Italiani popolo di risparmiatori. Secondo i dati Fabi, a fine settembre 2023 la liquidità ferma su conti correnti e depositi degli italiani ammontava a 1.572 miliardi di euro. Un terzo del totale della loro ricchezza finanziaria, pari 5.216 miliardi di euro. Ma tenere i soldi sul conto corrente mette al riparo da eventuali perdite?
La tassa occulta dell’inflazione
Il primo aspetto da tenere in conto è l’inflazione. Che non è sempre bassa, ma può arrivare anche a doppia cifra. In quel caso tenere i soldi nel conto è poco efficace perché un’inflazione al 7-8% rosicchia i risparmi anche se non investiti. Si tratta di denaro mangiato nel proprio valore: con un’inflazione all’8%, un conto corrente da 50mila euro in cinque anni diventa di 37.000 euro a livello di potere d’acquisto.
L’imposta di bollo
C’è anche un’imposta fissa da pagare sul conto corrente, ed è il bollo. Introdotta con il decreto Salva Italia del Governo Monti, si applica quando la giacenza media trimestrale è pari o superiore ai 5mila euro. Vale per conti correnti bancari, postali e libretti di risparmio. Gli importi sono:
- 34,20 euro annui per le persone fisiche
- 100 euro annui per le persone giuridiche
Il fallimento bancario
Non è una ipotesi remota che si verifichi un crac bancario, come successo nel 2016 con il caso di Veneto Banca e Pop Vicenza. Undici miliardi furono le perdite per azionisti e obbligazionisti. Ma anche i conti delle persone fisiche e delle piccole e medie imprese possono volatilizzarsi. In Italia c’è il Fondo interbancario di tutela dei depositi, che garantisce i rimborsi. Ma le coperture sono fino a 100mila euro per ciascun risparmiatore e 200mila per i conti cointestati.
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