. La nostra percentuale è del 33%, contro il 25 del resto d’Europa. Nel confronto internazionale «il mercato del lavoro italiano presenta ancora un notevole ritardo in termini di partecipazione». E le donne sono sempre le più penalizzate, perché l’inattività è sbilanciata su di loro per circa 13 punti percentuali.
©
📸Credits: Canva