La medicina digitale sarà la nuova frontiera delle cure sanitarie. L’erogazione a distanza di servizi, esami e visite sfruttando la tecnologia delle telecomunicazioni si è progressivamente evoluta nell’ultimo decennio fino a diventare parte dell’infrastruttura sanitaria mondiale. Il primo tentativo fu nel 1906. Lo scienziato olandese Willem Einthoven, già padre dell’elettrocardiogramma, provò a trasmettere i battiti del cuore attraverso il telefono. La promessa odierna è invece di portare l’assistenza sanitaria direttamente nelle case dei pazienti, o perlomeno il più vicino possibile. Una scommessa su cui punta anche il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR). I vantaggi si concentrano tutti sull’accessibilità, perché i pazienti non avranno più la necessità di più spostarsi da un posto all’altro. In più, c’è il risparmio economico garantito dall’abbattimento delle spese per gli spostamenti. Grazie alle piattaforme digitali messe a disposizione, i pazienti utilizzano servizi sanitari online e i professionisti del settore medico sono in grado di automatizzare compiti di routine.
Ecco dove la telemedicina c’è già
In alcuni casi le cure da remoto sono già una realtà: il quartiere Navile di Bologna ne è un esempio. Qui c’è la prima Casa della Comunità d’Italia con la telemedicina. Al suo interno è stato inaugurato il Centro di Assistenza e Urgenza (CAU): 7 giorni su 7 e 24 ore su 24, due medici di famiglia, due infermieri e un operatore sociosanitario a turno assistono, senza bisogno di prenotazione, pazienti con problemi urgenti ma non gravi. Sono i famosi codici bianchi e verdi, ovvero il 70% dei casi che si presentano nei Pronto soccorso.
Intanto, le piattaforme di telemedicina internazionali attirano investimenti. Tra le aziende più importanti che operano nel settore troviamo Doximity, con sede a San Francisco e una capitalizzazione di 6,78 miliardi di dollari. C’è poi LifeStance Health Group, che vale ben 2,36 miliardi di dollari. Infine, Teladoc Health, con un market cap di 1,27 miliardi di dollari. Tra le europee domina, ma su tutt’altra scala, la britannica Babylon Holdings, che capitalizza 14,09 milioni di dollari.
Le misure nel PNRR
La telemedicina sarà anche uno dei bracci operativi su cui poggerà il nuovo Sistema sanitario nazionale. Prestazioni sanitarie 5.0 in cui, grazie all’utilizzo delle nuove tecnologie, il professionista della salute e il paziente, pur non trovandosi nello stesso luogo, potranno incontrarsi per l’assistenza e le visite di controllo. Allo stesso modo si potranno monitorare a distanza parametri vitali, far dialogare sanitari per consulti su particolari casi clinici, inviare diagnosi e referti.
Le modalità di telemedicina inserite nel PNRR per assicurare un’attivazione uniforme in tutta Italia sono la televisita, il teleconsulto, la teleconsulenza medico-sanitaria, la teleassistenza e il telemonitoraggio. Soluzioni digitali che ridurranno i tempi di attesa per le visite e ottimizzeranno le risorse professionali e strumentali disponibili. Queste novità trovano posto a cavallo tra la due componenti della Missione Salute, la 6 del Piano, poggiando in particolare sulla due, dedicata a Innovazione, ricerca e digitalizzazione del Servizio sanitario nazionale. Le risorse in ambito Salute sono pari a 15,63 miliardi, l’8,16% del totale dei fondi, da impiegare entro la scadenza di giugno 2026. Per implementare la telemedicina occorreranno infrastrutture tecnologiche e una riorganizzazione dei servizi. Due le piattaforme da realizzare: la prima sarà quella Nazionale per la governance. La seconda sarà invece la Piattaforma Nazionale di Telemedicina, per l’erogazione dei servizi.
I pazienti della telemedicina
Il PNRR individua almeno 300mila pazienti da assistere in telemedicina entro la fine del 2025. Ma l’attuazione dell’investimento dovrà avvenire nel rispetto di un altro target. Ci dovrà essere infatti almeno un progetto per Regione e Provincia autonoma per utilizzare queste tecnologie come strumenti di supporto nella gestione dei pazienti. Nello specifico, ogni ente dovrà compilare un Piano operativo contenente il fabbisogno per i servizi di telemedicina. Lombardia e Puglia sono state indicate per ora come regioni capofila. Il compito in sostanza è la realizzazione di una mappatura della popolazione residente, che contenga i dati sanitari e in particolare quelli relativi alle patologie croniche.
Il fascicolo elettronico
Altro capitolo sarà quello del fascicolo sanitario elettronico, investimento per cui il PNRR ha stanziato 1,67 miliardi di euro. Tutti i dati sanitari dei pazienti relativi alle prestazioni del Servizio sanitario nazionale saranno contenute in un unico documento digitale, cui avranno accesso sia i pazienti sia i medici, con il consenso dei primi. Dunque niente più cartelline contenenti referti da portare con sé alle visite mediche, ma per avere il quadro della situazione basta un clic sul computer o un tocco sul cellulare. Dentro il fascicolo sanitario si trova tutta la storia clinica del paziente, una traccia che può aiutare ATS e ASST a effettuare analisi di dati clinici e migliorare la prestazione. Il progetto si aggiunge ad altre iniziative già avviate. Tra queste la Tessera sanitaria elettronica e quella dell’infrastruttura per l’interoperabilità e la gestione del FSE.
La raccolta dei dati
Alla base del fascicolo sanitario ci sarà il Nuovo Sistema Informativo Sanitario (NSIS), infrastruttura con cui il Ministero monitora i LEA (Livelli Essenziali di Assistenza). Attraverso il lavoro dei medici generici verrà uniformata la raccolta dei dati e le cartelle cliniche verranno aggiornate continuamente. Si aprirà così la strada a una analisi avanzata per studiare fenomeni sanitari e rilevare malattie emergenti. L’articolo 11 del lecreto legge 34 del 2020 ha previsto che a decorrere dalla data di pubblicazione del decreto, il 19 maggio 2020, il caricamento dei dati avvenga in maniera automatica, con conseguente eliminazione del consenso all’alimentazione previsto dalla normativa precedente. Per i dati e i documenti sanitari generati da eventi clinici antecedenti al 19 maggio 2020 esisteva la possibilità di opporsi. Ma la scadenza era fissata per lo scorso 30 giugno 2024.
Cosa cambia
In generale, il Servizio Sanitario Nazionale non sarà più lo stesso. A lasciare il segno, introducendo modifiche sostanziali, saranno le riforme messe in capo grazie al Piano di Ripresa e Resilienza. “Prossimità, innovazione e uguaglianza”: queste le parole chiave della Missione 6, come spiega il sito dedicato. La principale area di intervento sarà la riorganizzazione dell’assistenza. L’idea di fondo è quella di potenziare il lato domiciliare, con la presa in carico di almeno il 10% della popolazione over 65 affetta da malattie croniche o non autosufficiente, stando al disegno globale. E in questo senso il Decreto ministeriale 23 maggio 2022 numero 77, vale a dire il Regolamento recante la definizione di modelli e standard per lo sviluppo dell’assistenza territoriale nel Servizio sanitario nazionale, delinea un nuovo modello.
Gli ospedali di comunità
Un miliardo di euro andrà infatti agli investimenti in assistenza sanitaria intermedia e alle strutture, ovvero gli ospedali di comunità dedicati a pazienti con patologie lievi o recidive croniche. Strutture per cittadini che abbiano bisogno di interventi a bassa intensità e di breve durata. L’obiettivo: rendere la sanità il più possibile personalizzata e studiata sulla base delle esigenze del paziente e delle loro famiglie. Le strutture da creare dovranno essere almeno 307 secondo i target, obiettivi quantitativi da raggiungere tramite una riforma o investimento calcolando i risultati attraverso indicatori misurabili.
Gli obiettivi raggiunti
Quelli per il 2023 sono stati tutti raggiunti, ha fatto sapere Alessio Nardini, Direttore Generale Unità di missione per l’attuazione degli interventi del PNRR del ministero della Salute. Al 20 giugno 2024 risultavano poi avviati i lavori per ulteriori 136 Ospedali di comunità, mentre sono cinque quelli che al momento hanno già ricevuto il collaudo. Quanto agli ospedali tradizionali già esistenti, invece, andranno resi più sicuri con l’introduzione di sistemi antisismici. Saranno 84 i nosocomi coinvolti, individuati nel 2020 da una ricognizione condotta dal Ministero della Salute. A questi andranno 889 milioni da suddividere sia in termini di riqualificazione sia nel rinnovamento e ammodernamento dell’assetto fisico e tecnologico del patrimonio immobiliare.
Le case di comunità
Insieme agli ospedali, ci saranno anche le Case di comunità. L’ambito a cui afferiscono è sempre quello della Componente 1 della Missione 6, quella destinata alle Reti di prossimità, strutture e telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale. La previsione è di attivarne 1038, per rafforzare l’assistenza domiciliare e integrare i servizi socio-sanitari. I miliardi messi a disposizione in questo caso sono due, e anche per queste strutture i target 2023 sono stati raggiunti, con 16 Case di comunità al momento già collaudate. L’assistenza sanitaria di prossimità cambierà la presa in carico dei cittadini. Si agirà sulla comunità nel suo complesso, «promuovendo una medicina di iniziativa che permetta sul lungo periodo di fornire risposte assistenziali anche ai bisogni sanitari e socio-sanitari inespressi» fa sapere Nardini. «Ciò è ancora più vero quando si fa riferimento a condizioni di cronicità o multi-cronicità, eventi maggiormente presenti sul territorio nazionale, soprattutto a seguito del progressivo invecchiamento della popolazione, ormai in corso da diversi decenni».
Le centrali operative territoriali
E a loro volta demandate alla gestione della criticità saranno anche le Centrali operative territoriali, centri previsti ancora dal PNRR con un ruolo di raccordo tra i vari servizi. Il numero ipotizzato è di 480 su tutto il territorio nazionale. Avranno funzioni interdipendenti, dal coordinamento della presa in carico a quello degli interventi da erogare, al tracciamento e al monitoraggio delle transizioni da un luogo di cura all’altro o da un livello clinico assistenziale all’altro. Infine, coordineranno tutti gli attori del sistema, sia personale di distretto sia ospedaliero, gestendoli con la rete di emergenza/urgenza, per far fronte a tutte le esigenze dell’assistito.
L’auspicio
Al termine di questi interventi, il quadro auspicato sarà quello di un Servizio Sanitario Nazionale adeguato a un contesto epidemiologico e demografico ormai mutato. Ma per ottenerlo, bisogna garantire uguaglianza nel soddisfacimento dei bisogni di salute, per una popolazione in età sempre più avanzata. Gli ospedali non basteranno più, i territori dovranno munirsi di una rete di assistenza primaria e capillare in grado di rispondere al fabbisogno di salute lasciato scoperto da buchi di organico e carenze ospedaliere. Una rete che non potrà che beneficiare delle nuove applicazioni che la telemedicina continua a portare nel settore.
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📸 Credits: Canva
Articolo tratto dal numero del 1° settembre 2024 de il Bollettino. Abbonati!